The Haggis Horns sono massicci, il loro sound è così massiccio e compatto che se fosse solido rischieresti di andarci a sbatterci contro. Chi è adepto della chiesa di Mr. Brown, quella che riunisce gli adoratori del funk, conoscerà sicuramente la band britannica, per tutti gli altri, nella speranza che divengano discepoli quanto prima, è d’uopo dare qualche cenno biografico.
The Haggis Horns sono in giro dal 2001, prima come sezione fiati - parteciparono infatti all’album “Keb Darge Presents The New Mastersounds” - e diverranno una band vera e propria nel 2004, ma dovremo arrivare al 2007 per godere del loro primo album, “Hot Damn”.
I componenti della band, in particolare la mirabolante sezione fiati, la migliore del pianeta Terra, la potete ritrovare nei lavori di alcune leggende del soul e non solo. Alcuni nomi? Jamiroquai, John Legend, Amy Winehouse, Adele, Martha Reeves e potrei continuare fino a domani; nel frattempo fatevi un giro sul loro sito e completate l’elenco delle celebrità.
Il nuovo disco degli Haggis Horns, “One of These Days” è bello e sapete perché ? Sono qui in auto a scrivere questa recensione ascoltando l’album a volume sostenuto e a pochi passi ci sono tre vecchietti che conversano animatamente tra loro e senza volere ascoltano gli Haggis Horns e non sembrano infastiditi, anzi, non si sono schiodati di un centimetro. Quindi anche chi non mastica musica black ed è abituato ad Albano e Nilla Pizzi, una dose estemporanea di funk non può fare che bene.
In sostanza, “One of These Days” è bello anche perché, nonostante i recinti del genere, sprigiona gli aromi e le raffinatezze del soul, grazie anche ad una vocalist come Lucinda Slim e a una canzone come “World Gone Crazy” , bellissima, che rigenera l’hip-hop con i versi declamati da Doc Brown, non facendomelo andare di traverso, e atterra in territorio Al Green con la title track che vede John McCullum alla voce, ti fa immaginare di vedere un film con Melvin Van Peebles e Pam Grier in “All Fuzzed Up” (questa la trovate solo su CD, è assente nel vinile) dove per l’appunto una chitarra “fuzz” ti disincrosta il condotto auditivo. Il resto è tutta roba di prima qualità, possente come lo era un colpo allo stomaco di “Smokin’”Joe Frazier.
Insomma, lasciamo stare i santi lassù a fare delle jam tra di loro, non ascoltate i soliti dischi per la trecentesima volta; il funk e il soul sono vivi e finché ci saranno band come The Haggis Horns, vivranno in eterno.