Keb’ Mo’ ha compiuto proprio questo cammino nel dare alla luce il suo “Oklahoma”, rischiando tanto ma con la ferma convinzione che la straordinaria bellezza della meta avrebbe fatto dimenticare rapidamente le fatiche del viaggio.
Il leggendario bluesman si ripresenta sulle scene così, a due anni di distanza dal fortunatissimo e bellissimo disco (TajMo,2017) realizzato in collaborazione con un altro gigante del country-blues a stelle e strisce: Taj Mahal.
Con il quarto Grammy della sua carriera a risplendere in bacheca, Keb’ Mo’ decide quindi che è arrivato il momento di intraprendere un nuovo corso e di circondarsi di ospiti illustri e amici fidati. Intendiamoci, la verve e le coordinate melodiche rimangono ben salde alle radici, ma la spinta propulsiva di questo album è energia pura.
Un ritmo scintillante e un galoppo inarrestabile rendono le tracce di “Oklahoma” gagliarde e, allo stesso tempo, inesplicabilmente fascinose. Gli ospiti, se così possiamo definirli, come Taj Mahal, Rosanne Cash, Robert Randolph, Jaci Velasquez e la moglie Robbie Brooks Moore entrano in punta di piedi a fornire il loro essenziale contributo. Se ne percepisce l’apporto misurato e discreto ma indispensabile a garantire solidità e struttura ad un disco che risulta corposo e sbarazzino allo stesso tempo.
Si parte con la precisione di “I Remember You” per passare al brioso funky di “Oklahoma” che, oltre ad essere la title track, fa balzare Keb’ sulla scena come un’entrata a “piedi uniti”. Proprio con la spinta di quel tornado che la canzone descrive.
“Put A Woman In Charge” è la vera bomba. Pulsazioni forti e voci profonde con Rosanne Cash, che risulta più che mai imprescindibile nel dare compattezza a questo blues melmoso come le acque del Delta del Mississippi.
Se ci si prende una pausa con la splendida ballata “This Is My Home” in compagnia di Jaci Velasquez, si deve poi essere pronti a ripartire con “Ridin’ On A Train”. Nel mezzo, una melodia in punta di armonica e banjo “Don’t Throw It Away” in cui la voce di Taj Mahal si intreccia indissolubilmente a quella di Keb.
“I Should’ve” è invece un ritorno alle origini e suona come una dedica. Country-blues ruvido, schietto e dal ritmo serrato. Odora di già sentito, ma poco importa.
Con “Cold Outside” Keb’Mo’ fa sfoggio di classe ed esperienza. L’età matura non tradisce ma supporta e rende credibile qualunque cosa arrivi a sfiorare.
Ci si saluta con “Beautiful Music” e con la complicità della moglie Robbi Brooks Moore dove tutto scorre come un intreccio ben riuscito.
Keb’ Mo’ ci dimostra che non è tutto opportuno, che non tutto si riesce ad amalgamare. Tutto deve essere pesato e calibrato.
E a lui riesce sempre bene.