Di questi tempi, in cui stiamo perdendo tutti i nostri eroi e riferimenti musicali, è di conforto sapere che Warren Haynes, da solo o con i suoi Gov’t Mule, continua a creare, con disarmante facilità, musica di livello altissimo. Chitarrista sublime e songwriter ispirato, Haynes è un musicista della vecchia scuola, uno di quelli che crede ancora che la sostanza valga di più di qualunque hype, che suona, e bene, solo per il piacere di suonare, e che spinge la propria passione a esplorare i generi e repertori altrui, con la curiosità di chi non sembra essere mai appagato. Sono trent’anni che ci fa innamorare della sua musica con i Gov’t Mule, e per quanto la sua voce, la sua chitarra e le sue canzoni richiamano il blues e il rock anni '60 e '70, ogni volta riesce a dare ai suoi dischi un taglio moderno, che rende contemporanei anche i tropi e le progressioni più classiche.
Haynes è una vena aurifera inesauribile, un tesoro condiviso, e questo nuovo Peace … Like A River ne è un'ulteriore prova. Famosi per la loro iconica miscela di rock, hard rock, funky, blues, soul e jazz e per la loro natura di jam-band, aperta a ogni forma di improvvisazione e contaminazione, i “muli” hanno costantemente offerto paesaggi sonori avvincenti sia in studio che dal vivo. Attualmente composta dal batterista Matt Abts, dal tastierista Danny Louis, dal bassista Jorgen Carlsson e guidata da Haynes, la cui voce gloriosamente consumata e il vibrante timbro di chitarra sono un autentico marchio di fabbrica, la band mette in piedi un nuovo, intensissimo gioiello.
Registrato durante la pandemia contemporaneamente a Heavy Load Blues (2021), Peace…Like A River, a differenza di quel disco, che era maggiormente votato al blues, è un album che si espande verso vari generi, una peculiarità da sempre distintiva della caratura artistica della band. Lungo un’ora e venti circa, con brani dal minutaggio importante, questo nuovo lavoro, come nella miglior tradizione dei Gov’t Mule, è un disco molto suonato, e si sviluppa attraverso una scaletta, che pur sfoggiando un suono coeso, risulta estremamente varia e ricca di spunti, che punteggiano l’ascolto di numerose sorprese. Un continuo sali e scendi fra generi a atmosfere, che conquista l’orecchio e, in più di un’occasione, fa battere il cuore.
"Same As It Ever Was" apre il disco con un coinvolgente preludio quasi folk, poi, la canzone cresce e alterna momenti acustici più tranquilli e passaggi elettrici più grintosi, oltre a un'eccellente interazione di organo e chitarra. La band suona appassionata, e si sente il godimento di stare sugli strumenti per un brano che, come tanti altri, dal vivo potrebbe accumulare minutaggio e derive strumentali che puntano l’infinito. "Shake Our Way Out" è un muscolare rock blues, che vede il contributo del grande Billy Gibbons, il cui timbro impastato di whiskey e vita vissuta a cento all’ora, sfrutta al meglio un riff peso e vibrante e una ritmica cadenzata ma pronta ad avvampare.
"Made My Peace" è superbo esempio di rock psichedelico, che evoca i Pink Floyd e si sviluppa per nove minuti praticamente perfetti, costruiti su un affascinante interplay fra pianoforte e chitarra (l’assolo di Haynes nel finale è da autentico califfo dello strumento), che anima le lunghe parti strumentali. Il disco si muove anche per territori funky, un genere che i “muli” hanno sempre esplorato con grande consapevolezza: "Peace I Need" sventaglia un groove ruvido, quasi hard, "Dreaming Out Loud", che vede come ospiti Ivan Neville e Ruthie Foster, suona classico e seduttivo, organo e fiati a spingere verso il dancefloor e un ritornello da paura, mentre il pedale wah wah innesca l’incendio della torrida "Long Time Coming", irresistibile omaggio al suono Stax.
Se con il contributo di Celisse, la band si avventura nel battito in levare di "Across The River", e Billy Bob Thorton presta il proprio timbro oscuro a "The River Only Flows One Way", una canzone che tiene insieme reggae e Tom Waits, non mancano le ballate, che sono un altro punto di forza della band. I sette minuti "Gone To Long" (dedicata a David Crosby) conducono l’ascoltatore in territori sudisti, con una polverosa melodia e uno spettacolare suono slide, mentre "Your Only Friend" vince la palma del brano migliore in scaletta. Una malinconica ballata dal sapore antico, nelle cui vene scorre sangue Lynyrd Skynyrd, e che si sviluppa morbidissima, quasi dimessa, fino a quando non viene avvolta dal tepore degli archi e si infiamma, vibrando, grazie a un assolo di chitarra, tra i più intensi mai usciti dalla sei corde di Haynes.
Nonostante la lunghezza, l'album non si perde mai in inutili virtuosismi o stucchevoli digressioni, e le derive strumentali restano sempre strettamente focalizzate per servire le canzoni, coprendo di tutto, dalla psichedelia al blues rock, dal funk al soul, con concisa finezza. Ci sono, poi, le canzoni, tutte straordinarie per ispirazione ed esecuzione, così varie e così incredibilmente vitali, che togliere Peace…Like The River dal piatto è praticamente impossibile. Perché, per l’ennesima volta, ci troviamo davanti a veri e propri cavalli di razza sotto le mentite spoglie di muli. Lunga vita a Warren Haynes.