“Il rispetto e la comprensione verso il prossimo e verso la natura sono le sole cose che la gente dovrebbe avere come credo” (A. Ioannone)
Ritrovo gli amici di anni passati, dell’adolescenza… ritrovo la mia città in tutto questo… e la ritrovo dentro le ossa di chi la casa l’ha lasciata per dirigersi verso nuovi orizzonti. Ritrovo poi quel modo gentile di riconoscersi e di avere una preziosa riconoscenza. Ho avuto il piacere e la fortuna di immortalare la loro musica quando non ancora era matura la vera trasformazione… evento che ha impiegato molto poco ad aversi, che ha impiegato davvero un niente a polverizzare i confini - delle volte fin troppo violenti - che una piccola città della provincia italiana sa come imporre all’anima e all’energia delle proprie idee… come fosse un velo grigio di nebbia che copre e soffoca e delle volte, se non hai la forza, cambia le forme a tutte le cose sicure che avevi. I Matinée nascono qui dove la vita scorre lenta e silenziosa e quel mondo mainstream di luci e successi da stadio lo vede passare soltanto alla televisione. Loro invece lo hanno chiuso in valigia questo piccolo centro di provincia a cui tutti noi dobbiamo sempre tutto. Loro lo hanno lasciato dentro le tasche, a portata di mano, da poterlo toccare e poi contemplare ogni qual volta è necessario ricordare a se stessi da dove ogni cosa ha preso origine. E il tempo è un condimento determinante per la costruzione di tutte le cose.
“Event Horizon” è il loro nuovo disco che si presenta con una faccia distopica, con quel fascino di plastica che hanno le belle cose alla moda… ma invece dentro custodisce un suono di carne e di ossa, di ragazzi divenuti artisti figli adottivi di una realtà, quella inglese, che è lontana anni luce dalla nostra piccola alcova di ovatta della piccole città di confine. E quel Tony Doogan alla produzione, lo stesso che ha firmato capolavori come quelli dei Mogwai (tanto per citarne alcuni), o quel certo Julian Corrie dei Franz Ferdinand che ha specificatamente prodotto il brano “Goldfish”, sono solo alcuni dei tratti di una maturità che ha polverizzato questi santi confini di cui parlavo… confini che spesso sono più staccionate di legno sul cuore che legacci di ferro alle caviglie. Il suono inglese, il pop frizzante dalle tinte glamour, ma anche quel surfing sbarazzino che poi in alcuni momenti si scurisce in volto a richiamare anche (e non per poco conto) l’aria rock americana, quella “leggera” e dannata, quella che alla fine se la metti in circolo ti porta a viaggiare con la testa appoggiata al finestrino, scorrendo le industrie di periferia e qualche buon affare di cuore su cui stai consumando dell’alcool. E non a caso questo disco doveva titolarsi “Event Horizon”: un tentativo di evasione, fisico, mentale, spirituale… con un piede sempre oltre e una mano ferma dentro la tasca a tener sicura quella fotografia che ti ricorda sempre, e sottolineo sempre, la ricchezza della nostra piccola alcova d’ovatta. Tutto serve… e tutto è servito.
Parlate di orizzonti, di eventi futuri, lo fate guardando al passato degli anni ’80 e ’90, con il suono, con la scrittura… io partirei proprio da questo concetto che sembra contraddirsi. Un disco che a suo modo si presenta distopico nei contenuti, che cerca di sviare dalla realtà. Perché ricorrere dunque al passato?
Noi facciamo parte della generazione Xennial, siamo i bambini forgiati dagli anni ‘80 cresciuti a pane, Goonies e videogiochi. Il concetto di futuro che abbiamo (e che a nostro avviso non discosta molto dall'attuale realtà) è rimasto lo stesso che ad esempio film come "Ritorno al futuro" o band come i Kraftwerk ci avevano già mostrato. Quindi i nostri brani sono un connubio di modernità e un pizzico di nostalgia di quando eravamo bambini, nostalgia del mondo che era ancora tutto da scoprire e di canzoni che cantavano quel mondo nuovo che si evolveva alla velocità della luce davanti ai nostri occhi affamati. Ecco: eravamo affamati del futuro e a volerlo raccontare, per nessuna ragione al mondo, puoi permetterti di ignorare il passato che lo ha generato. Lo stesso passato che ci ha ispirato.
Dunque in breve, tra citazioni di classici come origini artistiche, tra visioni futuristiche per combattere questo presente, per voi che significato ha il tempo? Domanda difficile… ma il tempo è tutto, non solo per misurare la metrica di una battuta.
