Diciamolo subito, dietro al fatto che Order In Decline è un gran bell’album c’è anzitutto un fatto: questo disco è senza dubbio il più pesante e aggressivo che Sum 41 abbiano mai realizzato fino ad oggi.
Dopo 23 anni che la band esiste, dopo diversi cambi di formazione, abbandoni e ritorni, dopo 6 album che hanno toccato le più diverse sfumature (dal punk rock di All Killer No Filler e Does This Look Infected?, di cui ogni adolescente targato anni ‘90 conosce almeno qualche canzone, alle influenze metal, rock e pop-punk dei successivi), i 5 canadesi di Ajax, Ontario, hanno deciso di tirare fuori gli attributi e di farci vedere di cosa sono capaci.
Order in Decline è nato durante i tre inarrestabili anni di tour per il precedente 13 Voices, pubblicato alla fine del 2016, dove il frontman Deryck Whibley ha raccolto idee, suggestioni, spunti e riflessioni. Tempo di tornare a casa e in tre settimane la musica era stata tutta scritta, prodotta, registrata e mixata da lui, nel suo studio di casa.
Quali testi abbinarci? Dopo anni in giro per il mondo osservando persone, divisioni, odio e tumulti, spesso fomentati dalla stessa politica, i contenuti non potevano che avere un respiro sociale. Ma Deryck non voleva fare politica, voleva riuscire a scrivere ed esprimere i suoi sentimenti per tutto ciò che vedeva accadere nel mondo in maniera onesta e filtrata attraverso la sua prospettiva, quasi a chiarire a se stesso tutto quello che aveva avuto modo di assimilare negli ultimi anni. E questo ha fatto.
In soli 36 minuti, i Sum 41 hanno sintetizzato 10 tracce di puro punk rock, con passaggi metallici e strizzate d’occhio al buon rock e al punk-hardcore, dove ogni canzone è piena zeppa di riff e assoli e dove lo shredding fa la parte del leone. Certo, l’orecchio attento alle sonorità del momento c’è - e non poco - ma lo stile, i modi, la competenza tecnica e di produzione e il tiro dell’album sono di livello. Sostanzialmente un degno successore di Chuck (2004), ma più spavaldo, aggressivo, compatto e attento ai dettagli. Order In Decline non si ferma per ballate o inutili intermezzi, ti pettina una canzone dopo l’altra, cavalcando lungo dorsali di adrenalina senza fine, facendoti pensare che se questi sono per davvero i Sum 41, forse dovresti ricrederti e incrociare le dita affinché duri.
"Turning Away" (brano di apertura) e la successiva “Out For Blood” (primo singolo dell’album) mettono subito in chiaro la situazione, facendo capire quanto i Sum 41 abbiano finalmente capito come gestire al meglio le loro capacità, dosando al meglio ritmi, tempi, melodie, aggressività, la tecnica sopraffina di Dave Baksh alla chitarra e l’ottima batteria di Frank Zummo.
Con “The New Sensation” c’è invece modo di stupirsi, ma questa volta per le influenze che si respirano: pesantemente à la Muse, con degli intercalari subdoli e uno scream verso la seconda metà della traccia. “A Death In The Family” continua il galoppo adrenalinico con equilibrio e maestria, dove lo stupore, questa volta, è tutto per l’assolo di Dave, messo proprio al momento giusto, mentre con “Heads Will Roll” la sorpresa è nell’inizio rockeggiante, che farebbe schioccare le dita e tamburellare le mani anche all’ascoltatore più distratto, portando le influenze che si possono percepire più verso il rock dei Royal Blood.
“45 (A Matter of Time)” è invece la sesta traccia in cui non si rallenta il ritmo nemmeno per un attimo, che si scaglia furiosa contro il Presidente Trump e, tornando al punk-hardcore, regala uno dei pezzi più aggressivi di Order In Decline.
Si deve arrivare quindi alla settima traccia dell’album, “Never There”, per sentire la prima e unica ballata presente, una di quelle canzoni che possono sciogliere gli animi e fatta con il cuore, che Deryck dedica a tutti i genitori single, portando l’esempio del grande amore e della grande ammirazione che prova per la forza di sua madre, che l’ha cresciuto da sola riuscendo a non fargli mai mancare nulla.
Le lacrime però si asciugano quasi subito, perché la doppietta successiva, composta da “Eat You Alive” e “The People Vs…” tornano decisamente a pompare punk hardcore come nelle migliori tradizioni californiane di Bad Religion, Offsping e Pennywise. Il saluto finale è lasciato invece nelle mani di “Catching Fire”, dove si respirano Green Day a pieni polmoni, e l’atmosfera si fa più emotiva, lasciando che la pressione del sangue nelle vene torni a livelli normali, preparandoci ad arrivare alla fine del viaggio, anche solo per schiacciare di nuovo play.
Order In Decline è forse uno dei migliori album della carriera dei Sum 41, e sicuramente il più lucido, preciso e diretto. Forse ve ne innamorerete, forse vi stupirete o forse, nonostante tutto, vi lascerà comunque indifferenti, ma una cosa è certa: almeno un ascolto lo merita. E, se avrò ragione, vedrete che non gliene concederete solo uno.