Arricchirsi ed arricchire. Ecco una parola che si fa protagonista dopo questa lettura. “Rock & Arte” è un libro che arricchisce il proprio sguardo e la propria libreria e che dà voglia di condividerlo e di raccontarlo quando lo finisci di leggere… quindi diviene un arricchire se stessi prima e gli altri poi.
Sono sei le mani che hanno diretto la scena: Ezio Guaitamacchi, Leonardo Follieri e Giulio Crotti. E se il primo è il gran decano del giornalismo che tutti conosciamo, gli altri due seguono a ruota, diplomati al CPM di Milano e tutt’ora impegnati sul campo, ognuno con le proprie derive culturali e professionali. E di certo, io che non sono un giornalista, ora avrò la curiosità di sapere quanto avranno da correggermi (a ragione ovviamente) su quanto scrivo… io che ai miei piccoli scritti destino sempre un enorme libertà istintiva.
Ma torniamo sulla retta via: queste tre penne si ritrovano sotto lo stesso “tetto” e pubblicano per Hoepli un libro ricco di contenuti presentati con competenza e mestiere, scritto e editato con grande gusto e, non ultimo, bello anche solo a sfogliarlo. Dunque un’opera capace di sfidare a testa alta anche la tiepida attenzione dei lettori occasionali. In poco meno di 400 pagine dal formato per niente tascabile, di questa impaginazione stile magazine alla quale ormai la Hoepli ci ha abituati con le sue succose uscite dedicate alla musica, “Rock & Arte” affronta in otto macro-sezioni tutta quella che è l’arte a contorno dei grandi dischi e dei grandi artisti internazionali. Inevitabile subire quel senso di sintesi quasi invadente, impossibile trattare tutto e tutti… eppure, nonostante questo, non sono arrivato alla fine con attese disilluse o affamato di quella fame che ti viene quando sei stuzzicato soltanto. Tutt’altro: ho avuto da mangiare portate generose, ricche anche di quelle curiosità che hai sotto gli occhi ogni giorno ma di cui in fondo non hai mai saputo nulla.
Non mi dilungherò a fare una stesa di citazioni di quel che ho incontrato: pesco dal gusto e della memoria due estremi che possono essere Ritchie Valens e Madonna. In mezzo, con opportune invasioni di campo sia prima che dopo, il libro promette di mostrarvi altri angoli del grande rock attraverso un bellissimo viaggio turistico tra le copertine dei dischi e le locandine dei concerti, le fotografie che sopravviveranno ad ogni tipo di futuro, i documentari, i film, le chitarre e le macchine personalizzate, le sculture, i dipinti, la censura che non si fa attendere, la nascita di loghi e lettering che non si dimenticheranno più, i vestiti memorabili e i protagonisti della moda, quelli che hanno vestito le star e quelli che hanno creato tendenze e tanto, tanto altro ancora.
Ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere da vicino Leonardo Follieri, siamo amici e compagni di mestiere ormai da tanti anni. Ed è proprio con stima ed affetto che raccolgo l’onestà intellettuale nel dire che avrei preferito anche piccole derive meno famose da un libro così elevato. Ma in fondo, la grande storia, indotta o meritata che sia, è un verbo indiscutibile che non potremo mai smettere di raccontare… e “Rock & Arte” lo fa con una voce che ha quel certo gusto decisamente superiore.
Un'opera simile diventa difficile da raccontare. Lasciami partire da domande assai di ufficio. Tre autori, un decano del giornalismo, una nuova leva e un laureato in lettere e poi anche appassionato di cinema, fotografia e tanto altro. Il CPM vi lega assieme in qualche modo. Come si è unita questa squadra e come siete approdati al progetto di "Rock & Arte"?
Sia io che Giulio in anni diversi siamo stati allievi di Ezio Guaitamacchi e del suo Master in Giornalismo e Critica Musicale al CPM di Milano. Per quanto mi riguarda, Ezio poi mi ha chiesto di continuare a collaborare con lui, una volta finito il corso.
Sono stato io inizialmente a proporgli un libro sulle copertine, visto che curavo una rubrica su Jam TV dedicata proprio all’argomento. Il discorso però sembrava “riduttivo” quando abbiamo iniziato a parlarne e quindi un po’ alla volta è divenuto sempre più ampio fino ad arrivare a poster, film, fotografie e a tutto ciò che è contenuto in Rock & Arte. In una fase successiva è stato poi Ezio a coinvolgere nel lavoro anche Giulio Crotti che è stato determinante per la realizzazione del libro.
