Se esistesse un’incarnazione dell’Australia costiera contemporanea, avrebbe il suono e l’immagine degli Skegss: tre ragazzotti di Byron Bay (una cittadina del Nuovo Galles del Sud affacciata sull’Oceano Pacifico) che suonano surf punk e garage rock come se fossero sempre sulla spiaggia davanti agli amici, con un paio di birre a fianco e i capelli irrigiditi dal sale marino. Spensierati, ottimisti e al tempo stesso pieni di quella saggezza zen maturata dalla riflessiva osservazione delle piccole vicende del quotidiano.
Gli Skegss nascono nel 2014 dall’amicizia tra Jonny Lani (batteria) e Ben Reed (voce e chitarra), a cui si aggiunge Toby Cregan (basso) e, per il primo anno, Noa Deane (chitarra), che ha deciso di lasciare la band nel 2015 per concentrarsi sulla sua carriera da surfista. Il gruppo ha così proseguito come trio, pubblicando prima tre EP (50 Push Ups for a Dollar nel 2015, Everyone Is Good at Something nel 2016 e Holiday Food nel 2017) e nel 2018 il loro primo album, My Own Mess, che ha raggiunto il secondo posto nella classifica australiana.
Dopo una simile accoglienza nel continente australiano, l’offerta di un salto a livello internazionale con Loma Vista Recordings è venuta quasi da sé. Il gruppo si è così trovato ad un bivio: girare il mondo e fare della musica il lavoro primario o essere il progetto di tre amici che si dividono tra un altro lavoro e le serate al pub?
Alla faccia degli atteggiamenti da star, è indicativa la reazione avuta dal cantante, Ben Reed, che in più di un’intervista ha raccontato l’episodio: spaventato dall’idea di perdere il suo lavoro al birrificio, per calmare i nervi, un giorno si è messo a spiegare la sua situazione all’amico con più esperienza: il contadino Greg, che in quel momento veniva a prendere il malto di frumento per le sue mucche. Greg, con rassicurante saggezza, dall’alto della sua esperienza come cameramen per le riprese aeree di 60 Minutes, gli ha intimato di buttarsi, dicendogli che era la sua occasione: per lavorare al birrificio avrà sempre tempo, queste opportunità, invece, vanno colte al volo. Rincuorato dalle sue parole, Ben e i suoi amici hanno così accettato la nuova sfida, da cui sono nate le 13 tracce di Rehearsal.
Prodotto da Catherine Marks (Manchester Orchestra, PJ Harvey, The Killers) e registrato con alcuni strumenti vintage degli anni '70 e '80, Rehearsal riesce a catturare l’essenza della gioia di vivere e di uno stile di vita rilassato. Un suono ingannevolmente semplice e casual, che unisce pochi e onesti accordi, in bilico tra garage rock, surf, punk e un pizzico di folk, a un’attenzione non scontata alle belle melodie e alla struttura armonica delle canzoni. I testi, inoltre, non sono da meno, regalando riflessioni sulla vita, gli amici e gli amori: piccole pillole di vita quotidiana che trovano conforto nella loro stessa imperfezione.
Ogni canzone trasuda un’intimità sincera e onesta, come quelle delle dichiarazioni fatte ad un amico a tarda notte, guardando sereni le onde che si infrangono sul bagnasciuga, mentre si è illuminati solo dalla luna; non innamorarsi di almeno una traccia è davvero difficile. Da “Valhalla”, in cui si parte dalla riflessione che a volte nella nostra vita abbiamo momenti che sono piuttosto perfetti, perfetti come vorresti fosse il tuo paradiso: «Tutta la birra che puoi inalare, tutto il cibo che puoi consumare, tutti i miei amici al tavolo, tutto quello per cui morirei in una stanza», alla saggia tranquillità di “Curse My Happiness”, in cui brilla la dichiarazione: «Non sono perfetto, ma sono ancora felice. Non sono nervoso, ma tremo ancora. Te la meriti, tutta la felicità. Te lo leggo in faccia».
E se in “Under The Thunder” si parla delle montagne russe della vita, perché siccome nessuno può vivere per sempre, meglio approfittare di godersi tutte le stagioni che capitano, temporali compresi, con “Picturesque Moment” si rende omaggio alla vita stessa, invitando a cogliere tutta la bellezza del mondo finché siamo ancora in grado di farlo: «"Che giornata per essere vivi", mi disse. Alzò gli occhi al cielo e mi disse: “Un giorno i nostri occhi si chiuderanno per sempre, prenderemo a calci le margherite da terra. Quindi per ora, mentre i nostri occhi sono aperti, godiamoci questo momento pittoresco”».
Traccia dopo traccia, Rehearsal non fa che aprire un varco nel cuore di chi ascolta. Già con la sola melodia, l’influsso benefico è pari a diversi milligrammi di serenità endovena, ma se a questo si aggiunge la consapevolezza del messaggio presente nei testi, l’effetto non può che moltiplicarsi esponenzialmente, rendendo così questo album una piccola coperta di Linus: un rifugio sicuro da cui ricordare in quale direzione orientare la bussola della nostra esistenza e con quale atteggiamento vivere ogni istante.
«Facciamo finta di aver già fatto tutto questo. Tanta natura selvaggia da esplorare. La tua immaginazione è lo svago migliore. Rimuovi la maschera che indossi e supera la tua paura, tagliala con il tuo sorriso e mostra al mondo come sei veramente. Siamo reali. Non hai una seconda possibilità. Non c'è tempo per provare. Devi solo ballare». (“Down To Ride”)
Forse, solo così «possiamo rendere la nostra vita quello che è quando invecchiamo» (“Lucky”) e far sì che sia il ricordo di un viaggio bellissimo.