Ren Harvieu ha impiegato “solo” otto anni per pubblicare il seguito dell’acclamato Through The Night, esordio del 2012 uscito via Island Records. Un tempo lunghissimo per il music business, uno iato così consistente che quasi ci eravamo dimenticati dell’esistenza della cantante e songwriter britannica.
Una lunga pausa meditativa, iniziata dopo l’uscita del suo esordio, nonostante il disco fosse arrivato nella Top 5 delle charts inglesi, avesse partecipato a Sound Of 2012 della BBC e avesse ricevuto recensioni a cinque stelle.Anni bui e tormentati, in cui la Harvieu ha dovuto superare la separazione dal suo compagno, dal suo manager e dalla sua amata Salford, la cittadina in cui è nata e cresciuta, e ha dovuto fare i conti con la rescissione del contratto con la Island, che evidentemente, nonostante i buoni risultati, non ha creduto nel talento della giovane artista; la quale, piove sempre sul bagnato, ha anche subito un grave incidente alla spina dorsale, che ha minato ulteriormente la propria stabilità emotiva.
Ren, però, non si è data per vinta, ha creduto nelle proprie capacità e ha aspettato, fino a quando nel 2015 ha incontrato Romeo Stodart, frontman dei Magic Numbers, che le aveva scritto dopo aver visto una sua esibizione dal vivo, per proporle una collaborazione. Da questo momento è iniziato un pigmalione artistico che ha portato al concepimento e alla realizzazione di questo bellissimo sophomore (l’album è stato coprodotto dallo stesso Stodart e da Dave Izumi Lynch, proprietario dello studio Echo Zoo di Eastbourne, dove hanno avuto luogo le registrazioni).
Revel In The Drama (titolo che evoca la forza d’animo della ragazza, capace di superare momenti davvero drammatici) è, dunque, una ripartenza, o meglio, un nuovo inizio, l’abbrivio per dimostrare al mondo che un talento cristallino resta tale nonostante tutte le difficoltà che incontra per esprimersi. In due anni, con calma e certosina attenzione, la Harvieu e Stodard hanno scritto le dodici canzoni che compongono la scaletta, plasmando le tante idee coltivate nel tempo attraverso sonorità pop retrò ricche di citazioni, che vanno dal suono anni ’80 (Kate Bush, Sade, The Smiths) fino ad artisti del calibro Phil Spector, Dusty Springfield, Shirley Bassey, Duffy, Angel Olsen, Sarah Blasko, Nicole Atkins e Lana Del Rey.
Dodici canzoni che sfiorano appena il rock e che possiedono un’anima decisamente pop, ma tutt’altro che banale e prevedibile; dodici canzoni in bilico tra melò e stravaganza, rivestite di arrangiamenti avventurosi, avvincenti, rigogliosi e opulenti, ma mai ridondanti, sovraccarichi o eccessivi; dodici canzoni che mettono sul piatto sentimenti e sensazioni contrastanti, tra esplosioni di cangiante allegrezza e sprofondi di inesorabile malinconia. Il tutto declinato da una voce ricca di sfumature, che sa essere alternativamente potente, innocente, sensuale, e che è capace di sfiorare l’anima come una carezza o sorprendere con sfumature quasi operistiche.
Aprono il disco gli echi sixties di Strange Thing, leggera, spensierata e ballabile, e la melodia sfavillante di Teenage Mascara, con quella lap steel in sottofondo che evoca il fantasma di Roy Orbison. Due brani che, pur nella loro veste cangiante, suonano immediati e carezzevoli, il momento più leggero dell’intero album. La successiva This Is How You Make Me Feel introduce, invece, a morbide atmosfere jazzy, un brano elegantissimo che chiama in causa Sade e il suo raffinato smooth jazz.
Il tempo per le svenevoli delicatezze blues, avvolte in uno splendido arrangiamento di fiati, di Curves And Swerves, e il disco ha una vera e propria impennata, sia dal punto di vista del pathos che del songwriting. Non che quello che abbiamo ascoltato fino ad ora non sia ottimo, ma da questo momento in poi il livello qualitativo si alza considerevolmente, tanto che sembra di stare su un altro pianeta.
Il deliquio gotico di Cruel Disguise è da capogiro: il graffio delle chitarre che aprono il brano, evapora in un refrain per pianoforte e voce capace di indurre alla malinconia anche un quadrello di acciaio inossidabile. E siamo solo all’inizio di un filotto di canzoni memorabili: le sistole cardiache e la sensualità sussurrata a fil d’orecchio di Yes Please (“Possiamo provare tutte le tue confessioni più oscure, ma devi metterti in ginocchio... Sei sicuro di voler giocare col fuoco?”), le ombre al crepuscolo di Spirit Me Away, ballata per pianoforte, avvolta da archi e tastiere, l’alternarsi tensione/languore dell’ondivaga This Is Our Love, due torch song come You don’t Know Me e la conclusiva My Body She Is Live, che tolgono il fiato per la perfezione melodica, e gli echi smithsiani di Tomorrow’s Girl Today (ascoltate in cuffia il pattern di chitarra, la progressione melodica del brano e il cantato melodrammatico della Harvieu nel convulso finale) sono numeri da autentica fuoriclasse.
Revel In The Drama è un disco che spiazza per la sua complessità, per il dedalo di rimandi, per la sua lussureggiante mise en place e per il susseguirsi di emozioni che suscita. Un disco da ascoltare più e più volte, per cogliere tutte quelle sfumature che potrebbero sfuggire, qualora ci si ponesse di fronte a questa meraviglia senza la giusta attenzione. La speranza, ovviamente, è quella di non dover aspettare altri otto anni per vedere Ren Harvieu di nuovo all’opera. Nel frattempo, innamoratevi: questo è uno degli album più intensi e appaganti del primo scorcio del 2020.