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REVIEWSLE RECENSIONI
Phantasmagoria
Black Snake Moan
2019  (La Tempesta Dischi / Teen Sound)
PSICHEDELIA ROCK
7,5/10
all REVIEWS
09/11/2019
Black Snake Moan
Phantasmagoria
Attraverso un sound debitore ai riferimenti di cui sopra ma reso soprattutto attraverso sonorità acustiche o comunque non distorte, le nove tracce si muovono tra suggestioni ipnotiche e atmosfere psichedeliche, con largo utilizzo di melodie arabeggianti, declinate anche attraverso strumenti tipici come sitar e tampura.

Ci tiene, Marco Contestabile, a far sapere di non aver preso il monicker Black Snake Moan dall’omonimo film del 2007 con Samuel Jackson. L’aggancio va molto più indietro, ad un brano di Blind Lemon Jefferson, al quale anche il film (che ha un vecchio bluesman come protagonista), pare in effetti essersi ispirato.

Quello del musicista romano è un progetto molto particolare: a partire dagli elementi esteriori, che siano la barba e i lunghi capelli con cui si presenta o il font rigorosamente anni ’70 del logo, si capisce che si guarda ben al di fuori dell’Italia. Il riferimento assoluto sono gli Stati Uniti, in bilico tra Stoner e Psichedelia, guardando un po’ allo Space Rock degli Hawkwind e un po’ ai viaggi lisergici dei Grateful Dead.

Il fatto che questo suo secondo disco sia uscito per Teen Sound, nota etichetta dalla storia ultra ventennale, legata ad un altro nome storico come Misty Lane, dice già parecchio dell’interesse che la musica di questo ragazzo ha saputo suscitare. In più, in Italia è arrivato un prestigioso contratto di distribuzione con La Tempesta (che di norma fa cose un po’ diverse, a testimonianza del valore che devono averci intravisto); sul fronte live, mentre scriviamo è da poco terminato un tour europeo in apertura ai texani XIXA, inoltre la collaborazione con BPM Concerti lo porterà in giro per l’Italia tra novembre e febbraio.

Che dire? L’ho visto all’Ohibò la settimana scorsa ed è stato veramente potente. Il disco l’avevo già ascoltato parecchio ma la dimensione live me l’ha rivelato da un’altra angolatura. Suono molto più riverberato e avvolgente, la chitarra in primo piano, la cassa e il Charleston da lui stesso suonati, a spingere notevolmente il ritmo, Synth e altri strumenti in base a creare un suggestivo tappeto sonoro.

Sul palco è da solo ma c’è comunque un sacco di roba e l’effetto è garantito, anche se ovviamente con una band avrebbe una resa diversa.

“Phantasmagoria”, dicevamo, è il suo secondo disco ed è un concentrato di visioni e di percorsi onirici, che prende il nome da una tecnica inventata in Francia nel XVIII secolo, per cui varie immagini, spesso e volentieri di spettri e altre figure simili, venivano proiettate attraverso un’apposita lanterna. Una parola evocativa (che non a caso è anche il titolo di un vecchio brano dei Cathedral, fautori di una proposta non del tutto estranea a questa) che riflette contenuti altrettanto immaginifici e densi di mistero.

Attraverso un sound debitore ai riferimenti di cui sopra ma reso soprattutto attraverso sonorità acustiche o comunque non distorte, le nove tracce si muovono tra suggestioni ipnotiche e atmosfere psichedeliche, con largo utilizzo di melodie arabeggianti, declinate anche attraverso strumenti tipici come sitar e tampura.

Su tutto svetta poi la voce di Marco, profonda e drammatica, che sembra quasi infondere un’aurea sacrale a queste composizioni.

Il tutto giocato poi in un perfetto bilanciamento tra luce e buio, con episodi scuri come “Lost (Kingdom of Rain” e “Lotus” a fare da contraltare ad una ballata come “Daylight”, dove la chitarra acustica disegna inusuali aperture.

Un disco nel quale immergersi profondamente, un ottimo esempio di influenze tradizionali elaborate e rilette con intelligenza e maturità, una proposta di statura internazionale che non può che renderci orgogliosi.


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