Dell'opera di Lee Chang-dong abbiamo brevemente parlato nel commento al suo splendido Burning - L'amore brucia, al momento ultima regia dell'autore sud coreano. Lee Chang-dong si è dedicato al cinema solo in età matura, il suo esordio (Green fish) risale al 1997 quando il regista contava già quarantatrè primavere, questo Peppermint candy è il suo secondo lungometraggio datato 2000.
In precedenza Chang-dong è stato professore di letteratura coreana, scrittore di opere teatrali e anche di un romanzo, Chonri del 1983. Tra il 2003 e il 2004 l'eclettico regista ha ricoperto anche il ruolo di Ministro della Cultura del governo Sud Coreano dell'epoca. Già dai suoi primi lavori emerge un talento fuori dal comune, una capacità narrativa di altissimo livello, studiata e costruita per ellissi e che si va a ricomporre segmento dopo segmento con una chiusura finale, seppur molto chiara, che apre a diverse riflessioni. Nella costruzione viene in mente il lavoro fatto da Nolan in Memento, ma qui oltre allo splendido gioco di incastri (aspetto ludico nel quale Nolan è forse ancora superiore) c'è tutta la profondità che a un film come Memento manca, ci sono le tragedie con le quali l'essere umano è chiamato a convivere e per le quali giunge prima o poi il momento di pagare il conto.
Lungo il pietroso argine di un fiume una comitiva sta facendo un picnic con tanto di karaoke, si avvicina un uomo ben vestito, in stato confusionale, forse ubriaco. L'uomo sembra disperato, dice cose sconnesse, tiene comportamenti imbarazzanti, poi qualcuno della compagnia lo riconosce; l'uomo sembra essere proprio Yong-ho (Sol Kyung-gu), un membro di quella vecchia compagnia che ora si è ritrovata per quel picnic dopo vent'anni dall'ultimo incontro.
Yong-ho trascorre un po' di tempo con loro, poi si allontana, va verso i binari della vicina ferrovia sopraelevata, si arrampica sui binari, Yong-ho in realtà si è recato in quel luogo con tutta l'intenzione di uccidersi e porre fine alla sua disperata esistenza.
Da quel momento, con salti temporali successivi all'indietro, rivivremo vari passaggi della vita di Yong-ho: il matrimonio con Hongjia (Kim Yeo-jin) e la nascita della loro prima figlia, l'effimero ma intenso incontro con Po-Kyung (Jung Suh), il primo amore per la giovane Sunim (Moon So-ri), l'esperienza in polizia e quella come militare di leva all'epoca delle proteste studentesche. Insieme alla vita di Yong-ho vediamo a poco a poco ricostruirsi (a ritroso) la storia politica recente della Corea del Sud.
Per narrarci la storia tragica di Yong-ho, Lee Chang-dong sceglie una struttura a ritroso frazionata per segmenti concatenati che diverranno veri e propri pezzi di puzzle che, una volta messi insieme, ci permetteranno di comprendere i dolori e gli errori del protagonista e la profondità di sguardo di questo grande regista.
Il regista coreano non va giù leggero né con il suo personaggio, che paga non solo condizioni avverse ma anche tutti i suoi sbagli, né con il proprio Paese, si intravede un approccio molto critico alla storia recente della Corea e tutto il film è pervaso (a posteriori) dall'elaborazione di un senso di colpa, personale e collettivo, con il quale non sempre è possibile venire a patti.
Ci sono alcuni elementi ricorrenti che accompagnano lo spettatore attraverso i vari frammenti che compongono la storia di Yong-ho, il più evidente dei quali (ma non l'unico) è il treno. Ogni passaggio da un segmento all'altro è scandito dal procedere (dall'arretrare) del treno il moto del quale noi spettatori vediamo sempre in soggettiva attraverso il correre dei binari accanto ai quali figure si muovono "in rewind" certificando lo scorrere indietro del tempo.
La narrazione aspra, dura, è mitigata da inserti musicali dolci e melodici, dalla presenza dell'acqua (altro elemento ricorrente), da qualche tramonto, la storia di Yong-ho si dipana, episodio dopo episodio, come composta da tante stazioni verso le quali il treno ci accompagna fino a trovare un'ideale chiusura del cerchio con la comprensione per lo spettatore e un'impossibile consapevolezza per il protagonista.
Film duro rispetto al più recente Burning, forse meno avvolgente, ma Peppermint candy si rivela essere un altro tassello da considerare tra gli imperdibili del cinema coreano del nuovo millennio.