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REVIEWSLE RECENSIONI
04/06/2020
Hayley Williams
Petals for Armor
Hayley Williams dei Paramore debutta da solista con “Petals for Armor”, un disco intimo e personale, in bilico tra sperimentazione e introspezione.

Dieci anni fa, quando “The Only Exception” andava in onda a ciclo continuo su MTV e le loro canzoni erano ospitate nelle colonne sonore di film come Transformers: Dark of the Moon e Twilight, ben pochi avrebbero immaginato il grado di maturità artistica raggiunto dai Paramore negli anni successivi. E quasi nessuno avrebbe pensato che Hayley Williams, un giorno, avrebbe pubblicato un album solista così personale e sperimentale come Petals for Armor.

Gli ultimi due lustri, però, non sono stati per nulla semplici, né per la band né per la sua frontwoman. Ogni traguardo raggiunto, come l’exploit di Brand New Eyes (2009), il successo di Paramore (2013) e la bella conferma di After Laughter (2017), è stato sempre guastato da tensioni interne, polemiche e cambi di formazione. I primi ad andarsene, nel 2010, sono stati i fratelli Josh e Zac Farro, seguiti dal bassista Jeremy Davis cinque anni dopo, e solo il recente ritorno alla batteria di Zac ha impedito che la band implodesse.

Come se non bastasse, anche la vita privata di Hayley Williams è stata un continuo saliscendi emotivo, basti pensare alle sofferenze derivate dal naufragio del matrimonio con Chad Gilbert dei New Found Glory dopo nove anni di relazione, all’infortunio invalidante occorso a un membro della sua famiglia e alle continue insinuazioni di gestire i Paramore come fossero una band di cartapesta, nella quale lei è la star indiscussa mentre gli altri sono solo una serie intercambiabile di figurine.

Rimasta single dopo tanto tempo e superati i 30 anni – un traguardo simbolico, è vero, ma che per Hayley ha assunto un significato particolare, spingendola a fare un primo bilancio della propria vita – Williams si è stabilita nuovamente a Franklin, nel Tennessee, all’interno dell’area metropolitana di Nashville (la città nella quale è cresciuta e abitano i suoi parenti più prossimi). Lì ha colto l’occasione per rinsaldare antichi legami e poter finalmente costruire, con amorevole pazienza, il proprio nido, la prima casa realmente sua. Una vera e propria comfort zone, nella quale Hayley ha cominciato a scrivere in totale libertà una serie di canzoni dove ha raccontato tutto quello che le è successo negli ultimi dieci anni, per lasciarsi definitivamente alle spalle un periodo difficile e una forte depressione che le ha sempre impedito di godere appieno del proprio successo.

Per dare una forma coerente alla propria musica – troppo personale per poter far parte di un disco dei Paramore –, Hayley non si è però rivolta a un produttore di grido come Jack Antonoff (che ultimamente si è specializzato nel lavorare con giovani artiste donne come Lorde, Lana del Rey, St. Vincent e Taylor Swift), ma ha chiamato la persona che musicalmente la conosce meglio e di cui sa di potersi fidare di più, ovvero il chitarrista dei Paramore Taylor York, che dopo aver affiancato Justin Meldal-Johnsen nella produzione degli ultimi due lavori della band, qui si affranca, assumendosi la titolarità della produzione e suonando una quantità infinita di strumenti. A conferma del fatto che il disco è stato un vero e proprio affare di famiglia, della partita sono stati anche due vecchie conoscenze di Hayley come l’ingegnere del suono Carlos de la Garza, Zac Farro (che suona la batteria in un paio di canzoni) e Joey Howard (bassista live dei Paramore, che qui co-firma la metà abbondante del disco). Chiudono il team di lavoro il batterista Aaron Steele (Ghost Beach, Fences, Ximena Sarinana) e il violoncellista/violinista Benjamin Kaufman.

Il risultato sono le quindici canzoni di Petals for Armor (originariamente pubblicato come tre distinti EP usciti a un paio di mesi l’uno dall’altro), un raccolta eterogenea che da una parte rievoca l’atmosfera intima della quiete domestica, ma dall’altra non nasconde la voglia di sperimentare e sporcarsi le mani di Hayley Williams con il Pop, il Funky, la Dance e quel tropicalismo intellettuale che ricorda da vicino i Talking Heads di Little Creatures. Il tutto accompagnato da testi immaginifici, astratti, evocativi, pieni di colori e profumi, ma che sanno anche essere così brutalmente onesti da sembrare usciti dal songbook di Tori Amos.

C’è un palpabile senso di stagionalità, in Petals for Armor. Il mood di partenza è oscuro e sognante come lo sono le notti d’ottobre, un’atmosfera raccontata alla perfezione da “Simmer” e “Leave It Alone”, che ricordano da vicino gli incubi narcotici di David Lynch. La parte centrale, invece, è più invernale: si percepiscono la neve e il freddo, come se l’ambiente domestico fosse sì un rifugio dalle rigide temperature esterne, ma allo stesso tempo fosse anche infestato dai fantasmi raccontati da Shirley Jackson ne L’incubo di Hill House, di cui “Dead Horse” e l’orchestrale “Roses/Lotus/Violet/Iris” (con Phoebe Bridgers, Lucy Dacus e Julien Baker) sarebbero la perfetta colonna sonora. Con le ultime cinque canzoni del disco arriva la tanto agognata primavera, evocata prima in “Pure Love” e poi – in maniera più esplicita – in “Watch Me While I Bloom”, dove Hayley ripete in una sorta di mantra «Sono viva nonostante me, e io sono in movimento, quindi vieni e guarda dentro di me, guardami mentre sboccio».

L’album si chiude con “Crystal Clear”, un pezzo nel quale Williams ripercorre il proprio cammino e dove la sua voce (che non ha mai cantato bene come in questo disco) inizialmente è sostenuta da un tappeto di Synth, per poi aprirsi e adagiarsi su un ritmo saltellante. È una conclusione perfetta, piena di speranza: la primavera è nel suo pieno, i fiori sono completamente sbocciati e le acque chiare e cristalline scorrono in sottofondo, mentre Hayley ripete «Non cederemo alla paura». E può iniziare l’estate.


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