Difficile eguagliare la realtà di paesi come Inghilterra, Svizzera, Germania o Svezia ma pare abbastanza interessante notare come anche dalle nostre parti stiano cominciando a comparire sempre di più bandi e finanziamenti statali che hanno come oggetto la musica, al di fuori di quel mondo della classica e della lirica che ai politici italiani paiono essere gli unici esistenti. Tutto questo per dire che il nuovo disco dei Fabryka, che ne sancisce il ritorno a otto anni di distanza dal precedente Echo, sia stato realizzato col sostegno di Puglia Sounds, nell’ambito del programma Puglia Sounds Record Plus.
L’altro dato interessante è che la suddetta band, che è nata nel 2004 e ha esordito su disco nel 2008, con un lavoro, Istantanea, ancora cantato in italiano, è quanto di più distante dagli stereotipi legati al nostro paese: il loro è un Electro Pop da manuale, contaminato in più punti da una Synthwave che dà quel tocco malinconico e vagamente cupo che ne costituisce il principale elemento di fascino. Niente che in Italia abbia una benché minima possibilità di successo, visto che normalmente gli ascoltatori qui si dividono in due categorie: gli ultra contemporanei fan di Trap e affini e i talebani del retro che però, attenzione, normalmente dimostrano un attaccamento viscerale solamente ai cosiddetti “mostri sacri” del rock (gente che ha in casa cinquecento versioni diverse di The Dark Side of the Moon e pensa che negli anni ’80 ci fosse musica di merda, insomma).
In quella terra di nessuno che proprio gli Eighties hanno rappresentato nel definire nuove coordinate sonore, ci muoviamo ancora a fatica ed è per questo ancora più sorprendente (e prezioso) che esista un gruppo come i Fabryka. I quali, lo hanno dichiarato nelle note di accompagnamento, hanno composto questo lavoro durante il lockdown, operando a distanza, con ciascun componente che lavorava alla sua parte andando a completare quella dei colleghi, in un procedimento a strati che è probabilmente risultato funzionale ad un genere come questo, che vive molto di dettagli ed accorgimenti sonori.
Perspectives, lo dice il titolo stesso, apre appunto ad una visione prismatica dell’identità dei Fabryka, è un disco che pur nell’adesione ferma ad una corrente stilistica, presenta poi molteplici sfaccettature, dimostrando una versatilità nella scrittura decisamente notevole.
In questi 38 minuti ascoltiamo infatti un po’ di tutto, a partire dall’iniziale “Phosphenes”, una sorta di intro a base di Synth e dal feeling vagamente orchestrale, passando attraverso l’elegante “Fables and Stars”, dove si respira aria di Chromatics, proseguendo per le suggestioni operistiche di “North” o la solennità un po’ austera di “Modern Regrets”, fino alle strutture più complesse di “Ropes”, con una interessante gestione dei piani e dei vuoti. E poi c’è “How To Start”, che alza il ritmo con le sue virate Funk, dei tastieroni che portano alla mente gli Air di “Moon Safari” e un ritornello liberatorio, piuttosto inusuale in un disco dal carattere essenzialmente meditativo. O ancora, una particolarmente sensuale “Maps” o una “The Suggestion” dove a tastiere “cosmiche” si somma il gran lavoro di basso di Agostino Scaranello, a riprova che nonostante le sonorità Dreamy, questo è un gruppo che ama anche spingere sulla sezione ritmica.
E in effetti andrebbe sottolineata la prova maiuscola di tutti i componenti (la formazione è da poco cambiata con l’arrivo del batterista Onny Allegretti), tra cui spicca la voce quasi impalpabile di Tiziana Felle, un timbro affascinante a metà tra una Victoria LeGrand e una Ruth Radelet.
Un ritorno più che convincente, che siamo certi andrà ad accrescerne le fortune: hanno già suonato in occasioni prestigiose come lo Sziget, il SXSW o il Primavera Sound, con un disco così in curriculum non potranno che fare ancora meglio.