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Rayuela. Il gioco del mondo
Julio Cortázar
1963  (Einaudi (2015))
LIBRI E ALTRE STORIE
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13/07/2020
Julio Cortázar
Rayuela. Il gioco del mondo
La strada “dell’antiromanzo” consente di avvicinarsi maggiormente a quello che è stato il flusso dei pensieri di Cortázar durante la stesura (durata 4 anni), così da riuscire a cogliere il più possibile le intenzioni poste alla base di questo capolavoro, per poterlo apprezzare e onorare nel modo giusto, proprio come avrebbe voluto Julio.

Rayuela non è un libro “facile”. Per capirlo fino in fondo, bisogna immergersi totalmente, senza avere fretta di arrivare alla meta. È necessario fermarsi, riflettere, rileggere e lasciar decantare i pensieri, come si fa con un buon vino.

Più volte, durante la lettura, si potrebbe provare un senso di smarrimento, ma poi, all’improvviso, ecco una scintilla, un’intuizione e ci si ritrova nuovamente dentro la storia, con il filo del racconto ben saldo tra le dita e i pensieri nuovamente in riga, consapevoli che quel caos nella narrazione era solo un gioco, Il gioco del mondo di Cortázar.

Quello che lui stesso ha definito come un “antiromanzo”, vale a dire il suo tentativo – riuscitissimo – di rompere gli schemi del romanzo convenzionale, per dar vita a un qualcosa di nuovo e inedito.

In una lettera inviata a Jean Barnabé nel 1958, scriveva: “Un racconto è una struttura, ma ora ho bisogno di destrutturarmi per cercare di raggiungere, non so come, un’altra struttura più reale e più veritiera; un racconto è un sistema chiuso e perfetto, un serpente che si morde la coda; e io voglio farla finita con i sistemi di precisione per riuscire ad addentrarmi nel laboratorio centrale e lavorare, se ne ho la forza, sulla radice che prescinde da ogni ordine e sistema… rinuncio a un mondo estetico per tentare di penetrare un mondo poetico.”

Rayuela, quello che è considerato il capolavoro dello scrittore argentino (naturalizzato francese) verrà pubblicato per la prima volta nel 1963 (in Italia, nel 1969).

Un libro dai contorni volutamente indefiniti, in cui è chiaro il richiamo a quelle che sono le “due vite” dell’autore, quella vissuta a Buenos Aires e quella vissuta a Parigi, sua città d’adozione, dove si trasferì nel 1951 per questioni di carattere politico, legate alla sua avversità a Perón.

Rayuela non è un libro, è più libri insieme, perché si compone di moltissime pagine che hanno senso anche da sole, anzi, forse, soprattutto da sole, in quanto non sono legate (necessariamente) ai due momenti del racconto. Sono parentesi filosofiche, psicologiche o citazioni che come gemme preziose e colorate, vanno a incastonarsi nel romanzo. Anzi, nei romanzi: quello “convenzionale”, che va dal primo al 56esimo capitolo e “l’antiromanzo” che porterà il lettore a saltellare avanti e indietro tra tutti i 155 capitoli, seguendo quella che è la tavola d’orientamento suggerita dall’autore. La verità, però, è che Rayuela, seguendo il proprio istinto, può essere letto in infiniti modi e tutte le volte regalerà nuove suggestioni.

Ecco perché, in un certo senso, anche il lettore diventa protagonista del gioco, perché sta solo a lui decidere in quale modo entrare nel “buco nero di un gigantesco imbuto”, per farlo suo o perlomeno provarci.

La strada “dell’antiromanzo” consente di avvicinarsi maggiormente a quello che è stato il flusso dei pensieri di Cortázar durante la stesura (durata 4 anni), così da riuscire a cogliere il più possibile le intenzioni poste alla base di questo capolavoro, per poterlo apprezzare e onorare nel modo giusto, proprio come avrebbe voluto Julio.

Bisogna interiorizzare il suo caos e lanciarsi senza rete di protezione nell’acrobazia dei salti temporali di una narrazione sovrapposta, simile a un labirinto, tra cambi di registro, storie e personaggi che si muovono in una Parigi che diventa Buenos Aires (e viceversa), sempre attenti a non perdere il segno, avvolti dal profumo di una tazza di mate e da una voluta di fumo delle immancabili Gauloise di Horacio Oliveira, il personaggio principale di questa storia.

