Per il precedente romanzo Libertà, Franzen aveva goduto anche della sponsorizzazione di un certo Barack Obama, un amante della letteratura americana che poche volte ha consigliato libri deludenti. Con il precedente Le correzioni aveva fatto gridare al miracolo, un libro che indagava nel profondo i turbamenti di una famiglia all'interno della quale entrava come una lama di coltello nel burro la malattia.
I presupporti per Purity erano quelli di una attesa spasmodica da parte di noi lettori accaniti dello scrittore dell'Illinois, per capire se poter godere ancora di quella scrittura che, mattone dopo mattone, costruisce uno spaccato minuzioso fatto di personaggi, ansie, famiglie ed una società in continua evoluzione senza saper bene verso quale rotta. Purity, nonostante Franzen avrebbe dunque potuto cadere nell'ansia da prestazione, viaggia ad un livello più alto dei suoi lavori predecenti. Non è facile da esprimere, ma seppur il romanzo sia monumentale con le sue 630 pagine, non c'è una riga che sia una che risulti superflua e ridondante, mentre qua e la, sia in Libertà che ne Le correzioni, avremmo limato con piacere.
Niente in Purity stona, e l'artifizio letterario usato è la scomposizione in capitoli che sono romanzi a sé, seppur legati in maniera imprescindibile al fil rouge dell'opera. Ciò rende però la lettura veloce e godibile, perché il talento di Franzen è talmente cristallino da far emergere il carattere dei personaggi riga dopo riga e presentando una costruzione del libro degna dei grandi romanzi storici, quasi un giallo.
La protagonista, Purity chiamata Pip, è la tipica neo laureata americana alle prese con un debito da studio a diversi zeri da rifondere alla banca, una famiglia a metà ed una infelicità di fondo dovuta all'ansia per il futuro. Nella periferia squatter di Oakland viene a contatto con persone che lavorano per il Sunlight Project, una specie di WikiLeaks che vuol essere però ancora più puro. Da lì si parte per il giro del mondo, che ci porterà in Bolivia, a Denver, a Berlino ed a Philadelphia. Il puzzle si ricomporrà magicamente nelle ultime pagine con un finale che solo i grandi scrittori possono proporre.
Gli argomenti trattati sono al contempo universali e contemporanei e per una volta oltrepassano i confini della società americana che Franzen sembrava essere una maestro a scomporre ed analizzare nelle viscere. Il titolo del romanzo infatti, Purezza, è anche la domanda sottesa che anima le pagine e l'intento dello scrittore: cosa vuol dire nella società moderna il sostantivo purezza? Al quesito Franzen sembra voler rispondere proponendo una dicotomia tra la purezza personale e quella universale. Si può dunque essere puri nell'intento di salvare il mondo (questo sembrerebbe il ruolo di Andreas Wolf, novello Julian Assange) pur nascondendo un passato violento. Oppure, si può fraintendere la purezza personale con l'immobilità del non-fare, bloccati nell'idea che per vivere nel presente bisogna accettare di bagnarsi nel compromesso e quindi ritirandosi da qualsiasi proposizione personale.
Questioni grandi, eppure in Purity vengono dati al lettore molti punti di vista in modo che sia lui a farsi una idea. Senza dimenticare l'amore, che all'inizio sembra essere una appendice inesistente e falsa delle nostre vite mentre dopo 630 pagine sembra uscire dal libro come l'unica purezza possibile.
Non so dopo questa opera cosa potrà proporci ancora Franzen. Semmai fosse un libro meno focalizzato di questo, ricordiamoci che basterebbe Purity a nobilitare una vita da scrittore. Non perdetevelo, è scrittura a livelli impensabili.