Nati nel 1997, gli svedesi Siena Root hanno debuttato però nel 2004, e dopo svariati cambi di line up, oggi hanno trovato, forse, la loro dimensione definitiva in un quartetto composto da Zubaida Solid (voce, organo), Sam Riffer (basso, voce), Johan Borgstrom (chitarra, voce) e Love Forseberg (batteria, voce).
Due decenni movimentati, in cui la band ha dato vita a un percorso immersivo nella musica degli anni ’70, periodo glorioso che hanno fatto rivivere declinandone il suono da diverse angolazioni. Revelation non fa eccezione a questa ricerca filologica e sonora mai uguale a se stessa, proponendo una miscela perfettamente equilibrata di hard rock, riff psichedelici, musica folk acustica e ritmi ipnotizzanti, avvolti in un’atmosfera analogica che richiama il suoni migliori di quel leggendario periodo d’oro. Un lavoro coeso, ma anche incredibilmente versatile, che non dà punti di riferimento, ma si sviluppa in modo da creare un continuo effetto sorpresa nell’ascoltatore.
L’organo che apre "Coincidence & Fate" introduce al mondo retrò della band, in cui brume psichedeliche avvolgono un riff hard rock, che invece di mostrare i muscoli, trasuda sensualità grazie alla voce evocativa della Solid e a incisivi e aciduli assoli dal sapore blues. "Professional Procrastinator" possiede un tiro più aggressivo e sfodera un galoppante groove che richiama alla mente gli Uriah Heep. Ancora più ruvida la successiva "No Peace", un hard rock blues che si addentra in paesaggi psichedelici trainato da una vigorosa linea di basso e dalla voce potente della Solid, una vocalist che a tratti somiglia nel timbro alla grande Grace Slick.
Se "Fighting Gravity" gioca nuovamente la carta del groove, alternando rallentamenti e improvvise accelerazioni in uno stordente saliscendi emotivo, "Dusty Roads" apre la seconda parte del disco introducendo elementi folk e strumenti acustici, che evocano a tratti i Jethro Tull, band che diventa il riferimento principale della suggestiva "Dalecarlia Stroll", uno strumentale in cui un flauto svolazzante fa da contrappunto a una rigorosa linea di basso. "Leaving The City" è insaporita dalle spezie orientali di un sitar, evidente omaggio a Ravi Shankar, mentre "Little Burden" è una splendida ballata acustica che trasuda psichedelia.
Il disco si chiude con i due brani più lunghi del lotto: lo strumentale "Madukhauns", una sorta di viaggio spirituale attraverso le terre d’India, e "Keeper of the Flame", il miglior brano in scaletta, un blues che parte morbido e avvolgente e che, poi, sferzato dal suono della chitarra, si abbandona a un convulso e sferragliante finale, che vede nuovamente la splendida voce della Solid assoluta protagonista.
Revelation è un triplo salto mortale a ritroso nel tempo, un trip perfetto per chiunque desideri ardentemente riassaporare le atmosfere tratteggiate da quel movimento Flower Power che, tra la fine degli anni '60 e l’inizio dei '70, voleva cambiare il mondo, diffondendo musica, pace e amore. I Siena Root, quell’epopea, la sanno riscrivere con intensità e passione, spaziando con grande consapevolezza tra psichedelia, folk, blues e hard rock, rendendo così la proposta quanto mai varia e originale. Se è vero che ormai spuntano come funghi band che omaggiano queste sonorità vintage, è altrettanto vero che saperlo fare senza mostrare la corda di una frusta operazione di copia incolla, non è da tutti. In tal senso, la band svedese è tra quelle che meglio riescono a cavalcare l’onda della nostalgia, sapendo però togliere la polvere dai gioielli sonori di un’epoca gloriosa, ma che appartiene ormai alla preistoria.
Chapeau!