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REVIEWSLE RECENSIONI
12/03/2025
Majestica
Power Train
Nonostante il Power Metal risulti bollito da tempo, il nuovo Power Train dei Majestica è il disco più esaltante del genere da quasi vent'anni a questa parte.

La codificazione dei generi è una gran brutta bestia ma non è qualcosa da cui potremo pensare di salvarci. Prima o poi tutto ciò che è reiterato attraverso gli stessi codici diviene stantio, manierista e, in fin dei conti, inutile. È sempre anche un discorso di percezione, per carità, ma in un modo o nell’altro ci si casca sempre. Io per esempio ho avuto modo, per storia personale, di vivere in diretta quella famosa “seconda ondata” di Power Metal che è coincisa con l’esplosione di Blind Guardian e Gamma Ray, la rivalutazione in chiave (quasi) mainstream di band che negli anni Ottanta erano solo di nicchia (Grave Digger), nonché la nascita di nuove band che spopolarono quasi immediatamente a livelli decisamente impensabili alla vigilia (tra le più significative cito senza dubbio gli Hammerfall, gli Angra e i nostrani Rhapsody, ma anche gli Edguy del futuro Avantasia Tobias Sammet, che dopo un inizio zoppicante presero il largo con Vain Glory Opera).

Iniziò tutto più o meno nel 1995, e io che c’ero posso testimoniare che tempo tre anni e mi ero già stufato. Ok, è probabilmente un limite mio, perché comunque se si va a vedere cosa è uscito nel 1998 c’erano titoli che oggi te li sogni; eppure, se si guarda al fenomeno con onestà intellettuale, si dovrebbe riuscire ad ammettere che, stringi stringi, il Power Metal di matrice teutonica è sempre quella roba lì, per quanto possa essere alta la qualità dei singoli dischi.

Immaginate che senso potrebbe avere una band che suona questo genere nel 2025, quando, a detta di gran parte della stampa specializzata (io non sono più sul pezzo, ormai), lo stesso sarebbe immerso da tempo in una profonda crisi.

 

Eppure, Tommy Johansson è una vecchia volpe e faremmo bene a non snobbarlo troppo. Il ragazzo (si fa per dire, va per i 40, ormai) si era già fatto notare ai tempi dei ReinXeed, con cui ha registrato sei album tra 2008 e 2013, senza mai far gridare al miracolo ma, se non altro, riuscendo a emergere dal piattume mediocre che era ormai divenuto il genere.

Nel 2016 il progetto è stato congelato per via della sua entrata nei Sabaton, nel frattempo assurti a una dimensione mainstream assolutamente inconcepibile negli anni in cui muovevano i primi passi (ma questo, secondo il mio umile parere, deriva proprio dalla crisi di cui sopra; una band del genere, per quanto piacevole, se fosse uscita nel 1995 avrebbe al massimo pulito i cessi) e qualche anno fa la sua passione per il karaoke ha toccato anche il pubblico italiano, quando si è prodotto in surreali versioni di evergreeen come “Una canzone d’amore” e “Sarà perché ti amo” (lo aveva fatto anche dal vivo, durante un concerto milanese dei Sabaton; era stato un bel termometro della capacità dei metallari di prendersi o meno sul serio).

Al di là di queste note folkloristiche, Johansson è un musicista di assoluto livello, e quando è ritornato sulle scene coi Majestica (di fatto sono i ReinXeed con un nuovo nome, la line up è praticamente la stessa di prima) sapevamo che avremmo dovuto seguirne i passi con attenzione.

 

In effetti, sia Above the Sky sia il concept natalizio A Christmas Carol hanno rappresentato una bella iniezione di freschezza all’interno di una proposta ormai stantia, rendendo decisamente spasmodica l’attesa per un follow up. Attesa più lunga del previsto, dato che Power Train è uscito a più di quattro anni di distanza dal precedente, ma direi ampiamente ripagata.

Non stiamo parlando di un capolavoro, certo: questo tipo di sonorità hanno detto da tempo tutto quel che potevano dire, non hanno in sé grossi margini di contaminazione e arricchimento, e dopo l’uscita di dischi come Imaginations from the Other Side, Land of the Free, Glory to the Brave, Episode o Black in Mind (giusto per citare i più celebri e acclamati) tutto il resto si è mosso per forza di cose su un territorio di mera imitazione.

Anche così, però, l’imitazione si può fare bene o male, e i Majestica l’hanno sempre fatta benissimo. Power Train è senza dubbio il loro miglior lavoro, mette in luce ancora una volta la straordinaria bravura di Johansson come songwriter, nonché una band che suona magnificamente, e che si è oltretutto prodotta benissimo (in questo ambito non si può sgarrare di un millimetro e qui stiamo parlando di una resa sonora davvero fantastica).

 

Non c’è una sola melodia che non sia già sentita, non c’è soluzione che non sia stata provata mille volte, eppure queste dieci canzoni spaccano a dovere, trascinate da una prestazione vocale impressionante, e sono sufficientemente variegate a livello di velocità e intenzioni, da offrire un panorama il più possibile completo su tutto ciò che sono da sempre le possibilità espressive del Power Metal europeo. Gamma Ray, Helloween, Edguy, Sonata Arctica, persino i Freedom Call col loro “Happy Metal” zuccheroso, si incontrano tutti quanti nelle dieci composizioni del disco; diluiti, rimasticati, fusi insieme in qualcosa che non riesce ad essere del tutto inedito ma è tuttavia sufficiente a farci alzare dalla sedia.

La cavalcata arrembante della title track, il ritornello irresistibile di “No Pain, No Gain”, il mid tempo di “Mega True”, le sparate trionfalistiche di “My Epic Dragon” e “Battle Cry”, il chorus anthemico di “Victorious”; e poi “Go Higher”, il paradigma perfetto di come si possa scrivere un brano su intervalli melodici strasentiti, e renderlo comunque memorabile.

Non mi esaltavo così tanto per un disco Power dai tempi di Virus degli Heavenly, che era uscito in un periodo in cui già non se ne poteva più.

Power Train è comunque di molto superiore, e consacra la band di Boden, Svezia, come una sicura certezza, se ancora ce ne fosse stato bisogno. Non riusciranno a salvare nulla ma è comunque bello che ci siano.