Di tutto il roster di Bomba Dischi Mèsa è senza dubbio quella più legata ad una visione “tradizionale” (aggettivo che non vuol dire nulla ma è per capirci, spero che mi perdonerete) della musica: molto più legata ai nomi storici del cantautorato italiano e alla ruvidezza del rock anni ’90, piuttosto che all’It Pop “inventato” dal suo compagno di etichetta Calcutta. In bilico tra Lucio Dalla e i Nirvana, con un disco d’esordio (Touché, 2018) che ha stimolato istintivi ma alquanto fuorvianti paragoni con Levante, l’artista romana ha sempre rappresentato un esempio del fatto che, se proprio lo si desidera, si possono anche seguire strade diverse rispetto a ciò che detta il mercato.
Romantica è arrivato dopo un lungo percorso di avvicinamento, partito proprio con la title track, uscita a febbraio come singolo, e proseguito poi a marzo con “Animale” e a giugno con “Stomaco”. Sono brani che, soprattutto i primi due, avevamo già apprezzato e metabolizzato a dovere; adesso ne mancavano cinque e sinceramente non riesco ad abbandonare l’idea che questa eccessiva frammentazione nelle scalette, questo far uscire i dischi a singhiozzo centellinandone i brani, stia facendo davvero male ai dischi, ai musicisti, e agli ascoltatori. Ancora peggio quando, come in questo caso, l’insieme dura solo 24 minuti, un tempo che nell’epoca d’oro del cd (ma anche del vinile) gli sarebbe valso senza troppi problemi un declassamento ad Ep.
L’ho già scritto tante volte ma tanto non mi legge nessuno, dubito che qualcuno si stia annoiando: non occorre certo fare come Kanye West ma una buona via di mezzo penso che non guasterebbe, per lo meno ogni tanto.
E nel caso di Mèsa è ancora di più un peccato perché il disco è veramente bello. C’è una nuova direzione, che i singoli avevano anticipato e che tira dritto verso un certo Pop da cameretta, con echi Dream in stile Alvvays (il gruppo canadese è stato per Federica un riferimento cercato e voluto) ma con una forza nei ritornelli che non sfigurerebbe in produzioni dallo stile più Mainstream.
Tastiere, chitarre, batterie e sequenze sono amalgamate insieme a costruire un suono plastico e avvolgente, un equilibrio sottile tra il minimalismo notturno di certe soluzioni e l’urgenza di costruire melodie da poter cantare a squarciagola.
Un lavoro che è anche più meditato e consapevole del precedente Touché, che a detta della stessa autrice rifletteva la spontaneità e il sano menefreghismo di chi, al traguardo del primo disco, non si fa troppi problemi su cosa mettere e cosa lasciar fuori, e dà libero sfogo alle proprie urgenze espressive.
La produzione e il lavoro sugli arrangiamenti di Giuseppe Bartolini (in sintonia con la stessa Mèsa, che aveva sviluppato in solitaria le prime soluzioni) e il sempre fondamentale contributo di quel grande professionista che è Andrea Suriani, hanno valorizzato canzoni che sono dei piccoli gioielli Pop, perfetti dal punto di vista formale, irresistibili sul piano melodico. Se già le cose che conoscevamo funzionavano bene, adesso si aggiungono altri episodi memorabili, a completare un lavoro che, nella sua estrema brevità, ha se non altro il vantaggio di non avere punti deboli: “Un posto” e “Luccica” ci donano altri meravigliosi ritornelli da cantare, “In greco antico” è ammantata di disincantata nostalgia, “Irene” è di un’eleganza assoluta ed è forse il brano che più fotografa il livello a cui questa artista è arrivata ora. E poi “800 km”, che chiude ricoprendo il tutto di gentilezza acustica, echi di bossa nova e lo spettro di Mac De Marco ad aleggiare nell’aria.
Di notevole spessore anche i testi: Federica non è mai stata banale in questo campo, ha un talento non comune nel creare immagini e metafore, per cui anche in un disco come questo, che ruota tutto attorno all’amore, spesso raccontato dal punto di vista di una storia finita, sempre comunque con uno sguardo sereno e positivo sulla realtà, mai di disperazione, non si scade mai nella banalità dei cliché o in quei giochi di parole cazzari che sono senza dubbio la parte peggiore dell’It Pop.
Guardandola da questo lato, Mèsa è una cantautrice e Romantica segna proprio il tentativo, indubbiamente riuscito, consapevole o meno che sia, di riaggiornarlo secondo i canoni della contemporaneità. Speriamo solo che ne se ne accorgano in tanti.