Il lavoro di Tony Scott è rimasto per troppo tempo all'ombra di quello dell'ingombrante fratello Ridley, entrambi registi provenienti dalla pubblicità (con un percorso artistico per Tony), i due fratelli sono stati più volte tacciati di anteporre immagini patinate e artifici di costruzione al contenuto delle loro opere. Eppure Ridley consegna alla storia del Cinema film fondamentali come Alien e Blade Runner, grandi successi commerciali come Il gladiatore, film solidi quali The martian - Sopravvissuto o il sottostimato American gangsters fino ad arrivare ai piccoli cult: Legend, I duellanti, Black rain. Insomma, non poi così male per un pubblicitario convertito. Il Cinema di Tony, fatto salvo alcune eccezioni, è più diretto e muscolare, anche lui pone un'attenzione tutta particolare all'estetica dei suoi lavori, a volte forzando la mano in direzioni che avendo a disposizione più libertà magari non avrebbe intrapreso, non riuscendo forse mai a mettere d'accordo veramente pubblico, critica e incassi. Non c'è un Alien nella carriera di Tony, non c'è un Blade Runner, anche se i successi, soprattutto in ambito commerciale non sono mancati. Pensiamo a quella che è forse l'opera più celebre di Tony Scott: Top Gun, un film generazionale che ha segnato l'infanzia di ragazze e ragazzi negli Ottanta, che ha influenzato la moda, che ha lanciato Tom Cruise nell'Olimpo degli attori (quelli fighi) e che lascia una sequela di immagini per l'epoca mozzafiato. Un successo indiscutibile che analizzato nei contenuti poco ci lascia, se non un amore nostalgico comunque incancellabile. Non sono mancate le opere di nicchia (e insuccessi al botteghino) come Miriam si sveglia a mezzanotte né tantomeno i risvegli autoriali osannati dalla critica, come il film Una vita al massimo, prima sceneggiatura firmata da un certo Quentin Tarantino. Ma è nel cinema action che Tony si esprime al meglio e con più frequenza: L'ultimo boyscout, l'ottimo Nemico pubblico, l'apprezzabile Spy game, il Man on fire con Denzel Washington. Pelham 123 è proprio uno degli ultimi capitoli di questo filone diretto da Tony Scott, terza trasposizione del libro Il colpo della metropolitana di John Godey. Pelham è il classico esempio di come si dovrebbe costruire un buon thriller d'azione: personaggi delineati in pochi tratti, un'ottima messa in scena che nella fattispecie pesca nell'ampio bagaglio di Scott, quello più cool, per realizzare un film visivamente dinamico, moderno e coinvolgente, ottima direzione d'attori (gran duello tra Washington e Travolta) e una trama avvolgente che non lascia spazio a cadute di ritmo, né nelle sequenze d'azione, né nei momenti più statici caratterizzati dai magnifici dialoghi tra i due protagonisti.
Walter Garber è un controllore del traffico della centrale operativa della metropolitana di New York; esperienza decennale, ruolo da responsabile, momentaneamente di ritorno a un compito più esecutivo. Durante il suo turno di controllo, un gruppo di persone armate, sotto il comando di Bernard Ryder (John Travolta), sequestra un convoglio della linea Pelham 123. Prima dell'arrivo del negoziatore della polizia, il detective Camonetti (John Turturro), sarà proprio Garber ad avere i primi contatti con il terrorista che in in maniera del tutto particolare inizierà a provare una certa fiducia nell'uomo, andando a creare con lo stesso un filo empatico e rifiutandosi di parlare con altre persone. Ryder lascia intendere di reputarsi una vittima della società, uno di quegli uomini che in seguito a un errore sono stati rovinati dalle istituzioni; come risarcimento chiede alla città di New York, nella figura del sindaco (James Gandolfini), dieci milioni di dollari da consegnare entro un'ora, pena l'uccisione di un ostaggio per ogni minuto di ritardo. E Ryder dimostra di fare sul serio.
Film solidissimo, calibrato alla perfezione, che alterna momenti più tesi e adrenalinici a una serie di sequenze di confronto e dialogo altrettanto coinvolgenti. I protagonisti, tutti di peso, da Washington a Travolta fino ad arrivare a Turturro e Gandolfini, offrono prove impeccabili. La tensione sale, il countdown temporale in questo aiuta, lo stile di Tony Scott esplode quando dagli ambienti claustrofobici sotterranei si passa agli squarci della New York di superficie: riprese dinamiche, molto moderne, vive, anche laccate se vogliamo ma di sicura efficacia. Il piano dietro all'assalto alla metro, neanche fosse una moderna diligenza, si delinea e si chiarisce pian piano, tutti contribuiscono a dipanare una matassa che ancora una volta finirà per mettere in evidenza la banalità (interessata) del male. Film molto riuscito che fa venir voglia di andare a recuperare la prima trasposizione del libro, quel Il colpo della metropolitana diretto da Joseph Sargent nel lontano 1974. Non è detto che non lo si faccia.