Come è noto, io sono privo di ogni autorità per scrivere di Mario Schifano.
Del resto ho, appunto, dichiarato che Stefano Tamburini è più grande di lui: Tamburini dissentirebbe.
Se vi dicono che Schifano era[1] bello: non è vero.
Basta vedere le sue immagini degli scorsi anni ‘60 e compararle con quelle di Keith Richards o di Mick Jagger, talune addirittura raccolte da Schifano. Nessuno dei tre era un adone però il rock ‘n’roll painter (ma anche molto altro) proprio non aveva nulla che lo potesse definire entro i canoni (classici e non) della estetica maschile.
Del resto le dame Anita Pallenberg e Marianne Faithful hanno, nel loro insieme, avuto tutti loro tre[2] come eroi e fidanzati, quindi contava il fascino e non altro.
Acromi o monocromi? Va beh anche Piero Manzoni e Fontana che però sono famosi per ben altro: rispettivamente “merde” e “tagli”, in massima sintesi.
Ci sono pero tutti “quei futurismi rivisitati” schifaniani che davvero sono ammiccanti e ... futuristi.
Non a caso quella stessa foto impiegata dall’artista fu la base per i quattro (come quelli di Métal Hurlant) di Frigidaire e se Schifano piaceva al genio Tambura, non discuto il fatto che piaccia anche a me.
Perché Schifano volava come un aereo da caccia sotto i radar: egli era artista, ma ancora da strada (come Pier Paolo Pasolini?) anche quando ormai aveva un successo solido e ancora giovane nelle tecniche.
La pittura debord(a) dalla tela per invadere le cornici.
Stelle e palme? Se volete.
Immagini strappate al tubo catodico, luride nel colore (anche se negli scorsi anni ’80 le immagini pornografiche irradiate dalle emittenti televisive locali sono luride sì, ma in bianco e nero e di piccolo formato per quasi tutti).
Droga? Sì, e anche il tono lagnoso nella voce dell’artista tradisce quel consumo, a parte le sue disavventure giudiziarie al riguardo.
Meglio sorridere sulla sua ricetta della bistecca “alla Baudelaire”, allora.
“Schifano ha creato almeno 40.000 opere ma molte migliaia sono false”[3]. È uno dei “si dice” più diffusi: d’altronde, esiste un Archivio Mario Schifano creato nel 2005, che fa capo agli eredi, e una Fondazione MS (da cui uscì nel 2003 la vedova) - che fare?
Se mai potessi permettermi una sua tela[4] mi rivolgerei solo alla galleria di Gio’ Marconi, porto sicuro.
I cataloghi delle sue mostre diventano rari presto, o se si preferisce restano per poco tempo nel limbo dei remainder.
Una buona partenza possono essere quelli delle due mostre schiena a schiena non troppi anni fa proposte dal citato Studio Marconi di Milano.
Non vi basta? Cercate il DVD Schifano Tutto (in effetti quasi essenziale) e la biografia (senza riferimenti precisi[5]) del 2012 di Luca Ronchi Mario Schifano (potete evitare la inutile e brutta “Nota” che la apre, stupisce perché è scritta da Achille Bonito Oliva) e, se proprio volete esagerare, provate a trovare la riedizione in CD del raro album Le stelle di Mario Schifano.
Comunque era un signore: pagare una pelliccia per la propria “donna” con un disegno non è da tutti.
Ah e poi c’e la storia della sua Rolls-Royce[6] “prestata” ed utilizzata da altri anche come mezzo per far espatriare dei sospettati di atti terroristici[7], o che egli usava sì, ma vergognandosi un po’.
Insomma, non vi annoierete a scoprire la vita, oltre alle opere, di Schifano.
[1] Nato a Homs (allora Libia Italiana) il 20 settembre 1934 e morto d’infarto a Roma il 26 gennaio 1998.
[2] Schifano filma Jagger che canta “Street Fighting Man” - prima canale destro, poi canale sinistro, le corde delle elettriche quasi lasche, i tamburi che rivelano l’anima jazz di Charlie Watts, la voce una prece inascoltata: puro champagne molotov.
[3] I numeri cambiano oscillano, per un certo periodo si parlava di 2.000 autentici su 10.000.
[4] Dopo un multiplo di Francis Bacon e una Merda d’Artista di Piero Manzoni, contemporaneamente a un Robert Malaval.
[5] Basta Internet per quello? No non basta è confuso anche il mondo della Rete.
[6] Comprata dopo aver venduto quadri a un gallerista elvetico (Marcello Secci), incerta la datazione dell’acquisto dell’auto: 1973 o 1974? Oppure già il successo gli aveva procurato forti incassi?
[7] Oreste Scalzone si sarebbe “servito della Rolls Royce del pittore Mario Schifano, grande finanziatore di Pot[ere] op[eraio], per far espatriare nel 1973 Marino Clavo e Manlio Grillo, ricercati per l'assassinio dei fratelli Mattei”. Questa citazione circola in diverse pagine Internet, ovviamente resta la questione dell’anno.