Psichedelia, retro soul, funk, pop sperimentale, elettronica vintage e d’avanguardia, sconfinamenti in reggae e hip hop caratterizzano la bellezza di Revelations, riuscitissimo secondo lavoro dell’ensemble tedesco Angels of Libra, e l’opener "The Only Thing Left" chiarisce subito l’approccio intrapreso, con vocoder, effetti, sintetizzatori alla Air e la linea melodica rafforzata da un basso pulsante e una chitarra “western” a tratteggiare scenari al confine con la fantascienza.
Il gruppo di Amburgo, costruito intorno alle menti di Dennis Rux, Chris Haertel, David Nesselhauf, Lucas Kochbeck e Friedrich Paravicini fa poi di nuovo squadra con il cantante irlandese Nathan Johnston nel singolo "Revelations". Un gradito ritorno, dopo aver assunto il ruolo di cantante nell’album di debutto degli Angels, intitolato perlappunto Nathan Johnston & The Angels Of Libra e pubblicato nel 2022.
Un brano struggente e malinconico, rappresentativo del sound e degli umori della band e non a caso scelto come title track, sia per creare tramite Johnston un collegamento al lavoro precedente, sia al fine di aprire nuove strade con quell’incedere soul psichedelico e il testo visionario, nato con l’intento di sensibilizzare sui cambiamenti climatici e le questioni sociali. Le “Rivelazioni” assumono giocoforza un connotato politico: spesso sembra che i poteri costituiti stiano trascurando tali problemi, mentre i ricchi diventano più ricchi e la classe media viene spazzata, serve perciò una nuova consapevolezza, un “Nuovo Umanesimo”, che stavolta arrivi dal basso a scacciare tutte queste ingiustizie e riporti nel pianeta un’educazione civica, il culto del rispetto e della solidarietà.
Melodica e reminiscente del “suono di Bristol”, "Revelations" si erge a vetta del disco per poi lasciare spazio alle atmosfere rarefatte di "House of Zeus", un viaggio fantasioso verso universi sonori oltre l’orizzonte dell’immaginazione. L’incrocio tra motivi semi o interamente strumentali e quelli con un vocalist ben definito contraddistinguono l’urgenza di trovare un linguaggio che possa coniugare al meglio i sentimenti del gruppo e la R&B ballad "Gabriel" rappresenta lo spiraglio di luce dopo un tunnel misterioso, oscuro; si avvale del canto di Milo Milone alias di Melissa Milone, frontwoman degli anch’essi teutonici Rhonda, fautori di un indie neo soul che ha fatto breccia pure nel cuore di Paul Weller, di cui sono stati opening act nel 2014 durante le sue date in Germania.
"Ho passato un po' di tempo ultimamente con i dischi che mi salvano dal perdere me stesso, in quanto ho completamente smarrito la mia strada, e il fatto che alcune perdite ci rendano più gentili è l'unico lato positivo da cui posso partire”, è un testo che ha molto a che fare con l’insicurezza, ma vi è la speranza di trovare un modo per accettare la fragilità di ogni scelta effettuata durante il percorso di vita, poiché può risultare difficile decidere quale opzione sia quella giusta. A volte si ha bisogno di una guida e, anche in campo artistico, la musica può rivelarsi una via. E dopo "Gabriel", impreziosita da sax e tromba di Mark Norton e Jan Schepmann è il turno del nome di un altro arcangelo, "Raphael", e di un languido strumentale etereo (oscillante tra i primi Pink Floyd, alcuni esperimenti iniziali dei Tangerine Dream e le invenzioni sonore di Morricone), che sembra volersi staccare dalle ansie terrene per volare alto nei cieli e planare su territori sconosciuti, come il successivo "Ganimed", altro pezzo di ampio respiro evocante trascendenza e cinematografia di fantascienza, perfetta soundtrack per uno sbarco sulla Luna.
Revelations è un’opera speciale, dalle armonie limpide e pure che attraversano una moltitudine di generi, strizzano l’occhio all’R&B e soul anni ’70 per poi tramutarsi in suoni spaziali, misteriosi, in contrasto fra un’atmosfera rétro e spettri di modernità. Risulta perciò consigliatissimo l’ascolto in cuffia, al fine di adorarne ogni singolo secondo, godendo degli incroci tra sonorità vintage e altre più o meno campionate, udire il distendersi delle tastiere accanto al pizzicato degli archi e carpire i segreti e le meraviglie degli arrangiamenti lussureggianti, degli strumenti impiegati. È uno scrigno ricco di bellezza, e custodisce pure le radici e le influenze da cui arriva un apice del disco come "In & Out", traccia numero sette, con la sensuale Jean Cortis alla voce: echeggiano Marvin Gaye, Curtis Mayfield e si giunge fino ad Al Green, con la Love Unlimited Orchestra sullo sfondo.
"Kung Fu Noir" si distingue per l’andamento ipnotico orientaleggiante, per lo stile vicino a due “professori” dello space age pop, i mitici Ferrante & Teicher; urge sottolineare la maestria con cui si destreggia nel mood creato il chitarrista Rux, storico produttore degli Yeah Yeah Yeah Studios di Amburgo, accanito collezionista di attrezzature da registrazione d’altri tempi (tutto ancora assolutamente perfetto per incidere, si va dagli amplificatori a introvabili microfoni ed equalizzatori vintage!) e pedina fondamentale degli Angels of Libra insieme al bassista Nesselhauf e al tastierista Haertel. "Where Did It All Go", cantata incantevolmente da Saskia Schoen, in arte Jepka, delicata vocalist e songwriter del duo Siren and Whistles, potrebbe invece dimostrarsi ideale colonna sonora della blaxploitation, con Isaac Hayes e i Temptations nel mirino, tra torbide eruzioni di wah wah, un flauto (Mark Norton) da urlo e “mosaici” hip hop a contornare un finale che rimembra l’atterraggio di una navicella in orbita fino a poco prima.
Conclude il lavoro l’ammaliante "Ayahuasca", in cui è incluso un parlato simile a vecchie pubblicità radiofoniche o alla lettura della cronaca di un telegiornale e, a tratti, nel suo incedere magnetico rimanda ai Portishead, ai Morcheeba di "Big Calm".
Sarà interessante vedere gli sviluppi di questo progetto affascinante, sempre cangiante, alla frenetica ricerca di un equilibrio tra le adorate tecnologie del passato e quelle di un futuro incombente, con il riuscito tentativo di fare un salto indietro nell’epoca di Donny Hathaway, Harold Melvin & The Blue Notes e Bill Withers, solo per citarne alcuni, e sorvolare l’onda trip-hop degli anni Novanta mantenendo comunque ben saldo il timone sul presente. Analogico -soprattutto- e digitale, retro soul con finestra sul neo, antichità e modernità funk convivono in un ensemble che, e questa è la cosa più importante, crea momenti dell’anima paradisiaci e malinconici per l’eternità, risveglia dal letargo musicale chiunque voglia andare oltre la piattezza e superficialità a cui le radio e i canali mainstream ci hanno (pur)troppo abituato.
La Musica bella esiste sempre, non vive in determinate coordinate spazio-temporali, tuttavia paradossalmente mai più di ora che si può avere tutto con un click bisogna cercarla con passione e saggezza. Gli Angels of Libra ne sono un buon esempio, consigliatissimi agli amanti del genere, ma anche a chi è curioso e vuole ricevere sorprese al di fuori dei suoi soliti canoni e aprirsi, per giocare con il titolo, alle “Rivelazioni” dei ragazzi di Amburgo.