Quello di Luca Andrea Crippa non è certo un nome nuovo per tutti coloro che conoscono la scena rock milanese. Co-fondatore di una delle prime tribute band italiane, i Mr. Saturday Night Special, un omaggio ai grandi Lynyrd Skynyrd, co-fondatore dei No Rolling Back (alternative country band con Ruben Minuto e la sezione ritmica “tribale” di Briegel & Marcheschi), co-produttore, arrangiatore e chitarrista negli ultimi due album di Ruben Minuto (tra Southern, Country-Rock e Old Time Country) ed ex promoter con lo pseudonimo di Curtis Loew, Crippa esordisce oggi con questo Paris Airport ’77, opera prima in cui compare come singer-songwriter e leader/fondatore di una formazione nuova di pacca, ma composta da vecchie volpi, con alle spalle una lunga esperienza sia live che in studio.
Oltre al titolare del progetto (voce e chitarra), i Tautologists, infatti, sono composti da Ruben Minuto, sodale di lunga data, qui al basso, ai cori, al mandolino e, occasionalmente, alla chitarra elettrica, Leandro Diana, alla chitarra elettrica, Deneb Bucella, alla batteria (Jazz Lab Orchestra, Nation of Giants, Goodwines), e tre ospiti di prestigio quali il pianista Riccardo Maccabruni, Lele Ledda aka ZOWA, che apporta l’intera base di programming che conduce verso l’inattesa incursione nell’elettronica di "Winter Heights & My Falldown" e Marcello Cosenza, alla chitarra elettrica nella conclusiva "From Dawn Till Late".
Con un parterre de roi di questo livello è del tutto scontato il risultato finale di un disco che conquista dalla prima all’ultima traccia, per la gioia di tutti gli appassionati di un certo rock americano che si tiene ben lontano da stereotipi mainstream. Registrato dal 7 al 11 giugno 2023 a Buccinasco (MI) presso i RecLab Studios di Larsen Premoli, ottimamente coadiuvato da Mirko Ripoldi, Paris Airport '77 è composto da ben quattordici tracce per un minutaggio consistente, che supera l’ora di ascolto. Eppure, nonostante la lunghezza della scaletta, il disco fila via che è un piacere, solido come un concept album, ma estremamente vario nella sua espressività artistica, attraverso la quale Crippa declina con accenti diversi un suono americano che mai paga debito a frusti copia incolla.
Merito di un filotto di canzoni ottime, ma anche di una produzione al velluto, equilibrata, mai sopra le righe, ma non per questo meno verace e intensa. E la forza del disco sta proprio nel perfetto equilibrio fra il collante di un suono omogeneo e coerente e la grande varietà musicale di una proposta che, pur in un macrocosmo ben delineato (gli Stati Uniti, il rock, il country, etc.), non dà mai punti di riferimento certi.
In un panorama musicale così rigoglioso e ricco di spunti, ogni brano meriterebbe una citazione a sé stante, ma per motivi di spazio mi limiterò a creare qualche suggestione, lasciando poi all’ascoltatore approfondire un disco che non mostra punti deboli.
La title track apre le danze ed è un ottimo biglietto da visita per il resto della scaletta: band tecnica e affiatata, melodia implacabile e un andamento imprevedibile, in cui posso cogliersi echi prog e ammiccamenti jazzy. Come si diceva, però, pur nella sua evidente unitarietà, il disco cambia spesso registro, proseguendo con "Dreams Become Promises", che richiama alla mente l’americana sghemba e screziata di pop dei Wilco, e con il mood più intimo e trasognato di "Things…From The Speel (Part. 1)".
Sono tante le frecce all’arco di Crippa e tutte scagliate con grande precisione: il tiro dritto e diretto del rock di "Same Old Youngster", il mood ombroso dell’epica di "Is It All That I Learnt", l’inaspettato abito elettronico che veste la scorbutica "Winter Heights & My Falldowns", portandola a lambire i confini del post punk, e il classicismo di "There Was A Time", sofisticata ballata persa nel cuore della notte.
Paris Airport ’77 è esordio coi fiocchi, un disco in cui è evidente la grande passione che anima il songwriting di Crippa, ma anche quella preparazione filologica e quella perizia tecnica (avercene di band così in Italia), senza le quali anche belle idee non riuscirebbero a trovare compiuta realizzazione. In questo debutto, invece, ogni canzone conquista, e l’ora abbondante di ascolto scorre rapida e suggestiva, creando quella dipendenza che spinge a rimettere il cd nel lettore per un altro giro di giostra.