Il combo di Bordeaux, dopo i due precedenti album Go fuzz yourself e Fuzzed and confused (titolo che omaggiava chi sapete voi), torna a noi con il terzo album Outta Time, tutti incisi per la label tedesca Soundflat specializzata nella musica sixties revival.
La stessa titolazione dei precedenti album, dove la parola fuzz la troviamo sempre indicata, permette al lettore minimamente attrezzato, di immediatamente comprendere l’amore musicale di questo gruppo transalpino.
La miscela “esplosiva” del gruppo capitanato dalla vocalist Lubna Bangs è sempre quella degli innamorati persi del garage punk: sulla base di un riff di organo troviamo un drive batteria basso su cui, come panna montata, si effonde un fuzz chitarristico “muovi bacino”.
Dieci pezzi (per una trentina di minuti scarsi) di cui nove originali ed una cover “Can it be” dei The Savoy per ricordarci come questa musica sia, mi si passi il paragone culinario, un must della cucina italica come la “pastasciutta”: gli ingredienti sono sempre gli stessi, ma chi, ancora adesso, dopo decenni di pranzi ritiene che questa pietanza sia passata di moda?
Quindi Ready, steady go e via con il primo pezzo: “I can’t get enough of your love”, dove il giro di chitarra iniziale, a cui si unisce l’organo, anche grazie al cantato raddoppiato dai cori ci riporta indietro nel tempo, ovvero nei mid sixties, così ben rappresentati dall’assolo chitarristico posto nell’intermezzo, per poi riproiettarci verso l’incalzante finale.
Subito dopo, il drumming iniziale, anche in questo caso, viene affiancato da un organo tagliente e l’aria si riempe di chitarrismo fuzz, per aprirsi al ritornello immediatamente catturante di “Gonna be a change”. Ennesimo brano super orecchiabile risulta essere “Out of Tyme”, dove, anche in questo caso, l’organo della vocalist la fa da padrone.
La miscela di garage, ruvido R&B, e ritornello orecchiabile si ripresenta con “Don’t need your Lovin’”, che ci conduce verso la fine dell’album con “Why” con il suo giro di basso ribattuto da batteria e organo, diventa uno stomp billy coinvolgente.
L’album si chiude con “Monsters” dove il cantato si fa più “sguaiato” ed il suono si intensifica avvicinandosi a sonorità fine sessanta-inizio settanta, con l’ostinato finale che si pone quale “pietra tombale” dell’album.
Ecco se dovessi indicare una particolarità del combo francese penso che la stessa possa, come sopra richiamato, individuarsi in questa attitudine “stomp”, ovvero quello che nella musica jazz (ed anche popolare) statunitense viene a definire una melodia o una canzone con un ritmo veloce ed un beat serrato.
In sintesi: un disco che si dovrebbe comprare solo per la fantastica copertina, ma il cui contenuto, pari alla stessa, ci ricorda perché il garage punk rimane sempre un “evergreen”.
Per gli appassionati e non solo, del rock più viscerale, caldo ed emozionante, un ascolto doveroso.