Ci sono film in cui la musica è fondamentale.
E non si parla di quei film in cui è la colonna sonora, enfatica, emozionante, a fare la differenza rispetto magari ad un racconto già di per sé avvolgente.
Si parla di quei film in cui la vera protagonista è la musica stessa, la sua nascita, la sua composizione.
Il suo potere salvifico. Perché una buona canzone, sì, la vita la può salvare.
Sam, prima, era un uomo d'affari piuttosto cinico, decisamente ricco, padre di un figlio che vediamo comporre e registrare, vediamo dargli buca ad un appuntamento per festeggiare un accordo concluso al meglio.
Poi non lo vediamo più, perché quel figlio muore, subito, lasciandoci carichi di domande, in una sparatoria universitaria.
Ed è qui che il mondo di Sam crolla, che l'alcool lo anestetizza agli attacchi giornalistici che vogliono una sua intervista, che il cibo confezionato gli fa compagnia, lui che si sentiva estraneo anche nella casa in cui il suo figlio era cresciuto, con quella madre che è la sua ex moglie che si rifà una vita.
Una vita se la rifà pure lui, cadendo in basso, vivendo in una barca, vivendo come imbianchino, continuando a bere, a fregarsene degli altri e delle regole del lago per famiglie su cui è accampato, probabilmente tormentandosi, per non poter più parlare, conoscere, quel figlio.
Tutto cambia, il suo mondo cambia, quando quelle canzoni composte e strimpellate da Joshua non gli vengono consegnate: e c'è del talento, ci sono brividi che partono fin dalle prime note.
Ed eccola la decisione che dà una svolta, che lo spinge a cambiare, ad aprirsi: far conoscere quelle canzoni, anche se vuol dire suonarle semplicemente in una serata a microfono aperto nel bar del paese dove si esibiscono buffi cantanti improvvisati, band alla ricerca di fama.
Non sarà un successo, ma sarà la svolta anche per un'altra persona, il giovane Quentin che da chitarrista in erba, capisce la profondità di semplici note e tra le titubanze, le diffidenze e le ritrosie, i due iniziano a comporre, formano una band, usano le canzoni di Joshua e loro stesse composizioni, con un sound, un'orecchiabilità, che conquista man mano tutti.
È la svolta, è la vita che cambia.
Anche se c'è sempre un passato con cui si deve fare i conti.
Una canzone può quindi davvero salvare la vita, può cambiarla in meglio come in peggio, e può rendere un film da semplicemente emozionante, a coinvolgente, avvolgente, unico.
Rudderless lo è, senza ombra di dubbio, e il merito va sì ad una trama che nella sua linearità, nella sua fluidità, ti assesta un pugno allo stomaco che anche se in minima parte prevedibile, fa ugualmente male, ma va soprattutto a quelle canzoni che lo sostengono, lo puntellano.
Simon Steadman le scrive quasi tutte, a cantarle è un Billy Crudup grandissimo, davanti e intorno a quel microfono, che con i suoi modi rudi, spigolosi, conquista anche l'ingenuo e timido Anton Yelchin, che fa rimpiangere quella sua bella voce.
La colonna sonora non è la sola nota alta del film, se si pensa che Rudderless è un esordio alla regia, e che alla regia c'è un certo William H. Macy conosciuto per il ruolo dello scarafaggio Frank Gallagher nella serie Shameless. Macy si dimostra sapiente, a fotografare e registrare, a rendere cool le esibizioni della band senza timone, a costruire personaggi -anche quelli secondari- a tutto tondo, regalando ad amici e amori le varie parti, oltre che a riservarsene una per sé. Troviamo infatti la moglie Felicity Huffman, il saggio Laurence Fishburne, l'arrabbiata Selena Gomez, la folle Kate Micucci.
Componendo il suo film come una canzone in cui ogni nota, ogni armonia e ogni accordo si posiziona al posto giusto, Rudderless risuona come uno di quei film che si fanno amare e si fanno strada nel proprio cuore, lacerandolo, riempiendolo di speranza, di una musica meravigliosa che in un finale perfetto fa scendere le lacrime più vere.