Rayuela è fondamentalmente una storia d’amore e si divide in tre momenti diversi:

Dall’altra parte” narra la storia d’amore tra Oliveira, un argentino trasferitosi a Parigi e Lucia, soprannominata la “Maga”, una donna semplice e pratica, che a dispetto di una scarsa cultura, tiene banco con pensieri profondi e con la sua sete d’imparare, senza vergognarsi di quelli che sono i suoi limiti. Una storia d’amore sui generis che si snoda accanto a quello che è il rapporto di Oliveira con il suo gruppo di amici intellettuali. Oliveira ama la Maga e da qualche parte, dentro di sé, è spaventato da questo amore così forte e intenso, perché lei è fuori dagli schemi, è il suo opposto e l’ha “risvegliato” delle sue convinzioni, perlopiù teoriche, mostrandogli un punto d’osservazione diverso e concreto della realtà circostante e lui sembra non perdonarglielo, perché per “colpa sua” ha capito che “certe cose non si trovano nelle biblioteche”, ma nella vita vera.

Lui la ama - “camminavamo senza cercarci pur sapendo che camminavamo per incontrarci” e ancora “…io mi sentivo antagonicamente vicino alla Maga, ci amavamo in una dialettica di calamita e limaglia, di attacco e difesa, di pelota e di muro” - anche se è incapace di tenerla accanto a sé, perché Oliveira, per sua natura, fugge da tutto ciò che è gabbia e convenzione: “Oh amore mio, mi manchi, mi fai male nella pelle, nella gola, ogni volta che respiro è come se il vuoto mi entrasse nel petto dove tu non ci sei più.”

Da questa parte” narra il ritorno di Oliveira a Buenos Aires, dove incontra un suo vecchio amico, Traveler, felicemente sposato con Talita. Trascorre moltissimo tempo con loro, arrivando al punto di minare la stabilità della coppia, perché è su Talita che Oliveira finisce con il proiettare l’immagine della Maga. Traveler e Talita rappresentano tutto ciò che Oliveira non è stato in grado di costruire ed essere (come uomo) con la Maga. “Mi ha scelto per un rovo ardente ed ecco che mi sono rivelato un secchiello d’acqua fredda sulla nuca. Poverina, cazzo”. Si sente al contempo attratto e respinto dalla quotidianità dei suoi amici, da quella vita “di coppia” che ai suoi occhi appare come monotona e banale e da cui è sempre fuggito, che però, ora, riaccende la sua nostalgia per la Maga così come la sua paranoia al punto che, probabilmente, nel tentativo di trovare (o ritrovare) il suo posto nel mondo, finisce con il perdere ancora di più sé stesso.

Da altre parti” è l’insieme di quelle pagine svincolate dal contesto, a cui accennavo in precedenza. Intermezzi prescindibili se vogliamo, ma che in realtà, aprono parentesi verso un’infinità di pensieri che pur spezzando il filo del racconto, vi si riallacciano e ne estendono il senso; per non parlare del “gliglico”, il linguaggio geniale inventato da Cortázar. Il capitolo 68 è semplicemente stupefacente: “Appena lui le amalava il noema, a lei sopraggiungeva la clamise e cadevano in idromorrie, in selvaggi ambani, in sossali esasperanti…

Mescolate e rimescolate queste tre parti tra loro e Il gioco del mondo di Julio Cortázar è servito.

Rayuela è uno di quei libri che una volta riposti fanno sentire la loro mancanza e che prima o poi si ritorna a leggere in un modo diverso e con occhi nuovi. È uno scrigno magico, intriso di poesia e vita vera, in cui si può continuare a pescare all’infinito, perché è proprio questo il senso che trasmette, quello d’infinito. Di una storia che è tante storie, ed era così anche per lo stesso Julio: “Ho letto ormai centinaia di pagine su Rayuela, in tutte le lingue che riesco a capire, e la cosa sembra non finire mai, a ogni nuova traduzione piovono le interpretazioni e i parallelismi.

Note biografiche sull’autore: Julio Cortázar è nato a Bruxelles nel 1914. Figlio di un diplomatico argentino, ha vissuto a Buenos Aires fino al 1951 per poi trasferirsi a Parigi. Nel 1981 ha ottenuto la cittadinanza francese per naturalizzazione ed è morto nel 1984. È sepolto nel cimitero di Montparnasse. Poeta, scrittore, critico letterario, saggista e drammaturgo, ha all’attivo una produzione letteraria vastissima.

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