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REVIEWSLE RECENSIONI
Pensieri sparsi sulla tangenziale
svegliaginevra
2022  (La Clinica Dischi)
ITALIANA POP
8,5/10
all REVIEWS
06/05/2022
svegliaginevra
Pensieri sparsi sulla tangenziale
Se il primo disco aveva rivelato Svegliaginevra come uno dei nomi più interessanti della scena It Pop, questo secondo è la conferma che siamo di fronte ad un talento assoluto.

È arrivato insolitamente presto, il nuovo disco di svegliaginevra, ma in fondo è giusto così: se Le tasche bucate di felicità costituiva un esordio ma sopratutto il compendio dei suoi primi anni da cantautrice, Pensieri sparsi sulla tangenziale rappresenta il vero e proprio sophomore, l’autentico prosieguo di carriera. Se è vero che da una che scrive in continuazione non possiamo avere garanzie sulla datazione dei pezzi (per quel che ne sappiamo potrebbero anche esserci episodi più vecchi di quelli contenuti nel debutto) è anche vero che i dieci brani qui raccolti coprono, se fa fede la data di pubblicazione, un periodo di tempo relativamente breve. Che equivale a dire: ok che il disco precedente aveva sostanza, ma vediamo se adesso regge sulla lunga distanza.

E sì, conviene dire subito che regge e anche parecchio. Ginevra è una cantautrice vera e propria, di quelle che oggi si rischia di non trovare più, in una fase musicale che, almeno in Italia, sta valorizzando decisamente di più il lavoro dei produttori.

Cantautrice come ai vecchi tempi, nel senso che quel che colpisce di lei non è tanto la capacità vocale (timbro senza dubbio particolare e affascinante ma ancora tante cose da sistemare in termini di tenuta, soprattutto dal vivo) bensì l’assoluta padronanza degli strumenti della scrittura.

Lo ha confermato a questo giro ed ha saputo andare oltre il delizioso Indie Pop delle prime canzoni. Pensieri sparsi sulla tangenziale è infatti molto più vario nelle intenzioni e nello spettro sonoro, ha il marchio di fabbrica di Ginevra ben cucito addosso ma mostra al contempo nuove strade, sapientemente favorite dal lavoro dei due produttori. Eh sì, perché un conto è dire che forse oggi si sta sbagliando a puntare tutto su ciò che succede al banco di regia anche quando il pezzo è debole; un altro è sostenere che chi sta nelle retrovie non abbia ragione di esserci. Leonardo Lombardi è sempre saldo al suo posto, l’artefice di gran parte delle produzioni targate Clinica Dischi ma questa volta è coadiuvato da Marco Barbieri, altro tassello importantissimo nell’economica dell’etichetta spezzina. Lo avevamo scoperto come Altrove, in un disco, Bolle, che ci era piaciuto parecchio e che avevamo recensito su queste colonne virtuali; ora pare si stia divertendo molto anche a stare dall’altra parte, dove sta dimostrando capacità notevoli. Insieme i due danno al disco arrangiamenti vincenti e suoni pazzeschi, in generale dotandolo di un vestito meno minimale e più vistoso rispetto all’esordio, valorizzando oltretutto l’illustre carrellata degli ospiti presenti.

Questa è l’altra importante novità: Le tasche bucate di felicità vedeva l’artista campana correre da sola, con l’unica eccezione di “Barche”, scritta e registrata assieme all’amico e compagno di etichetta Apice. Questa volta ci sono dei veri e propri featuring, anche con nomi non propriamente vicini al suo mondo. Si veda ad esempio la collaborazione con gli Zero Assoluto (“Imperfetto”) o quella con Cimini (“Odio l’inverno”): in entrambi i casi ne vengono fuori episodi riuscitissimi, con giusto un tocco in più di Pop, sempre dotati di ritornelli tormentone che non vi si staccheranno più di dosso già dal primo ascolto. (“Tutto qua”) gioca invece la carta M.E.R.L.O.T, con la sua strofa che sa molto di Neo Soul, imita un po’ Frah Quintale ma riesce comunque a convincere.

Discorso a parte, invece, per “Come ci pare”: cmqmartina è tra le artiste di punta di Clinica, lei e Ginevra sono molto amiche ma immaginare un pezzo a quattro mani era piuttosto difficile, considerata la grande distanza tra le rispettive visioni musicali. E invece. Prodotto da Barbieri (che, per inciso, fa un lavoro splendido) il brano è di fatto un viaggio nel mondo Disco di Martina: estetica decisamente anni ’90, ritornello in cassa dritta tamarro ma con un non so che di malinconico in sottofondo, è potenzialmente tra le hit estive del 2022, se tutto girerà per il verso giusto.

Il resto è comunque di livello altissimo, fatta forse eccezione per “Vedo solo fiori” che, non me ne voglia l’autrice, è bella ma ha un effetto déjà vu che la rende un po’ un filler (o forse è perché arriva per ultima, dopo tutto il ben di Dio che c’è stato prima). “Quello che volevi” e “Qualcosa” che erano già usciti come singoli, hanno quel piglio irresistibile tipico suo, con la novità di un tocco di elettronica in più sulla sezione ritmica e dei giochi di tastiere che le rendono particolarmente adatte al Dance Floor. “Un pezzo mio” ha un che di reggae nelle strofe e il solito ritornello killer, per una canzone dall’atmosfera distesa che vuole essere un po’ una meta-canzone, una riflessione di come si fa a scrivere e di che posto ha la musica nelle vite di chi l’ascolta e di chi la fa.

“Calma” è insolitamente ruffiana, soprattutto nel ritornello, ed è la canzone che dà il titolo al disco; “Numeri dispari” è poi un altro episodio inaspettato, incentrato sulle chitarre, un up tempo rockeggiante che ricorda un po’ il modo in cui Fulminacci ha giocato con gli anni ’60 nei suoi primi brani.

Il tutto coadiuvato da un team di musicisti esperti, che oltre ai soliti Martiny (chitarra), Sabia (basso) e Pietro Vitaloni, che la seguono anche dal vivo, vede anche Michele Bloise (tromba), Armando Fiorenza e Francesco D’Antoni (tastiere), Giacomo Lomasti (chitarre), oltre alla partecipazione straordinaria degli archi dell’Orchestra Italiana del Cinema.

Se il primo disco l’aveva rivelata come uno dei nomi più interessanti della scena It Pop (etichetta che, va da sé, le sta decisamente stretta), questo secondo è la conferma che siamo di fronte ad un talento assoluto.

Imprescindibile, soprattutto per chi pensa che una certa proposta sia fatta solamente da canzoncine senz’anima costruite a tavolino.