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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
20/01/2020
Les McCann
Pump It Up
Pump It Up è un disco di funk, che più funk non si può: basso, batteria, chitarra e organo Hammond B-3 a forgiare irresistibili groove insieme a un gruppo di musicisti da urlo.

Ottantaquattro anni, originario di Lexington (Kentucky), Les McCann ha alle spalle una storia importante in ambito black music. Pianista e cantante, ondivago fra jazz, soul e funky, Mc Cann ha iniziato a suonare con un suo trio nei primi anni ’60, firmando per la Pacific Jazz e pubblicando Les McCann Ltd. Plays The Truth (1960), il primo album di una discografia che tra dischi in studio e dal vivo vanta più di cinquanta titoli (il più celebre è Sweet Movement, live pubblicato nel 1969 con il sassofonista Eddie Harris e il trombettista Benny Bailey, che è valso al pianista una nomination ai Grammy Award e una hit, la celebre Compared To What, che vanta più di 270 reinterpretazioni).

L’importanza artistica di McCann, poi, è indiscutibile, sia per aver dato respiro alla contaminazione del jazz, genere spesso proposto in suggestiva alchimia con soul, funky e world music, sia per essere stato tra i primi a utilizzare nelle proprie composizioni ed esecuzioni il piano elettrico, il clavinet e i synth.

Pump It Up esce nel 2002 ed è primo disco di McCann dopo un periodo di inattività dovuto a un ictus che lo ha colpito a metà degli anni ’90. Un ritorno sulle scene che solo i grandi possono permettersi: un disco di funk, che più funk non si può, basso, batteria, chitarra e organo Hammond B-3 a forgiare irresistibili groove insieme a un gruppo di musicisti da urlo.

Basta leggere il seguente elenco per rendersi conto quale sia il livello tecnico che esalta le undici tracce in scaletta: Les McCann alla voce, Ricky Peterson all’Hammond, John Robinson alla batteria, Paul Jackson Jr. alla chitarra ritmica, Abraham Laboriel al basso. E ancora: Marcus Miller al basso, Maceo Parker e Bill Evans al sassofono, Billy Preston alle tastiere, Bonnie Raitt e Dianne Reeves alla voce, Paulinho da Costa alle percussioni, solo per citare alcuni degli ospiti più prestigiosi.

Batteria martellante, linee di basso potenti, tappeti d’organo, scintillanti assoli di sax e la voce di McCann, caldissima, in bilico fra canto e recitazione rap per undici canzoni, tutte bellissime e magistralmente eseguite.

Meritano una citazione a parte You Just Can’t Smile it Away, cover del successo di Billy Whiters, con un duetto da brivido tra McCann e la diva del jazz, Dianne Reeves, il tocco vellutato di Billy Preston in Tryin’ to Make it Real, e la voce bluesy di Bonnie Raitt a impreziosire The Truth.

In definitiva Pump It Up è un disco deliziosamente avvincente, che si ascolta e riascolta tutto d’un fiato. A tratti, e questa è l’unica pecca, la perfezione dell’esecuzione sembra avere la meglio sul cuore e sul pathos; ma il disco è suonato talmente bene, che si resta a bocca aperta dalla prima all’ultima traccia, dimenticandosi di tutto il resto.


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