In Glorious Daze: drone di sitar, interludio minimo di Rohdes stile Riders Of The Storm, gocce di rugiada heavy ed Hammond spianato a guerra; appena 5 minuti, c’è già tutto.
One With The Universe è la colonna sonora per un’invasione di alieni zombie catapultati nelle foreste del Vietnam quando a Khe Sanh si decidevano le sorti della guerra. Se Kilgore li avesse avuti in cassetta durante l’attacco alla foce del Mekong, nessuno si ricorderebbe di Wagner.
I Samsara si confermano davvero il meglio custodito segreto dello psycho stoner europeo, genere che nelle loro mani perde ogni stereotipia da biker barbuti e teschi uncinati e trasfigura in un heavy raga apocalittico, per un Ragnar?k induista in cui cremare le band di Palm Desert assieme alla psichedelia di Happy Trail e all’hard di Machine Head. Dopo le avventure soliste e monasticamente elettroniche del leader Christian Peters, reincarnato nello spettro di un Klaus Schulze DIY nei solisti Moonstruck e The Eremit, il power trio incamera le derive sintetiche di questi due Lp incapsulate in bolle di sintetizzatori analogici immersi nel fragore alcolico di un rock pesante intessuto di riffoni perifrastici ed arabeschi metallici, come già inciso sul granito dell’ultimo Waiting For The Flood. Cinque brani, avventure tortuose in una giungla cambogiana alla fine del fiume; senza annoiare, senza abusare troppo in clichè ritriti ed anzi sfoderando credibili scale indiane tradotte in blues stoner per orfani di Hawkwind e Sleep. E se ai bordoni di sitar si aggiungono quelli di Moog e Hammond, la lunga meditazione della titletrack avviene davvero sul ciglio di macerie illuminate da un’eclissi.