Longevi come pochi al mondo, gli Scorpions continuano a essere una delle realtà più credibili nell’odierno panorama hard rock. Nonostante si sia formata nel lontano 1965, la band teutonica non ha mai smesso di rilasciare album con puntigliosa regolarità. Non sempre all’altezza della propria fama, ma è inevitabile quando si sta sulla cresta dell’onda da più di mezzo secolo, il gruppo capitanato da Rudolf Shenker e Klaus Meine è rimasto coerente a se stesso e indifferente alle mode, replicando una formula inossidabile, costituita da riff scattanti e melodie di facile presa.
Rock Believer riporta il loro sound alle radici, ai giorni della gloria e del successo planetario di album come Animal Magnetism e Blackout, e se il loro ultimo disco, Return To Forever del 2015, palesava solidità ma anche una certa mancanza d’ispirazione, questo nuovo lavoro, al contrario, è vibrante e divertentissimo. Insomma, la band è tornata ed è tornata nella sua migliore versione, grazia al consueto interplay fra le chitarre di Rudolf Schenker e Matthias Jabs, vera e propria macchina da guerra, e alla voce scintillante di Kluas Meine, a cui l’età non ha tolto un grammo della potenza di un tempo.
Nel complesso Rock Believer è un disco accattivante e fresco, privo di filler e coeso intorno a un suono che è ormai marchio di fabbrica. A partire dalla title-track, una sorta di signature song e nostalgico inno per tutti gli amanti del rock, semplice, orecchiabile e quasi ingenua nei concetti che veicola: "Nessuno può portare via i nostri sogni", canta Meine, come a dire che ciò che sei come musicista e soprattutto come persona, non può essere cancellato dai giorni tristi e colmi d’angoscia che stiamo vivendo. Il rock vive ed è qui per restare, basta crederci. E’ proprio il rock, energico e muscolare, ad aprire la scaletta con "Gas In The Tank", e che ci sia ancora benzina nel serbatoio è subito evidente, grazie a un riff spaccaossa che rinverdisce al meglio gli antichi fasti. E via, piede schiacciato sull’acceleratore, con "Roots In My Boots", possente ed orecchiabile, e “Knock ‘Em Dead”, sorniona al punto al giusto, riuscito esempio di come si possa fare rock di qualità appetibile anche per le radio.
Non c’è un momento di stanca in tutto il disco, anche quando la band tesse trame classiche e dal retrogusto vintage, come avviene nella melodia cristallina di "Shining of Your Soul" e nel tiro in odor di epica di "Hot and Cold". E c’è anche un ballatone finale ("When You Know"), che riesce là, dove spesso gli Scorpions avevano sbagliato approccio, per eccesso di zuccheri: asciutta, coinvolgente, virilmente malinconica.
Insomma, un disco centrato, che può tranquillamente stare sullo stesso piano dei grandi classici della band tedesca, a dimostrazione che, nonostante la lunga militanza, gli Scorpions sono nuovamente in grado di regalare genuine soddisfazioni a tutti coloro che danno ancora un senso alla parola “rock”. Sarebbe bello riuscire a vederli suonare ancora dal vivo, ma in questi tempi incerti, oltre la speranza non è possibile andare.