Sedici anni dopo We Shall Overcome: The Seeger Sessions, Bruce Springsteen torna con un nuovo disco di cover, questa volta dedicato a grandi classici soul e r’n’b. E come per il tributo a Pete Seeger, il primo pensiero è che questa sia stata una scelta dettata dall’amore per le proprie radici, per quella musica che da sempre fa parte del dna del Boss. Basta, infatti, spulciare fra la sua discografia live, ufficiale e non, per rendersi conto di quante volte questo genere abbia trovato spazio nelle infinite scalette di Springsteen. Perché questa è la musica della sua giovinezza, sono le canzoni con cui è cresciuto, è il suono più strettamente imparentato con la sua idea di rock’n’roll. D’altra parte la musica soul, come genere, è da sempre la più adatta a parlare il linguaggio dell’amore, della passione e degli struggimenti che ne derivano, e si sposa alla perfezione con la veracità di un musicista che ha sempre raccontato, affrontandole di petto, le emozioni, le sofferenze della vita di tutti i giorni, e quelle esistenze di piccolo cabotaggio di eroi del quotidiano, i cui patimenti si identificano col soul quasi per antonomasia.
Come dicevamo, nel corso della sua carriera, l'affetto di Springsteen per questo genere è sempre stato evidente e gran parte del suo approccio musicale e vocale è stato forgiato sulle qualità distintive della musica nera d’antan. Considerato tutto questo, la sua scelta non sorprende più di tanto, come non sorprende la qualità di un disco, il ventunesimo della sua carriera, che trabocca passione.
Only The Strong Survive è un progetto nato da un grande amore, è una raccolta di lettere di ringraziamento spedite a ritroso nel tempo per omaggiare artisti che sono stati fondamentali nella formazione musicale di Springsteen, e che, troppo spesso, sono stati dimenticati, vivi solo nella memoria e nella discografia di qualche appassionato. In Tal senso, Only The Strong Survive, al netto della sua cristallina bellezza, è un disco volutamente divulgativo, l’invito ai fan e, soprattutto, alle nuove generazioni, di tornare a scoprire autentiche gemme, che meritano una sorte migliore dell’oblio.
C’è eleganza e classe infinita, in queste riletture, e un tocco di consapevole ironia nella mise en place che replica lo stile e i colori di quei gloriosi anni (i video, il packaging del supporto, e quel mezzo sorriso beffardo sulla copertina, che sembra dire: “guardate un po’ cosa vi ho combinato!”); ma, come da sua abitudine, quando si tratta di eseguire cover di canzoni di altri artisti, Springsteen non cerca mai di imitare pedissequamente gli originali, prova, semmai, a onorare i brani dandogli una nuova incarnazione. Nessun manierismo, dunque: il Boss maneggia le quindici canzoni in scaletta con rispetto filologico, ma vestendole con i propri abiti di scena, e con quel timbro vocale inconfondibile, capace al contempo di scartavetrare i passaggi più morbidi e di sfiorare l’anima con il calore di languide carezze.
Ciò che colpisce maggiormente, nonostante gli arrangiamenti raffinati (in cabina di regia c’è Ron Aniello, che aveva già messo mano ai precedenti dischi del Boss) è la spontaneità di un’operazione che si gusta dalla prima all’ultima nota: è palpabile un diffuso senso di dolce nostalgia e, al contempo, la forza dirompente di una coralità divertita, quello stare sugli strumenti e sul microfono con il sorriso sulle labbra e un traboccante entusiasmo nel cuore.
E’ davvero difficile indicare il meglio in un disco in cui ogni episodio brilla di luce propria, ma se proprio bisogna fare una scelta, la title track, "Nightshift" (il brano con cui i Commodores, nel 1985, omaggiavano due mostri sacri quali Marvin Gaye e Jackie Wilson), "The Sun Ain't Gonna Shine Anymore" di Frankie Valli (un brano tanto bello che era davvero difficile rendere ancora più bello), la sbarazzina "Do I Love You (Indeed I Do)" di Frank Wilson e "Don't Play That Song" (portata al successo da Ben E. King e Aretha Franklin) sono riletture a dir poco scintillanti, canzoni che si lasciano il passato alle spalle, per vivere nel presente, hic et nunc, grazie a una nuova, vibrante anima.
Only The Strong Survive è un regalo che un incomparabile maestro della canzone americana fa a se stesso e ai propri fan, è una celebrazione appassionata del potere della musica e della sua capacità di attraversare i decenni senza perdere un briciolo del suo potere catartico, riuscendo a creare una stretta connessione fra diverse generazioni di ascoltatori. Oggi i dischi di cover sono all’ordine del giorno, ma non è così scontato riuscire a reinterpretare brani altrui, facendoli propri. Con così tanto entusiasmo, con così tanta affettuosa cura. Quindi, lasciate perdere le stupidaggini che ascolterete dalla bocca dei detrattori del Boss, quelli che ne parlano male a prescindere, per supponente snobismo e ignoranza. Abbandonatevi, invece, a questo disco e a tutta l’allegria che porta: è già Natale, e sotto l’albero troverete un dono bellissimo.