Sebbene il nome di Eric McFadden, dalle nostre parti, sia conosciuto solo da uno sparuto gruppo di attenti appassionati di musica blues, negli Stati Uniti (e non solo) questo chitarrista e songwriter cinquantaduenne è considerato un maestro dello strumento e un apprezzatissimo sessionista.
Basterebbe dare una rapida lettura al suo curriculum, per rendersi conto della statura del personaggio. McFadden, infatti, da giovane ha studiato chitarra jazz e flamenco, negli anni ’90 ha militato negli Angry Babies, band di punk/rock e heavy metal, e poi come chitarrista e cantante nei Liar; parallelamente alla propria carriera solista, iniziata nella seconda metà di quel decennio, ha fondato con il bassista dei Widespread Panic, Dave Schools, la rock band degli Stockholm Syndrome, ha suonato per tre anni nei Parlamient Funkadelic di George Clinton, ha accompagnato in concerto Eric Burdon e ha collaborato con un’infinità di artisti di prima grandezza: Les Claypool, Joe Strummer, The Reverend Horton Heat, The Coup, Galactic, Keb Mo, Bernie Worrell, Pat MacDonald, Fishbone, Widespread Panic, Jackson Browne, Nels Cline e Mike Watt.
Tutte esperienze che, nel tempo, hanno arricchito la sua musica di nuove sfumature che, ovviamente, confluiscono anche in questo bellissimo Pain By Numbers, variopinto affresco che miscela con sapienza la materia prima del blues, con elementi di hard rock, avant funk, latina e gospel. Il risultato è un disco vario e assai divertente, connotato dalla voce roca e potente di McFadden, e dalla sua chitarra, sia elettrica (prevalentemente) che acustica, con cui il nostro si cimenta in grandi assoli, gestiti tutti con tecnica sopraffina e senza inutile dispendio di note.
Prodotto dal grande bluesman Tab Benoit (che presta anche la propria chitarra e suona l’organo in qualche brano) e corroborato dalla presenza di una solidissima sezione ritmica (Doug Wimbish al basso e Terence Higgins alla batteria), Pain By Numbers si apre con While You Was Gone, un heavy blues che chiarisce subito il senso della copertina: quando c’è da mostrare i muscoli, Mc Fadden non si tira certo indietro.
Se la successiva Love Come Rescue Me, apre alla melodia e si screzia di tinte soul-gospel, The Girl Has Changed ripropone i sapori speziati di un rockaccio trainato da un riff di derivazione stonesiana.
La superba Skeleton Key picchia duro con un altro heavy blues che si apre a un lungo, arroventato assolo, che mostra tutte le doti di McFadden: non tantissime note suonate, ma tutte necessarie ed esaltate da un tocco ficcante, appassionato e preciso. Se So Hard To Blues, è un lentone elettrico in quota Gary More, If I Die Today spinge il blues in un’anfetaminica corsa alla North Mississippi Allstars, e Don’t You Wanna Live ricorda i fasti del Ben Harper più rock, Mc Fadden si gioca ottime carte anche quando abbassa il volume dell’amplificatore. Il passo cadenzato di Fool Your Heart pesca un ritornello di facilissima presa, mentre il fingerpicking di I Never Listened Too Good ci trasportata in una dimensione acustica dalle assolate atmosfere desertiche.
Chiude la strumentale Cactus Juice, lungo brano dalle sonorità latine, in cui McFadden dà sfoggio di tutta la sua straordinaria tecnica. Una canzone, questa, che stona un poco con il corpus della scaletta, ma che nulla toglie alla sostanza di un disco che farà godere tutti gli appassionati della chitarra elettrica e del blues.