Cerca

logo
RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
27/12/2017
Tool
Opiate
Sei brani in tutto (quattro da studio e due dal vivo, più una hidden track intitolata The Gaping Of Lotus Experience) in cui grunge, grindcore, trash si fondono in atmosfere cupe, angosciose, a tratti brutalmente feroci, che già però contengono in nuce la complessità di certe trame musicali che guardano al rock – progressive

Non sono ancora i Tool che cambieranno per sempre la storia del metal, né sono quelli che negli States venderanno mezzo milione di copie in una settimana con Lateralus (2001), arrivando incredibilmente al primo posto in classifica (quante volte è successo a un disco metal?). Questi sono i Tool come mamma li ha fatti, al loro esordio nel mondo discografico, prima che il Lollapalooza Tour del 1993 e il primo full lenght (Undertow, sempre 1993) li consacrino come una delle band più innovative degli anni’90. Nati sulle generi del grunge, di cui Opiate (titolo mutuato dalla massima marxiana “La religione è l’oppio dei popoli”), Ep datato 1992, porta ancora i segni, i Tool offrono fin da subito un antipasto consistente di ciò che sapranno fare in futuro. Non un capolavoro (il percorso che intraprenderanno non è ancora ben definito), ma un’opera prima di tutto rispetto, acerba, è vero, ma già così originale da attrarre l’attenzione del grande pubblico e soprattutto della critica specializzata, che di lì a breve (con Aenima, del 1996) porterà in palmo di mano l’alt metal avanguardistico e sperimentale della band losangelina. Sei brani in tutto (quattro da studio e due dal vivo, più una hidden track intitolata The Gaping Of Lotus Experience) in cui grunge, grindcore, trash si fondono in atmosfere cupe, angosciose, a tratti brutalmente feroci, che già però contengono in nuce la complessità di certe trame musicali che guardano al rock – progressive (il produttore di Aenima sarà Dave Bottril che aveva lavorato con i King Crimson e Peter Gabriel). Riff pesantissimi, progressioni rumorose, tempi dispari, una sezioni ritmica assassina (la doppia cassa di Danny Carey e il basso geometrico di Paul D’Amour, che lascerà la band prima della consacrazione definitiva), la chitarra ossianica di Adam Jones e soprattutto il canto multiforme, potente e messianico del leader Maynard James Keenan, sono gli ingredienti di un disco che dispensa ferocia, intelligenza e avvincenti, quanto oblique, soluzioni melodiche (la title track). Jerk- Off è il vertice dell’Ep, il primo vero classico della band, una deflagrazione di precisione matematica che colpisce esattamente il bersaglio, consegnando i Tool a una leggendaria carriera. In seguito, ci saranno cose migliori, ma questo esordio vale la pena di essere riscoperto per comprendere come nacquero le trame sibilline e il lungimirante ibrido musicale che ha caratterizzato il suono metal (?) di una delle band più originali del pianeta.