Il tempo passa, le mode cambiano, la musica cambia, ma allo stesso tempo ci sono cose, icone e soprattutto canzoni che vincono la sfida di questo santo tempo e per le quali esso diventa solo una cosa relativa: i brani dei Beatles suonano attuali anche dopo oltre 50 anni, ad esempio. In qualche modo cerchiamo di congelarlo il tempo, le canzoni sono come fotografie. Ci proviamo almeno.
L’Italia e il nostro Abruzzo in particolar modo ha dimostrato (e lo dimostra continuamente) come soffocare il genio creativo di tanti. Eppure i Matinée nascono dalla provincia e in qualche misura alla provincia si riferiscono sempre. Anche in quel certo modo di vivere, anche nel video di “Summer Sun” si respira la semplicità della vita ai margini. Sbaglio? Che rapporto avete con la provincia? Che poi negli anni ’90 (da cui forse discende gran parte del vostro suono) erano le province a generare arte ed energia…
L'Abruzzo, partendo dalle montagne innevate in inverno e finendo con le calde spiagge in estate, per noi è un angolo di puro paradiso! Sarebbe un posto ancora migliore dove vivere se solo desse più opportunità lavorative, specie in campo musicale.
La provincia può essere anestetica per alcuni, per noi ha avuto l'effetto diametralmente opposto: negli anni in cui abbiamo iniziato eravamo in primis quattro amici totalmente annoiati, inondati dal britpop dei 90's, e qualcosa è scattato nelle nostre menti. Il trasferimento in UK che ci fu anni dopo fu una cosa totalmente naturale. Le radici abruzzesi però rimangono forti, come quelle della genziana… ripeto: l’evoluzione, le scelte “esterofile”, il cambiamento non può aversi senza tenere bene a mente l’origine di tutto. Perderemmo personalità se ci distaccassimo da quel che siamo. E la nostra meravigliosa provincia è una parte importante di quel che siamo.
Restando sul tema cito un altro grande momento del disco: “So it's enough, this morning. It's an empty place this temple of mourning. You will find yourself outside these walls, do you know where you are?”. Per riconoscervi avete dovuto lasciare la vostra casa e la vostra terra?
Il testo di "Empty" è riferito a qualcosa di più spirituale che materiale: molte religioni nel mondo hanno perpetrato il male più che il bene su questo pianeta in nome delle divinità a loro care. "Empty" è un invito a cercare la nemesi e il giusto modo di vivere in simbiosi con questo mondo dentro se stessi e non dentro un tempio dove ti dicono che sei un peccatore se decidi di vivere la tua vita liberamente. Il rispetto e la comprensione verso il prossimo e verso la natura sono le sole cose che la gente dovrebbe avere come credo.
Voglio battere questo ferro caldo. So bene che per noi è una domanda scontata ma credo sia importante: che legame ha invece la vostra scrittura con le vostre/nostre origini? Con questo non voglio invitarvi a stendere petali preziosi (di circostanza o meno) sulla nostra città… anzi non nominiamola affatto. Con questo voglio proprio conoscere quanto questa città, quanto le nostre origini hanno pesato e continuano a pesare sulla scrittura dei Matinée.
Io (Alf) ho deciso di iniziare a suonare quando Mtv ha fatto la sua comparsa con i primi videoclip, sbattendomi in faccia quanto fossero pazzeschi certi artisti come Bowie & Co. La creatività e la voglia di suonare esplosero in me con la potenza di una bomba nucleare, agli esordi io suonavo in quattro differenti band, tanto per capirci... Mi ritrovai catapultato all'interno di un contesto che non potevo immaginare perché, per quanto piccola la cittadina dai cui provenivano negli anni ‘90, aveva un fermento musicale non indifferente. Le canzoni quindi, almeno dal mio punto di vista e da alcuni testi che ho scritto, affrontano inevitabilmente quel periodo, parlano di storie, di amori, delusioni e rapporti spesso finiti male che ho vissuto sulla mia pelle in questa nostra città… quindi il legame è stretto, inevitabile direi anche. Un po’ come far incontrare quel che eravamo con quel che stiamo diventando, a spasso con la geografia e il tempo.
E come spiegate questa emigrazione verso una cultura (quella inglese) che è abbastanza lontana dalla nostra? Forse siamo più figli di Springsteen e di Dylan che non dei Mogwai o dei Franz Ferdinand… non trovate?
