Lo chiedo per un amico che ha avuto questo piccolo inconveniente. Gli è caduto un costoso hard disk mentre lo stava collegando al pc della LIM in classe per mostrare una presentazione nuova di zecca su una lezione dedicata alla forma polinomiale. Il tavolinetto su cui poggia il portatile ha dimensioni esigue e poi c’è sempre il problema della mancanza di prese USB. Per usare una periferica esterna occorre staccare il mouse e quel movimento, con l’hard disk in mano, pare essergli stato fatale. Così mi ha raccontato. Nel silenzio totale seguito all’impatto si è sentita solo la voce del mio amico maestro esclamare “no cazzo” e quel clamore tipico di una scolaresca che si leva divertito a un inconveniente di cui l’autorità presente è vittima (un bidello che inciampa, il preside con le ascelle pezzate, un hard disk che cade al maestro e altri ameni imprevisti) è stato subito soffocato sul nascere dall’immanenza dell’anomalia.
Il principale riferimento pedagogico e didattico, la guida morale e intellettuale che con le sue lezioni e il suo pensiero è chiamato a orientare e influenzare quel piccolo gruppo e la micro-società che abita l’aula scolastica e a supportarne l’ingresso nella sfera adolescenziale, colui che è pronto a penalizzare i propri discepoli se stentano a formulare un sinonimo accettabile pubblicamente di “casino” per descrivere una situazione non ordinabile, il maestro che ha appena subito un torto dall’avvicendarsi del destino ha espresso il suo malessere dicendo “no, cazzo!”.
In questi casi un docente, secondo me ma poi ditemi voi cosa ne pensate, dovrebbe minimizzare. Oppure simulare di aver detto “devo esser pazzo”, o “questo coso mi è caduto con una velocità simile a un razzo”. O voltarsi verso i bambini, sorridere e chiedere scusa. Scusate, ragazzi, mi è scappato. Oppure ripetere quella vecchia gag e tentare il climax: Porca troia, ho detto cazzo! Minchia, ho detto porca troia! Puttana merda, ho detto minchia. E così via. E vedere se i bambini si divertono.