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REVIEWSLE RECENSIONI
28/06/2019
Warrior Soul
Rock 'n' Roll Disease
Un suono, quello del gruppo capitanato da Clarke, che si muove sul sottile confine che separa l’hard rock più cazzuto dal metal, il tutto dispensato con una scellerata attitudine punk. Se cercate fantasia e originalità, però, passate a un’altra recensione, perché i Warrior Soul non fanno per voi

Sono quasi vent’anni che i Warrior Soul continuano a randellare senza pietà, guadagnandosi a ogni nuova uscita il titolo di band più rumorosa dell’anno. Capitanati dall’inossidabile Korey Clarke, uno per cui la vita si basa sui due massimi sistemi dell’universo maschile (figa e alcol), il combo di Detroit non molla il colpo e non smette di dispensare tonnellate di kilowatt capaci di offendere le orecchie anche dei rockettari più incalliti.

Un suono, quello del gruppo capitanato da Clarke, che si muove sul sottile confine che separa l’hard rock più cazzuto dal metal, il tutto dispensato con una scellerata attitudine punk. Se cercate fantasia e originalità, passate a un’altra recensione, perché i Warrior Soul non fanno per voi. Qui conta sono mulinare la durlindana senza fare sconti a nessuno. D’altra parte, basterebbe dare una rapida occhiata alle copertine di questo Rock’n’Roll Disease e del precedente Back On The Lash (2017) per capire di chi stiamo parlando: un dito medio e una pinta di birra raccontano meglio di qualsiasi parola quali sono i contenuti della musica dei Warrior Soul. Una band di cazzoni, a cui non frega una beata mazza di comporre canzoni memorabili, ma che se c’è da ubriacarsi e far casino sono i primi della fila.

Quindi, se il vostro mood esistenziale è in linea con questi concetti basilari e rozzi, Rock ’n’ Roll Disease è il disco che fa per voi. Abbiate cura, ovviamente, di alzare il volume dello stereo a palla e di non avere problemi di cervicale, perché qui l’headbagging compulsivo potrebbe farvi finire su un letto d’ospedale.

Solo otto canzoni per trentadue minuti di musica che suona come una fucilata a bruciapelo, una martellata sugli incisivi o una roncolata sul tendine d’Achille (scegliete voi il paragone più calzante). Se cercate della melodia, vi conviene scappare a gambe levate: qui l’unico “me lo dia” è quello che dite al negoziante di fiducia al momento dell’acquisto del cd. Il brano più orecchiabile del disco, infatti, è Going Mental, una tirata che potrebbe ricordare degli Ac/Dc innervositi da problemi di digestione. E ho detto tutto.

Le restanti sette canzoni schizzano velocissime, tra riff martellanti e assoli al fulmicotone, abrase dal timbro selvaggio di Korey Clarke, incrocio hardcore tra Lemmy e Brian Johnson, uno che ogni volta che apre bocca regala alla Treccani una nuova definizione di catrame.

Insomma, il contenuto artistico di Rock ‘n’ Roll Disease è quello di un panino con la salamella alla festa della birra in culo a qualche valle bergamasca. Ma se vi piacciono i sapori forti e la musica tutta decibel, sangue e sudore, non lasciatevelo scappare. Con buona pace della vostra cervicale.


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