Una domanda che farei ovviamente più ad Ezio Guaitamacchi, forse chiamando in causa la sua lunga e ricca carriera di giornalista. Ormai, come nella musica anche nell'editoria c'è di tutto e di tutto viene pubblicato mille altre volte in tutte le salse. Cosa avete restituito a questo libro che fino ad ora non c'era?
Sicuramente l’idea di parlare di tutti i legami che ci sono tra il rock e l’arte e quindi l’idea di trattare la materia in un unico libro e non in più libri per ognuna delle sezioni.
C'è una cosa che mi sarei aspettato, anzi due. Di certo sono ambiziose e chissà se in un libro sia mai stato fatto. Prima di tutto, tra le tante manifestazioni d'arte a corredo di una star del rock mi sarei aspettato di vedere le loro case. Non banalmente per vedere lo sfarzo delle loro ricchezze ma più per capire come l'arte invadeva il loro vissuto privato. Ci avete pensato?
In realtà abbiamo pensato al vissuto in generale degli artisti e alla loro arte manifesta o in qualche modo resa pubblica.
A proposito di privato, anche se in realtà spesso non lo è, nella sezione finale parliamo delle rockstar stesse che si sono cimentate o si cimentano in altre forme d’arte: a volte lo fanno senza essere sotto i riflettori, in altri casi sono ovviamente più famose per la loro musica, ma hanno comunque una carriera artistica parallela. Parliamo quindi ad esempio di Joni Mitchell o di Ron Wood dei Rolling Stones, noti e molto apprezzati anche come pittori, o parliamo di Little Steven e della sua seconda vita da attore in alcune serie tv che non prescinde da quella nella E Street Band e al fianco dell’amico fraterno Bruce Springsteen.
E poi la seconda curiosità è riferita ad oggetti particolari, scaramanzie, qualcosa che magari è stato eletto a difesa di un equilibrio spirituale e artistico. Io da cantautore dovevo sempre avere la sigaretta pronta prima di ogni concerto. E se lo faceva Paolo Tocco figuriamoci Dylan (per dirne una) … che poi la scaramanzia, o la magia intesa in un senso più esteso, è parte integrante della spiritualità di un artista… non so se ho reso bene il concetto… anche questa poteva essere una via di indagine per le tante manifestazioni dell’arte, non trovate?
Beh, a questo punto però saremmo potuti uscire facilmente fuori tema perché oggetti e soprattutto riti scaramantici non per forza hanno connotati artistici. Nel libro capita comunque di parlare di oggetti che sono anche dei portafortuna, come ad esempio le due palline di legno che pendono dai pantaloni di Mick Fleetwood sulla copertina di “Rumours” dei Fleetwood Mac e che il batterista aveva rubato in un bagno di un pub inglese dove il gruppo si è esibito una delle prime volte. Poi nella sezione moda mi vengono in mente i brandelli di stoffa sull’asta del microfono di Steven Tyler degli Aerosmith che hanno anche funzione di portafortuna.
E dal canto vostro? Cosa manca davvero che non avete potuto inserire per qualche motivo?
Difficile rispondere pensando che abbiamo scritto un libro di circa 400 pagine, immagini comprese: da una parte ti direi che in ogni sezione ci sono parti che avremmo potuto aggiungere e l’elenco sarebbe molto lungo, dall’altra però rischiava di diventare un lavoro di tipo enciclopedico anche proprio nella stesura e non era nelle nostre intenzioni.
Più che “cosa manca davvero” secondo me una parte che in questa fase storica si potrebbe continuare ad approfondire è quella legata al cinema, visto non solo il grande successo di un film come Bohemian Rhapsody dedicato a Freddie Mercury e ai Queen, ma visti anche i tanti film o docufilm annunciati che saranno disponibili al cinema o in streaming: giusto per fare due nomi, penso a Rocketman, il film su Elton John, e al documentario su Bob Dylan e la Rolling Thunder Revue diretto da Martin Scorsese, che aveva già aveva diretto No Direction Home dedicato a Dylan e che quindi ovviamente non poteva non essere nel nostro libro.
