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REVIEWSLE RECENSIONI
30/12/2020
La Grazia Obliqua
Oltre EP
In attesa del prossimo full length, un ricco antipasto che ce li restituisce più in salute che mai.

La cosa affascinante de La Grazia Obliqua è che si tratta di uno di quei gruppi che possiede una visione che articola in un concept ampio e coerente, fatto di musica, parole e immagini. Di “Oltre”, l'Ep di quattro pezzi che è l'ideale seguito di “Canzoni per tramonti e albe”, uscito la primavera scorsa, a colpire per prima è la copertina: meno esoterica della precedente ma ugualmente splendida, perfetta nell'evocare quel mistero che c’è dietro le cose, una dimensione che a volte si svela attraverso una “porta socchiusa appena”, come dicono , un po’ “montalianamente” nella title track.

Il contenuto musicale comunque non è da meno. La band prosegue di fatto il discorso iniziato in precedenza, affidandosi agli stessi luoghi (Ghostrack per le registrazioni, Artracks Recordings Studio di Atene e Mother's Eye Studio di Carpi per il missaggio) e alle stesse sonorità, improntate ad una Darkwave che si contamina in maniera molto naturale con sonorità ora Industrial ora più vicine al Folk e al più classico cantautorato italiano.

La title track, che apre il lavoro, è un monolite cadenzato e ieratico, un semplice ed evocativo riff di piano accompagnato da una batteria glaciale, con la voce di Alessandro Bellotta che declama le strofe con la consueta espressività. C’è un break interessante a fungere da ritornello, con la voce di Alessandra Trinity Bersiani a rendere il tutto ancor più solenne.

Poi nella seconda parte entra una cassa dritta, una chitarra massiccia e il brano si sposta in territori più famigliari ai Nine Inch Nails.

Di fatto è l'episodio dove viene fuori al meglio il trademark della Grazia, col suo spaziare in lungo e in largo per diverse sonorità, costruendo canzoni dalla forma cangiante e allo stesso tempo è un ideale ponte col lavoro precedente.

I due restanti inediti, “Resta” e “Piovono pietre” sono in un certo senso meno ambiziose e più lineari. La prima è una ballata con chitarra arpeggiata e un tessuto elettronico notturno e pulsante, con la sola Alessandra Trinity Bersiani ad occuparsi delle parti vocali; la seconda si inserisce nel filone dei primi Diaframma ma l’interpretazione molto intensa di Alessandro sulle strofe richiama in qualche modo i Massimo Volume. C’è un flauto che si staglia nei break strumentali e l'atmosfera è in generale magniloquente, per un brano che, pur meno complesso del consueto, risulta non per questo meno riuscito.

La traccia conclusiva è una loro personale rilettura di “Aspettando l'alba” de Le Orme, ribattezzata “Waiting For The Dawn” e molto più simile ad un brano del collettivo romano piuttosto che del gruppo di Aldo Tagliapietra, nonostante un frammento della sua chitarra sia campionato all'interno della struttura ritmica.

Che dire? Scrittura sempre molto efficace, grande capacità di evocare sensazioni di inquietudine e mistero, col lato “spirituale” che in questo caso prevale su quello più propriamente decadente, sapiente uso delle dinamiche e dei contrasti tra piani e forti, tra spazi scuri più luminosi.

In attesa del prossimo full length, un ricco antipasto che ce li restituisce più in salute che mai.


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