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MAKING MOVIESAL CINEMA
Paul, Mick e gli altri
Ken Loach
2001  (Raiplay)
DRAMMATICO
7/10
all MAKING MOVIES
03/11/2023
Ken Loach
Paul, Mick e gli altri
Ken Loach torna in Inghilterra per mettere sotto i riflettori i danni creati dal liberismo spinto e dalle privatizzazioni nel mondo del lavoro, con conseguenze non solo sulla stabilità di lavoratori e famiglia ma anche sulla sicurezza sui posti di lavoro, tema purtroppo sempre attuale.

Dopo aver parlato dell'escursione nel film storico ai tempi della Spagna franchista da parte di Ken Loach con il suo Terra e libertà e della successiva trasferta in quel di Los Angeles per raccontare le rivendicazioni sindacali di un gruppo di lavoratori messicani immigrati in Bread and roses, torniamo ora ai luoghi e ai temi che al regista di Nuneaton sono più congeniali, ovvero le difficoltà lavorative e sociali della classe proletaria inglese.

Paul, Mick e gli altri inquadra il periodo in cui nelle ferrovie inglesi arriva massiccia la pratica della privatizzazione, con un numero sempre crescente di forza lavoro che viene "invitata" ad abbandonare il posto in ferrovia per passare sotto agenzie private che, in maniera del tutto teorica e ottimistica, promettono più lavoro e paghe orarie più alte.

Lo spunto per la realizzazione di Paul, Mick e gli altri (The navigators in originale) nasce da un libro di Rob Dawber, oggi scrittore ma in passato alle dipendenze delle ferrovie britanniche, la cui testimonianza di prima mano illumina la dissoluzione del tessuto lavorativo garantito in favore di una libera concorrenza per la quale ormai le persone non contano più nulla, declassate a meri oggetti di consumo, utili da sfruttare per portare a termine i contratti con costi minimi e flessibilità massima, il tutto in nome di un capitalismo sempre più deregolamentato, senza freni e senza scrupoli dove efficienza vuol dire taglio dei costi (di solito quelli umani) e maggiori rischi a carico dei lavoratori.

 

Al centro del film un gruppo di operai in forza a un deposito delle ferrovie inglesi nella regione dello Yorkshire. Un giorno, recandosi a lavoro, Paul (Joe Duttine), Mick (Thomas Craig) e gli altri del gruppo trovano sul deposito un'insegna che riporta il nome di una nuova società, questa ha assorbito il magazzino in seguito alla privatizzazione dei servizi legati alle ferrovie, compresi quelli di manutenzione sui binari di cui il gruppo di operai dello Yorkshire è responsabile.

Le decisioni calano dall'alto, il gruppo tenta di confrontarsi sul tema e sul da farsi, prima scherzandoci sopra, poi sempre più seriamente ma ormai nemmeno le rappresentanze sindacali hanno più peso, nessuno ha più voce in capitolo, alle persone che trattano tra azienda e lavoratori viene espressamente chiesto (con le brutte) di essere spietati e non fare concessioni.

Qualcuno decide di accettare la buonuscita e andare subito via, altri resistono un poco ma la carenza di lavoro, le giornate vuote e la paga misera li spinge a provare la via dell'indipendenza e della flessibilità. Da principio sembra che la cosa funzioni, le paghe sono in effetti più alte, sembra facile allora rinunciare a ferie, mutua, diritti.

Paul e Mick insieme a Jim (Steve Huison) e ad altri resistono, sono ancora in ferrovia, i problemi però si fanno sentire: Paul è separato, deve passare soldi alla moglie, ha due figli da vedere e mantenere, ha il desiderio di viziarli anche un poco di tanto in tanto, Paul è un bravo papà ma i soldi non bastano, così Paul cede, il miraggio della paga più alta fa gola, allora niente ferie, niente mutua, ma quando arriva il momento di tagliare anche sulla sicurezza? Mick ad esempio non ci sta...

 

Privatizzazione, perdita dei diritti, taglio dei costi, minore sicurezza, conseguenze a venire, tutte cose che abbiamo già visto e di cui continuiamo a vederne i riscontri nelle cronache di tutti i giorni. Loach, come fa sempre, prende a cuore le sorti dei suoi personaggi che sono proiezioni di persone e situazioni fin troppo reali, tra l'altro senza nasconderne difetti e mancanze; il regista non dipinge il lavoratore come un santo dedito al cento per cento al lavoro, l'uomo in fondo non è una macchina, ma proprio per questo va rispettato e il rispetto è proprio quello che spesso manca da parte della macchina del capitale, e questa per Loach (e dovrebbe esserlo per chiunque) è una posizione inaccettabile e quindi la condanna senza remore.

Ancora una volta come già accade per altri film del regista inglese, anche Paul, Mick e gli altri è un film di contenuto, dove il messaggio e la denuncia contano più della forma, al film però giova il ritorno a casa, il muoversi nelle periferie inglesi, in situazioni vicine agli autori, tutto ciò dona alla camera di Loach quella naturalezza e quella spontaneità capaci di farci sentire vicini i personaggi e le loro disavventure.

Come spesso accade non ci sono attori celebri a interpretare i ruoli centrali; volti veri, non riconoscibili che accompagnano queste storie proletarie con un tocco di verismo in più e che permettono, nei momenti salienti, di credere e di andare con la mente non a Hollywood ma alla cronache, ai disagi patiti da conoscenti, alle continue morti sul lavoro.

Non è un cinema tirato a lucido quello di Loach, è un cinema sporco, diretto, magari meno studiato di altro, però quanto continuiamo ad averne bisogno...