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REVIEWSLE RECENSIONI
07/04/2021
Unruly Child
Our Glass House
Maestri indiscussi dell'Aor, gli Unruly Child tornano con un disco di grandi canzoni, che declinano il genere con tocchi di modernità

Quando, nel 1992, gli Unruly Child arrivarono sul mercato, il movimento AOR aveva già vissuto la sua stagione migliore, ed era stritolato, ormai, dalla morsa letale delle sonorità provenienti da Seattle. Un inizio in sordina, una navigazione a vista, con un paio d’album pubblicati in quel decennio, e poi, tra iati e cambi di line up, altri due nel nuovo millennio, fino all’assestamento definitivo avvenuto nel 2010 con Marcie Free (voce), Bruce Gowdy (chitarra), Guy Allison(tastiere), Jay Schellen (batteria) e Larry Antonino (basso).

Da questo momento, inizia per gli Unruly Child una seconda, e più convincete, parte di carriera, con cinque dischi pubblicati in dieci anni, uno sguardo tenacemente rivolto agli anni d’oro dell’Aor e la capacità di ritagliarsi uno spazio importante nel movimento con canzoni di rock melodico eleganti e di gran classe.

Il nuovo Our Glass House è il naturale successore di Big Blue World del 2019, un disco che continua a rivisitare l’AOR degli anni '80, mantenendo integri quegli elementi distintivi che mandano in sollucchero i fan della prima ora, riuscendo però anche ad arricchire e modernizzare la proposta per adattarla quel tanto che basta ai gusti e al suono di questi anni. Ne consegue che la maggior parte dei brani risultano al contempo filologicamente corretti e stilisticamente audaci, grazie ad arrangiamenti meno prevedibili di quanto ci si sarebbe potuto aspettare.

L’album parte alla grande con il singolo Poison Ivy, gagliardo opener che rimarca lo stile inconfondibile della band, grazie a quel riff di chitarra così famigliare e così dannatamente intrigante. Se Say What You Want deraglia, sgommando, in confini più contigui all’ hard rock, la sognante Glass House getta sul piatto la carta vincente di splendide armonie ad alto impatto emotivo, levigate dalla voce di Mark Free, che nonostante la veneranda età (sono sessantasette ad aprile), non ha perso un briciolo dello smalto del tempo.

Una scaletta che cresce di canzone in canzone: Everyone Loves You Whan Your Dead è una di quelle grandi canzoni rock a cui basta un gancio melodico memorabile per colpire nel segno, così come le suntuose Freedom Is A Fight (un brano che riflette sulle certezze della gioventù che si sgretolano con l’età adulta) e l’impetuosa The Wooden Monster, due episodi così generosamente orecchiabili, che in un mondo più giusto intaserebbero l’airplay radiofonico di mezzo mondo senza soluzione di continuità.

Se questo è il genere che amate, probabilmente già conoscete la caratura di questa band e saprete esattamente cosa aspettarvi da Our Glass House. A tutti gli altri, consiglierei di farsi un giro sulla giostra degli Unruly Child: male, di certo, non fa, e magari potreste perdere la testa per un gruppo che mastica il vecchio Aor con autorevolezza e modernità invidiabili.


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