Cerca

logo
RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
08/02/2021
Santana
Sacred Fire Live In South America
“Ogni volta, prima di salire sul palco, metto su Sacred Fire. E alla mia band dico che questa è l’energia che voglio”. Parola di Prince…

Carlos ricevette il beneplacito alla sua musica dal padre dopo tanto tempo, durante un concerto nel 1993, a Tijuana.

 “Sai figlio mio, ho sentito parecchie volte le tue canzoni alla radio, ti ho visto suonare, e c’è in te qualcosa di molto riconoscibile…Quando ascolto il verso Non ho nessuno da cui dipendere…quello è Santana”.

Persa l’esuberanza di fine anni sessanta e i fasti dei settanta, i susseguenti ottanta erano stati un disastro commerciale per i Santana, nonostante qualche piacevole guizzo.

E invece quando sembrava il momento giusto per seppellirli definitivamente, ecco il loro ispirato ritorno.

Anche papà Josè, noto violinista mariachi, rimase colpito dall’incredibile energia trasmessa sul palco e le sue parole riportate sopra tratte dall’intrigante biografia Suono Universale, La Mia Vita di Carlos Santana, Mondadori, consacrarono per la prima volta l’attività del figlio proprio dopo uno degli shows che furono registrati per pubblicare Sacred Fire.

Tanti critici e appassionati riguardo alla rinascita puntano a Supernatural, ma, in realtà, la differenza la fece questo album dal vivo che diede una continuità al germoglio Milagro (1992) e gettò le basi per il ritorno in auge del latin rock, pronto ad esplodere definitivamente con il nuovo millennio…

E veniamo così a parlare di questa indimenticabile performance che, prendendo spunto dal titolo, permarrà nel tempo come un fuoco sacro e inestinguibile.

Angel All Around Us dà subito la carica con il discorso introduttivo da predicatore dell’emozionato ed emozionante Carlos, leader del complesso che porta il suo stesso cognome. Poi si parte alla grande grazie alla fresca “antiwarsong” Vive la Vida (Life Is For Living), scritta da Pat Sefolosha, membro fondatore dei sudafricani Malopoets.  L’allegria dell’incipit raggiunge l’apoteosi con l’entrata in scena della vera regina dell’esibizione, la chitarra. Calda, fluida, oltre a donare libidine porta in un attimo al reggae di Esperando. Altro gran pezzo, le ritmiche sono ben collaudate e il pubblico è già in visibilio, si sente tutto l’entusiasmo della gente del Messico e del Sudamerica, luoghi in cui è stata registrata e filmata questa opera.

A seguire una serie di hits mozzafiato da No One To Depend On al blues di Black Magic Woman/Gipsy Queen fino alle sempreverdi  Samba Pa Ti (irrobustita da citazioni di El Manisero, Forest Flower-Sunset, Brazil e Breezin’) e Oye Como Va. Le ultime tre canzoni arrivano da uno dei loro lavori più famosi, quell’Abraxas uscito nel 1970 che cambiò letteralmente  la vita a tutti i membri della band, diventata improvvisamente famosa e di caratura internazionale.

Solamente Carlos è presente tuttora guardando la line-up di quel tempo. Adesso c’è il fidato Chester Thompson alle tastiere che fa volare queste versioni di classici insieme all' impressionante impronta percussiva data dagli instancabili Walfredo Reyes, Raul Rekow e Karl Perazzo. L’elegante Jorge Santana alla seconda chitarra garantisce preziosa assistenza al fratello e si abbandona a veloci assolo in alcuni frangenti. Il ritrovato Alex Ligertwood è ben amalgamato con Vorriece Cooper. I due furoreggiano come vocalists in un altro pezzo presente all’interno di Milagro, la romantica Make Somebody Happy, tenera e coinvolgente.

Il finale lascia attoniti per vivacità. Il buon Myron Dove è sempre più dannatamente cattivo al basso per la magica Toussaint L’Overture, la storica Soul Sacrifice e la poderosa immancabile Ji-Go-Lo-Ba.

Ma è ancora la magistrale fluente Paul Reed Smith di Carlos ad incantarci in una delle più belle versioni di Europa, forse il brano che ancora oggi incarna al meglio quella miscela di rock, blues, jazz, musica latina e africana che è diventato il trademark dei Santana.

Ciò che rende l’artista di origini messicane un Guitar God è quel sound corposo, ricco e allo stesso tempo semplice che si insinua nel ritmo e lo eleva. Questo pezzo ne è un chiaro esempio. Tutto sembra facile mentre sta suonando lui e quasi neanche ti accorgi che all’interno della melodia inserisce schegge di I Want You (resa celebre da Marvin Gaye), Kiss Of The Spider Woman (Wally Badarou) e Ponta De Areia (Milton Nascimento).

Le ultime note corrono via lasciando ancora voglia di musica…quando si provano queste sensazioni vuol dire che i musicisti hanno fatto centro, dato tutto per rendere spettacolare la propria arte ed è proprio quello che capita in questo disco. Sfogliando le note di copertina si trova anche la dedica a Cesar Chavez, sindacalista e attivista statunitense celebre per le sue lotte in favore dei braccianti agricoli di origine ispanica, deceduto in quel periodo. Ciliegina sulla torta per un gruppo che, assecondando il suo capo carismatico, si è sempre schierato a favore degli ultimi, con svariati progetti umanitari.


TAGS: alessandrovailati | loudd | SacredFire | Santana