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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
06/11/2023
Jean-Michel Jarre
Oxygène
Oltrepassata la metà degli anni Settanta, in piena esplosione punk, ecco "Oxygène", la prima commistione a livello internazionale tra tecnologia d’avanguardia e melodie futuriste che non si può fare a meno di canticchiare. Un disco rivoluzionario senza il quale, molto probabilmente, Howard Jones, Enya e Moby non avrebbero conosciuto lo splendore del successo.

Quando Beethoven, oltre due secoli fa, definì la musica “terra elettrica in cui vive lo spirito”, ovviamente niente lasciava presagire l’avvento della musica elettronica. Le parole del compositore tedesco costituiscono una sorta di preveggenza: l’elettricità era giunta alla ribalta proprio a metà Settecento per merito degli esperimenti di Franklin e veniva vista al pari di una forza misteriosa, un’energia invisibile, impalpabile, ma allo stesso tempo terrificante e potente. Il giovane Ludwig vedeva questa nuova scoperta come metafora del rapporto tra spirito e materia, tra arte e scienza, e viveva l’impulso di dare espressione alla bellezza di tali verità complementari e non opposte attraverso il suono, alla sua capacità di toccare l’anima e aprire sentieri inesplorati.

Tanto tempo dopo Jean-Michele Jarre, classe 1948, si approccia alla musica allo stesso modo, coniugando la tecnologia più recente a melodie d’avanguardia e concependola come sinonimo di libertà, fuga ed evasione, continuando a elaborare i suoni senza un limite. La creazione di Oxygène è avvenuta attraverso la ricerca di nuovi dogmi, di diverse situazioni senza un riferimento, sperimentando senza porsi domande, esplorando strumenti che non conosceva con l’innocenza e la curiosità di un bambino.

 

Jarre fa largo uso del VCS3 (prodotto dalla EMS), il suo primo sintetizzatore, strumento di cui si innamora per la possibilità di creare suoni caldi ed eterei con un ingombro minore, date le più modeste dimensioni, e costruisce un album che cambia i connotati all’immagine di quel genere, all’epoca dominato dalla genialità algida dei Kraftwerk e dei capiscuola Tangerine Dream. Il segreto di Oxygène sta tutto lì, alcuni sintetizzatori analogici utilizzati con sapienza e l’aggiunta di Mellotron e Farfisa; ecco determinarsi un suono innovativo, fluido, cosmico grazie a un’elettronica con un cuore. Così il terzo lavoro del musicista nato a Lione diventa un successo internazionale: se il primo album è troppo sperimentale, non avendo una precisa direzione, e il secondo risulta effettivamente essere semplicemente la soundtrack del film con Alain Delon “La mia legge”, la nuova opera si può classificare a livello di concept, si concentra in sei brani straordinari senza interruzioni, senza titoli e fa la storia.

Jarre registra il disco in uno studio di fortuna, allestito nel suo appartamento di Parigi. Viene pubblicato a dicembre 1976 in Francia (ove raggiunge il primo posto in classifica), distribuito nel resto del mondo l’anno successivo e supportato da due singoli “Oxygène (Part II)" e “Oxygène (Part IV)”, con quest’ultimo, chiaramente ispirato dallo strumentale “Popcorn” di Gershon Kingsley, che presto diventa un hit indimenticabile, un vero evergreen. La canzone viene trasmessa ininterrottamente dalle più importanti stazioni radiofoniche del suo paese natale e del Regno Unito e, nel tempo, diventa sigla e tema di svariati programmi televisivi europei.

Echi, riverberi e vari effetti sonori vengono usati con grande libertà dal musicista, alla ricerca dei rumori dell’universo, per evocare la natura, i versi degli animali, le onde del mare, e per mettere in risalto le questioni ambientali, facendolo antesignano di problematiche molto attuali, purtroppo, in questo frangente. Anche la copertina del disco è emblematica, con un teschio all’interno di una Terra smembrata, simbolo della preoccupazione per le sorti del pianeta. Si tratta di un acquerello, intitolato proprio Oxygène, del pittore Michel Granger, coinvolto nel progetto per adattarlo alla forma quadrata di un LP.

 

Visionario e sempre all’avanguardia, il poliedrico Jean-Michel Jarre ottiene un notevole riscontro pure con il successivo Équinoxe (1978), ma va perdendo via via quella carica di novità e ispirazione che aveva contraddistinto i primi successi. Si ricordano comunque altre opere interessanti del calibro di En Attendant Cousteau (1990) e il fresco Oxymore, realizzato l’anno scorso e sempre molto innovativo dal punto di vista sonoro. La sua instancabile attività live lascia il solco anche nel Guinness dei primati per i più grandi concerti della storia, come quello tenuto a Mosca nel 1997.

Russia e Cina sono due luoghi in cui si è esibito senza mai pensare, diversamente da altri artisti, a un boicottaggio, ma puntando a proporre, usando proprio le sue stesse parole, in questi e altri Paesi percepiti come poco democratici, “la cultura come cavallo di troia per denunciare il dolore della frustrazione di questa gente”. Jarre rimane piuttosto ottimista pure per il futuro della musica: non solo realizza nel 2015 e 2016 due lavori ove figurano gruppi e artisti storici dell’elettronica insieme ad altri emergenti, fra cui Tangerine Dream, Massive Attack, Moby e Rone, ma si dichiara fiducioso riguardo all’evoluzione del mondo discografico.

«Da almeno vent’anni lo showbiz la music industry sono mutate per tutti. Tuttavia, generazione dopo generazione, gli artisti hanno sempre trovato e creato il modo per stravolgere il sistema alla ricerca di soluzioni per sopravvivere, anche se negli ultimi tempi è stato davvero arduo». Tratto da un’intervista per Wired.it

E a dimostrare la sua continua connessione con le problematiche ambientali e la voglia di continuare a suonare, il Maestro tornerà a esibirsi dal vivo, a Bratislava, a maggio 2024, nell'ambito del festival Starmus (kermesse focalizzata sul futuro del nostro pianeta), ideato dell'astronomo Garik Israeli e da Brian May una quindicina di anni fa. Mitico.