Quarta traccia dell’album dall’omonimo debutto di John Prine (1971), Sam Stone parla di un veterano di guerra (ovviamente della guerra del Vietnam, anche se non è menzionata esplicitamente), che, tornato a casa, combatte i propri demoni con la droga e muore di overdose. Una storia tristissima e un destino che, ai tempi, aveva accumunato tanti reduci, incapaci di superare gli orrori di quell’assurdo conflitto. In tal senso, l’incipit della canzone, racchiude in poche righe il dramma del soldato Sam Stone e di molti suoi commilitoni:
“Sam Stone è tornato a casa dalla moglie e dalla famiglia
Dopo aver prestato servizio nel conflitto all'estero.
E il tempo in cui ha prestato servizio,
Gli aveva scosso tutti i nervi
E gli ha lasciato una piccola scheggia nelle ginocchia.
Ma la morfina ha alleviato il dolore
E l'erba gli cresceva attorno al cervello
E gli ha dato tutta la fiducia che gli mancava”
La droga è l’unica medicina contro gli incubi, l’unico lenimento a ferite che non potranno più rimarginarsi, ma ti costringe a vivere “con un cuore viola e una scimmia sulla schiena”.
Sam fa fatica ad abituarsi alla vecchia vita, cerca un lavoro, ma i soldi dello stipendio non bastano a foraggiare la sua dipendenza:
“Il benvenuto a casa di Sam Stone
Non è durato troppo a lungo.
Andò a lavorare quando ebbe speso i suoi ultimi centesimi
E Sammy cominciò a rubare
Quando ha avuto quella sensazione di vuoto
Per un'abitudine da cento dollari senza straordinari.”
Completamente in balia della sua dipendenza, Sam si ritrova a rubare, e non può farne a meno, perché l’eroina “è l'oro (che) gli scorreva nelle vene come mille treni ferroviari, e tranquillizzava la sua mente nelle ore che sceglieva”.
Il dolore, però, non cessa, gli incubi tornano ogni notte, il lordume del male e della ferocia insozzano le sue ore, giorno dopo giorno, e la quantità di droga aumenta, sempre più, fino a quando giunge, quasi anelato, l’esiziale abbraccio della morte:
“Sam Stone era solo
quando ha fatto scoppiare il suo ultimo palloncino.
Arrampicarsi sulle pareti stando seduti su una sedia.
Bene, ha giocato la sua ultima richiesta
mentre la stanza puzzava proprio di morte
con un'overdose che aleggia nell'aria.
Ma la vita aveva perso il suo divertimento
Non c'era niente da fare.”
Il climax di questo dolorosa vicenda risiede tutto nel ritornello, che John Prine aveva pensato prima di tutto, prima di ricamarci intorno un’intera canzone. All’improvviso, vicino a Sam si materializza una figura, che è quella di sua figlia, e la decisione di lasciarsi morire diventa così ancora più drammatica, perché il reduce ha una piccola da accudire, una bambina dalla quale ricevere amore, una speranza da cullare. Una bambina che capisce, che sente il dolore, consapevole come, a volte, solo i bambini riescono a essere:
“C'è un buco nel braccio di papà, dove finiscono tutti i soldi
Gesù Cristo è morto per niente, suppongo”
Nelle intenzioni di John Prine, questa canzone doveva essere diversa da tutte le altre che parlavano della guerra in Vietnam. Serviva una nuova prospettiva, che non fosse esclusivamente politica e di protesta, che non fosse quella di un inno da cantare durante un corteo. Prine voleva parlare dei soldati, ma voleva, soprattutto, focalizzare la dimensione privata e intima di una tragedia collettiva.
Lo stesso songwriter lo spiegò chiaramente durante un’intervista alla rivista Uncut: “Tutti i miei amici sono tornati a casa e mi hanno cambiato. Non erano più gli stessi. Stavo cercando di spiegarmelo, ed è così che ho scritto Sam Stone. Non ero un manifestante o qualcosa del genere. Stavo cercando di capire perché questa folle guerra stava accadendo e cosa stava passando la gente laggiù. Eravamo cresciuti con John Wayne e la Seconda Guerra Mondiale, ma questo era l'opposto di quello."