Noi personalmente siamo cresciuti a pane e Beatles, vero che anche l'America ci ha influenzati ma ci rivediamo più nello stile e nel modo di vita europeo, forse. Springsteen puoi capirlo a fondo solo se sei americano… ritengo invece che realtà come Beatles e Pink Floyd siano più, come dire, universali. Il perché si sia finiti da una sponda piuttosto che dall’altra è una chimica biologica che non saprei dirti. Prendiamo dal caso e dalle sue mille combinazioni. Ci siamo trovati così ed il resto è storia che stiamo vivendo.
Torniamo al disco ma restiamo comunque in “America”. Ci ho visto l’America dentro “Satellite”, brano che per me rappresenta un vertice di questo disco. Tra l’altro proprio la pasta sonora e soprattutto il mix di voce sembra scollarsi da tutto il resto del disco. Che ne dite?
"Satellite" è stato il primo brano che abbiamo scritto per questo nuovo disco e quindi l'anello di congiunzione fra il vecchio sound chitarra, chitarra, basso e batteria e l'utilizzo dei synth, la voce prestataci di Pier Ferrantini dei Velvet è la proverbiale ciliegina sulla torta! Sul discorso che suoni americana ci può stare, in fin dei conti tante band europee come i Biffy Clyro hanno sonorità che potremmo definire oltreoceano. Sinceramente non ci avevamo pensato troppo sulla linea artistica… abbiamo lasciato fluire tutto con molta naturalezza ed è forse questo il vero motivo per cui affiorano evidenti tante direzioni e ispirazioni pregresse.
Ora osservo questa copertina pensando ad “Hotel California” e ripenso che al Pink Palace si entrava per giocare a dadi col destino, pensando a come ignorare la realtà (che mi si passi questa violentissima sintesi del brano)… e poi penso che così d’impatto questa vostra copertina richiama quella storica degli Eagles… e poi penso sempre che ci sia un fottuto perché dietro queste cose. Oppure è tutto tremendamente più semplice…
E infatti lo è… e torniamo sempre a quel gran concetto che è l’origine della nostra vita. La copertina del disco strizza l'occhio alla passione per i videogames e al ricordo dell'adolescenza vissuta dalla nostra generazione negli ormai scomparsi Mall Arcade (le sale giochi in Italia), dove fra uno scontro e l'altro a Street Fighter nascevano i primi amori, le prime canzoni e si socializzava come oggi non si fa più, tutto qua. Nostalgia canaglia.
Faccio quasi sempre una domanda d’ufficio prima di chiudere. Parliamo del suono. Questa volta, forse più di prima, è composto, è sintetico, è speziato di mille derive che avete ottenuto più col mix che con la scrittura. E mai come ora avete incontrato il favore di grandi nomi con cui collaborare. Con una domanda d’ufficio mi chiedo come nasce e come si sta evolvendo il suono dei Matinée?
Il suono dei Matinée nasce dalle esperienze fatte in giro per il mondo in questi anni, arricchito dalla collaborazione di artisti/amici come Chris Geddes dei Belle & Sebastian e Julian Corrie dei Franz Ferdinand e cesellato in fine dalle abili mani del nostro produttore Tony Doogan.
La maggior parte degli artisti inglesi che abbiamo conosciuto in questi anni partendo da Carl Barat dei Libertines finendo al nostro grande amico Chris sono tutti molto accessibili e senza manie di grandezza ed è molto bello fare tesoro del loro estro, non finiremo mai di ringraziarli.
Voglio chiudere citandovi: dal vostro punto di vista, lasciando da parte il dramma che stiamo vivendo, dov’è che stiamo andando? Insomma, qual è l’evento che c’è nell’orizzonte di questo prossimo futuro? Citandovi: “So it's enough, this morning. It's an empty place this temple of mourning. You will find yourself outside these walls, do you know where you are?”. “And now we run as fast as we can We're going blind again by city lights”.
I nostri brani sono un invito a guardare oltre, oltre la religione, oltre i soldi, oltre la politica e quel non lasciarsi accecare dalle luci della città deve essere un monito per non perdere la giusta intuizione o la giusta direzione delle cose, della vita stessa. Cosa ci riserva il futuro nessuno può saperlo, ma vivere il presente con la cognizione di come migliorare se stessi e quindi l'ipotetico futuro dovrebbe essere la forma mentis per migliorarsi sempre e per migliorare la simbiosi con questo pianeta, per non dover un domani abbandonarlo a malincuore verso nuovi orizzonti.