Regina Blues racconta delle conseguenze di una catastrofe naturale sulla vita di una comunità legata a filo doppio alla sua città, Regina, che cerca di risollevarsi grazie a chi non l’abbandona, e che diviene metafora della rinascita di ogni persona che ha perso un pezzo di sé in quel maledetto giorno. Ciò che fa del romanzo un’opera intensa e commovente è la divisione della storia in due parti: Antonello Loreto mostra prima la gioia incontenibile dei numerosi protagonisti colti in un momento importante per la loro comunità, il torneo di calcio delle scuole superiori, e poi si concentra sullo spaventoso evento accaduto durante la finale di partita, e quindi sulle reazioni e le elaborazioni del lutto degli stessi personaggi nel corso degli anni.
A rendere ancora più drammatica la svolta presa dalla storia è la giovane età dei protagonisti, ragazzi nel fiore dell’esistenza, fiduciosi verso una vita che li tradirà senza preavviso. La scelta di mostrare i giovani alle prese con i tipici problemi dell’adolescenza, preoccupati solo del ruolo che avranno nella partita, sottolinea con ancora più forza il ribaltamento delle priorità che avverrà di lì a poco: i ragazzi dovranno crescere in fretta e capire che la vita non sempre mantiene ciò che promette, e che spesso si deve perdere, e non solo in un gioco ma anche nella realtà.
Regina blues può considerarsi una struggente storia d’amore, nonostante tratti della drammaticità di una catastrofe naturale. Una storia d’amore declinata nelle vicende di vita di ventidue personaggi che sono intimamente legati gli uni agli altri e anche alla loro sfortunata città, madre simbolica che accoglie in sé il dolore di ognuno. C’è una frase del romanzo che recita: “Non c’è cosa più triste che pensare a una persona e abbracciare l’aria”, ed è proprio ciò che succede ai protagonisti, dover scavare nella terra in cerca dei propri cari e accorgersi che non c’è più traccia di loro, e nell’età adulta ritrovarli ancora nei loro sogni e nelle loro memorie, tentando disperatamente e inutilmente di toccarli. Il blues del titolo canta lo sconforto di chi rimane e il dolore del ricordo, ma proprio nella musica si ha il senso di riscatto che permea la narrazione, quel nome del pub “The Queen is (not) dead”, eco di una canzone degli Smiths, che invita a ricominciare partendo dalla propria città ferita, perché Regina non è caduta, e la vita può ancora riservare una felicità troppo a lungo dimenticata.