Inevitabilmente questo libro è fatto di grandi personaggi. Ne avete raggiunto fisicamente qualcuno di questi per recuperare oggetti o semplicemente contenuti per il libro?
Per il libro direttamente no, ma, come raccontiamo nella sezione dedicata al cinema, Ezio Guaitamacchi e Giulio Crotti hanno incontrato due anni fa D.A. Pennebaker, regista di diversi documentari, tra cui Dont Look Back su Bob Dylan o quello sul Festival di Monterey, nonché del film-concerto all’Hammersmith Odeon di Londra di David Bowie per l’ultima volta nei panni di Ziggy Stardust. Pennebaker nell’occasione è stato intervistato insieme agli altri studenti di quell’anno del Master in un hotel di Bologna alla veneranda età di 92 anni quando era stato invitato come ospite al Festival del Cinema Ritrovato in occasione della proiezione del suo Monterey International Pop Festival in versione restaurata. Purtroppo, però, si trattava di un’intervista video che si è rivelata inutilizzabile, perché “Penny” mentre raccontava i suoi aneddoti ha guardato sempre gli studenti e mai in camera. D’altronde uno come lui è abituato ad essere sempre dietro all’obiettivo.
Parliamo dell'Italia: l'arte di casa nostra forse ha poco a che fare con il rock ma di sicuro c'è una grandissima tradizione, dalla canzone popolare al prog arrivando ai cantautori di protesta che spesso legano le loro opere ad altro genere di artisti. Insomma anche noi all’arte dobbiamo molto. Ci avete pensato di fare una sequel di questo libro dedicato ai dischi di casa nostra?
Abbiamo tante idee su libri in generale, ma al momento non saprei aggiungere altro in merito. Sicuramente in questo libro abbiamo dato un taglio più internazionale alla nostra narrazione, ma l’Italia è presente in maniera più specifica quando parliamo di Gianni Sassi perché è stato determinante per la scena musicale milanese degli anni Settanta ed è stato davvero un personaggio eclettico, come ha dimostrato con il suo modo di lavorare con gli Area, con Eugenio Finardi, con il primo Battiato e con tanti altri artisti nei panni di produttore, di ideatore egli stesso di copertine e di grande sperimentatore nella comunicazione a tutto tondo.
Dopo questa esperienza, in che modo è cambiato il vostro rapporto con i dischi? Può sembrare una domanda sciocca ma io penso che avendo fatto un viaggio così profondo dentro aspetti meno scontati dei grandi dischi della storia del rock sia inevitabilmente cambiato il modo di guardare, di misurare lo spessore di un'opera musicale. Insomma, di sicuro un file mp3, non vi dirà più niente o quasi...
Gli mp3, ma in quest’epoca direi ancor di più lo streaming, permettono di ascoltare tutto e subito, e se si tratta di musica interessante continuo comunque ad ascoltarla e a cercare il modo migliore per approfondire il discorso. Secondo me rimane il fatto che se qualcosa merita più attenzione sicuramente è destinata ad emergere e a rimanere nel tempo. Se ci sono il talento e la voglia di scrivere belle canzoni, tutto il resto, compresa l’arte legata alla musica, viene da sé e si troverà comunque il modo per ascoltare o per diffondere quelle canzoni.
E per salutarci, se mi sia concesso, vorrei spingermi a fare una domanda un poco più spigolosa... sperando che sia di ispirazione per una risposta importante. Dei grandi ormai è stato scritto tutto e da tanto tempo ormai, come dicevamo prima. Dei Pink Floyd come dei Rolling Stone, dei Beatles come dei Byrds e compagnia cantando... lunghissima compagnia... è stato scritto tutto, o quasi. Vi chiedo: non sarebbe stato più bello, oppure semplicemente originale, andare alla ricerca dell'arte di chi invece non ha avuto quella risonanza mediatica? C'è tanta musica e tantissima arte attorno ai meno grandi della storia...
In generale penso ci sia tantissima musica e tantissima arte poco conosciute per quanto riguarda i più grandi della storia e, se sono più grandi, vuol dire che tanti sono gli aspetti che li hanno resi meritevoli di ulteriori approfondimenti rispetto ad altri. Secondo me l’importante è riuscire a divulgare il tutto nella maniera migliore possibile, partendo dal presupposto che sicuramente scoprire o riscoprire i grandi artisti, i loro brani, i loro album e le loro opere fa stare meglio.