Glass è un esploratore e un cacciatore di pellicce che nel 1822 prende parte a una spedizione lungo il fiume Missouri e i suoi affluenti: all'epoca quel territorio era di fatto, selvaggio e minaccioso come solo la Frontiera sa essere. L'ultimo avamposto americano, uno sperduto forte dell'esercito, è lontano una settimana di cammino: il resto è territorio di caccia di Sioux tutt'altro che in buoni rapporti con l'uomo bianco.
E qui che Glass, separatosi dal gruppo per trovare provviste, viene assalito da un orso. Vedendo in che condizioni l'ha ridotto l'animale, i compagni si convincono che gli resta poco da vivere: il grosso della spedizione procede nel suo viaggio, lasciando il trapper con due uomini, John Fitzgerald e Jim Bridger, incaricati di vegliare le sue ultime ore. Ma il destino sembra avere un conto in sospeso con il trapper: al terzo giorno di agonia, i tre uomini avvistano un gruppo di guerrieri indiani. Fitzgerald e Bridger, presi dal panico, abbandonano Glass, rubandogli le armi e il coltello. Sembrerebbe la fine di Hugh Glass e invece è solo l'inizio.
È a questo punto, infatti, che Glass diventa il protagonista di un'incredibile odissea che possiede la grandiosità della leggenda e la fondatezza della cronaca storica. Intraprende un viaggio di tremila miglia, attraverso le condizioni più estreme, sopravvivendo ai pericoli e alle minacce della natura e degli uomini, mosso unicamente dalla più incrollabile delle volontà: quella di un uomo che cerca la sua vendetta.
La storia, anzi, la storia leggendaria, del trapper americano Hugh Glass, personaggio storico venerato in patria come un eroe, è di quelle che si mollano solo dietro tortura. Siamo di fronte, infatti, al classico romanzo con cui si ritorna ragazzini, quando sognavamo con gli occhi aperti le incredibili avventure narrate da quei mitici libri di formazione che ci hanno fatto diventare grandi. Tanto che, dopo poche pagine, qualcuno tornerà con la mente alla propria adolescenza e ai palpiti vissuti leggendo capolavori come L'ultimo Dei Mohicani di James Fenimore Cooper e Passaggio A Nord Ovest di Kenneth Roberts. Insomma, in Revenant l'avventura è di casa e Punke (fortunatamente) non ci risparmia alcunchè: indiani (di quelli che fanno paura), trappers vestiti di pelle di cervo e col classico copricapo di marmotta (quello di David Crockett e del Comandante Mark, per intenderci), lupi, bisonti e orsi Grizzly, pirati e battaglie navali, fucili e coltellacci in abbondanza, disertori e marinai d'acqua dolce, praterie sconfinate e avamposti sperduti, fiumi, rapide, montagne e tutto il corollario per viaggi estremi.
Certo, Punke, che ha il merito di aver fatto un'accuratissima ricerca storica (vi consiglio di leggere anche la postfazione) non è quello che definisce un grande romanziere: la prosa è un po’ troppo rigida e seriosa (forse ha maneggiato troppi manuali di storia) e l'approfondimento psicologico dei personaggi è pressoché inesistente. Ma la vera storia di Hugh Glass è talmente emozionante e i colpi di scena tanto frequenti, da far passare in secondo piano tutto il resto.
Da questo libro, è stato tratto il film omonimo diretto da Alejandro Gonzales Inarritu, con protagonisti Leonardo Di Caprio e Tom Hardy, vincitore di tre premi Oscar.