Visto in quest'ottica il film è piacevole, tecnicamente ben realizzato e con diverse trovate visive interessanti, corre lieve fino alla fine senza troppo entusiasmare ma anche senza mai annoiare, alla fine Passengers si ritaglia un suo perché lungo le due ore di durata, ben gestite dal regista e soprattutto dalla bella coppia formata da Chris Pratt e Jennifer Lawrence.
La nave spaziale Avalon sta viaggiando con pilota automatico verso il pianeta Homestead II, a bordo 5.000 persone sono tenute in animazione sospesa da una tecnologia criogenica avanzatissima, stanno affrontando un viaggio lungo un centinaio d'anni per cominciare una seconda vita su un nuovo pianeta ricco di risorse naturali. La Avalon si troverà però a dover affrontare una tempesta di meteoriti imprevista e di forte intensità, a causa dei numerosi impatti e di un guasto tecnico, all'interno della nave la capsula criogenica occupata dal meccanico Jim Preston (Chris Pratt) subisce un malfunzionamento risvegliando così il suo ospite. Il risveglio dei passeggeri è previsto con quattro mesi di anticipo sulla data d'arrivo, in modo che questi possano seguire dei corsi di preparazione per affrontare al meglio la vita sul nuovo pianeta. Purtroppo per Jim la sua capsula si aprirà con ben 90 anni di anticipo su quella data, condannando il meccanico a vivere una vita fatta di solitudine a bordo della nave, con la consapevolezza che questa procederà in un viaggio interminabile che per lui non avrà mai una meta. Preston rischia di impazzire, le prova tutte per riaddormentarsi, pensa anche alle soluzioni più terribili finché un giorno si imbatte nella capsula contenente Aurora Lane (Jennifer Lawrence), una bella scrittrice che cattura l'attenzione di Jim.
Con questi presupposti viene subito da pensare, a pochi minuti dai titoli di testa, come l'impianto fantascientifico del film non possa reggere (e infatti non lo fa, se analizzato rasenta il ridicolo). Immaginiamo una nave programmata per viaggiare nello spazio aperto per anni, tutto sommato viene da pensare che la prima cosa da fare è quella di prevedere ogni tipo di impatto e prevenire eventuali danni da questo provocati. Ma diamo per buono l'evento imprevedibile, che ovviamente deve essere di una certa portata per creare danni non previsti dagli ingegneri che hanno messo in volo una nave come la Avalon. Ora sarà mai possibile che quel tipo di evento danneggi una sola capsula criogenica su cinquemila? E ancora, perché una nave dove tutti sono addormentati viaggia con delle luminarie accese come nemmeno l'albero di Natale del Rockfeller Center in barba a qualsiasi criterio di risparmio energetico? Sistemi di individuazione del danno, automatismi di riparazione, etc., etc. Insomma, da questo punto di vista il film non sta in piedi (e infatti non ricevette grandi apprezzamenti al momento della sua uscita).
Il lato più umano e romantico invece funziona, non fa gridare al miracolo ma rende Passengers un film tutto sommato divertente e piacevole. Pratt è bravo a inscenare un personaggio che arriva a rasentare la follia a causa della solitudine, unica compagnia quella di un androide barista con le fattezze di Michael Sheen che riporta alla mente l'altrettanto inumano barista di Shining. Interessante il dilemma morale di fondo, vivere e morire in solitudine o risvegliare almeno un'altra persona, condannando così anch'essa a un viaggio senza meta, infrangendone per sempre sogni, programmi e aspettative? Anche questo aspetto è al servizio della classica costruzione da rom-com incontro - innamoramento - delusione - riavvicinamento. La scenografia contribuisce a rendere tutto più interessante, gli ambienti della gigantesca nave sono accattivanti, Tydlum realizza alcune sequenze davvero molto ben riuscite e soprattutto i due protagonisti hanno una bella chimica. Il Morandini ci ha visto (forse) una metafora del matrimonio e del rapporto chiuso, a mio avviso finanche una forzatura per dare un senso diverso a quella che inserita in uno sfondo diverso sarebbe stata nient'altro che una piacevole commedia romantica.