Siamo in Australia, nello stato del Queensland, più precisamente nella città di Brisane lungo la costa orientale.
Ciò che è giunto da quei territori è assolutamente da sottolineare: perché il disco dei Kerbside Collection non deve essere scambiato per il classico strumentale dal sapore funk e cinematografico. C’è moltissimo di più e basta un ascolto per capirlo.
Siamo di fronte a degli strumentali in cui spicca la sezione ritmica old style, dove si percepisce il suono sordo dei fusti della batteria degli anni Sessanta e primi Settanta, il basso fender che urla sul manico quando lo suoni troppo forte, la chitarra che spazia tra territori cinematografici di fuzz lontani, reverberi, ma anche toni pulitissimi ed asciutti per temi solistici di gusto notevole. L’Hammond e il piano elettrico Rhodes arricchiscono l’armonia da sotto per lasciare spazio sicuro alla sezione fiati, ben arrangiata.
C’è qualcosa di più del semplice disco da ascoltare volentieri o dell’album “del mestiere”. Una ricerca nella scrittura che va di pari passo a quella sonora, cosa che porta in un attimo questo Round The Corner a confrontarsi con precedenti ben affermati. Se si parte da lontano si pensa ai The Meters, si pensa a Sly & the Family Stone per certi aspetti, come a Booker T. per altri; Tom Scott e gli L.A Express emergono per dei richiami polizieschi alla Starsky & Hutch.
Eppure, ciò che si sente di più è davvero il livello della scrittura, che è d’avanguardia, una felice fusione di mani che suonano e teste che arrangiano con gusto facile e azzeccato. Ed è qua che si pensa a Michael Kiwanuka e al suo ultimo capolavoro, agli Ephemerals ed al loro meraviglioso ultimo album. Per certi versi a Morricone, per altri a Kendrick Lamar, pur non avendo niente di quest’ultimo nel proprio identikit. Si arriva addirittura a toccare territori di composizione jazzistica con una maestria tale che ci si trova di punto in bianco in un altro disco. Un jazz d’avanguardia, con momenti tematici degni di John Barry, il tutto con l’aiuto di un cambio radicale di strumentazione, che rende la metamorfosi ancora più evidente.
Alla resa dei conti con Round The Corner si parla di emozioni e di giochi di equilibri, gestiti niente di meno che da una band strumentale. Una mancanza di parole che viene compensata dalla profondità e dall’universalità del messaggio sonoro. Promozione assoluta. Non ha senso neanche parlare di una traccia migliore: sceglietene una e premete play. Un paradiso felice verso cui non si può che consigliare un viaggio.