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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
26/09/2017
Eleventh Dream Day
Prairie School Freakout
Echi di Television, Naked Prey, Dream Syndicate, Gun Club e le scabre tirate da garage band acida dei Sessanta innervano Prairie School, l’eccezionale esordio degli Eleventh Dream Day
di Vlad Tepes

Echi di Television, Naked Prey, Dream Syndicate, Gun Club e le scabre tirate da garage band acida dei Sessanta innervano Prairie School, l’eccezionale esordio degli Eleventh Dream Day (Rick Rizzo, chitarra; Baird Figi, chitarra; Douglas McCombs, basso; Janet Beveridge Bean, batteria), da Louisville, Kentucky, uno dei gruppi più sottovalutati e meno conosciuti dei Novanta.

I Television vengono alla mente per i fraseggi chitarristici, ma il tono prediletto è quello spontaneo dell'acid-rock-country tutto americano, robusto e sincero, ed acceso, a tratti, dalla voce della Bean (“Sweet smell”, “Among the pines”), purtroppo usata solo in funzione vicaria del pur altrettanto bravo Rick Rizzo (ma è la compositrice primaria di Prairie). Il fascino dell'opera consiste in quest'aria verace da loser modesti ed orgogliosi, disperati e felici al contempo: la grande patria americana entro cui si muovono li gratifica del mito della propria grandezza (di cui si sentono parte, per tradizione), ma essi ne presentono l'intima falsità, sperduti come migranti fra stazioni, illusioni perdute e drugstore solitari. L'estetica minimale e da lower class è cantata con discrezione e nostalgia (con l'eccezione della positiva “Beach Miner”), ma con la decisione che promana non tanto dagli interpreti, ma da un'intera tradizione musicale che li precede e risplende tra i loro accordi quasi naturalmente (verrebbe da dire, ad onta degli esecutori). “Coercion”,  “Among The Pines”, “Sweet Smell” tra le gemme, ma il capolavoro è “Tenth Leaving Train” (11'15''), dove alla consueta, sommessa forza melodica della prima parte, si aggiungono gl'intricati fraseggi alla Television della seconda.

Colpevolmente ignorati dalla critica, gli Eleventh, nonostante traversie e cambi di formazione, hanno tenuto duro sino ad oggi (l’ultimo Riot now è del 2011): da rivalutare, subito.