Che sia americano, inglese, italiano, europeo o di qualsiasi altra nazionalità, l’hardcore porta con sé dagli anni Ottanta un insieme di regole, atteggiamenti, etica e suoni abbastanza codificati. Certo, lo si può mescolare ad altri generi (metalcore, rapcore, etc.), può diventare post-hardcore, più emo, mescolarsi con il math e il prog, ma il buon vecchio punk hardcore bene o male è una calda coperta di Linus che ci abbraccia, ci conforta, ci fa sputare sangue e sudore e ci regala il giusto setting mentale con cui affrontare il mondo e prendere a badilate ogni difficoltà.
Creare quindi il giusto mix compositivo di velocità, riff taglienti, batteria martellante, basso senza pietà, linee vocali rabbiose e testi spontanei, riflessivi e profondi, non è cosa facile. I Locked In ci sono riusciti perfettamente attraverso due EP da cinque pezzi ciascuno: Not Dead Yet, uscito a fine 2020, e The Solemn Leap, uscito questa primavera. Due metà di una stessa mela che in realtà compongono un unico progetto e sanciscono il ritorno sulle scene dopo 7 anni di silenzio di una band che, visti i risultati, come qualità sta iniziando a gareggiare con i grandi del panorama internazionale. Un fatto di cui essere anche piuttosto fieri, visto che i ragazzi sono pure italiani e fanno un punk hardcore che potrebbe rendere felici artisti del calibro di Comeback Kid, Integrity e Sick Of It All.
La band, infatti, è di Perugia, ed è stata molto attiva tra il 2007 e il 2013, poi una lunga pausa, dovuta a svariate motivazioni. Nel 2018 iniziano a risentirsi e scrivono un primo pezzo in memoria di un amico scomparso, due anni dopo la pandemia porta con sé rabbia, depressione e un senso di smarrimento che andavano elaborati e trasformati in qualcosa di diverso. La musica torna a diventare un’esigenza prima che lavoro o passione e l’hardcore torna a diventare quello che dovrebbe sempre essere: un processo di sfogo e liberazione, un mezzo per cambiare tutto ciò che non va in qualcosa di migliore, una risposta trasformativa e salvifica.
Il tempo d’attesa, in ogni caso, verrebbe da dire che li ha fatti invecchiare come il buon vino. Peccato però che ascoltando sia Not Dead Yet sia The Solemn Leap tutto viene in mente tranne che dire che sono invecchiati, anzi: sono più focalizzati, più preparati, più esplosivi, più affilati e hanno testi di una qualità superiore. Se questo vuol dire essere una band con qualche anno in più sul cranio, allora ben venga decisamente.
Di cosa parlano allora questi due EP e perché presentarli insieme? Raccontarli come due aspetti di uno stesso progetto è probabilmente il modo migliore per rendergli giustizia, perché se sono stati pubblicati a cinque mesi di distanza è solo per opportunità, visto che ai tempi d’oggi dopo qualche settimana tutto sembra vecchio e almeno in questo modo si può tenere viva l’attenzione. Inoltre, sono effettivamente due fasi di un percorso di rinascita: da un lato il rialzarsi in piedi dicendo “ehi, non siamo ancora morti, siamo qui e vi spaccheremo il culo” (Not Dead Yet), dall’altro (The Solemn Leap) si prendono in considerazione le scelte da fare una volta che si è deciso di rialzarsi e la riflessione sulla capacità di compiere dei passi importanti nella vita, quelli fatti di accettazione, coraggio e lucidità nel confidare in sé stessi, nelle proprie potenzialità e possibilità.
Lo spirito e il mood dei due EP si rispecchiano anche nei due bellissimi artwork, entrambi realizzati da Nico, amico di lunga data della band e tatuatore dello Skull Society Tattoo Shop di Perugia: l’uno (Not Dead Yet) raffigurante un maelstrom oceanico, un ciclone marittimo al cui centro si stagliano due fulmini; l’altro (The Solemn Leap), invece, è come se rappresentasse la stessa scena vista da una prospettiva più ampia: un fulmine al centro che taglia a metà la copertina, mostrando in ognuno dei due lati una scelta. Due uomini, entrambi sulle alte rive di una costa a strapiombo su quello stesso mare in tempesta: l’uno fermo e silente, l’altro con in mano una fiammella.
La resa sonora dei due EP, di cui abbiamo già parlato nei primi paragrafi (e che, delle band già citate, ricorda moltissimo, in primis, i migliori Comeback Kid), esalta il contributo della voce pur senza sovrastare l’ottimo lavoro di chitarra, basso e batteria, che sferzano agili, potenti e senza fronzoli: pronti a frenare nei punti giusti, esaltando l’intensità e il pathos dei testi, e a distruggere le casse nel resto del tempo. Il tutto sempre in un equilibrio di furia ed eleganza, stile e rabbia, consapevolezza e determinazione.
In The Solemn Leap, inoltre, si possono apprezzare anche degli ottimi featuring: Samall Ali degli Slander sulla bellissima “Coward”, Inno su “Samskara”, Lorenzo degli Hierophant sull’emozionante “51” e Josh dei To Kill e dei Galeforce su “A Hundred”.
Questo ispirato e oscuro connubio di pace e caos, riflessione e aggressività, però, non sarebbe tale e non avrebbe la stessa spinta emotiva se non fosse corredato da un’ottima controparte testuale. Il lavoro sulla parola, infatti, non è stato meno attento, e ciò è sempre un punto di forza di particolare rilevanza.
Il fatto che siano cantate in inglese rende il prodotto subito internazionale, ma una volta reso evidente il significato, anche nella lingua natia se ne apprezza la scelta terminologica, le immagini suggestive ma dirette, e la struttura sintattica, al giorno d’oggi elementi non troppo spesso curati, soprattutto nell’hardcore nostrano.
«Fanculo Vostra Maestà Signorina Ignoranza, per favore abbattimi. Non posso continuare a giocare nel cortile sul retro del tuo sontuoso maniero. È una specie di oppressione, è dura. Con tutto il dovuto rispetto, lascio ora le tue legioni, perché non sono tagliato per questo. I tuoi campi di battaglia sono pieni di fango. Migliaia di vipere stanno entrando. Non mi aspetto che tu capisca. Non è deferenza né arroganza. Questo è un passo in più. È difficile oggi trovare qualcosa che non ti offenda. Apprezzo tantissimo la tua tenacia. Sarebbe bello restare, ma la mia coscienza mi sta chiamando. Che ne dici di toglierti quella corona? Non è una defezione, questa è la mia rivolta. Voglio davvero che il panico colpisca le tue squadre. Sarò un UFO che prenderà in giro il tuo regno, deridendo il tuo ruolo. Finirai nel fuoco incrociato di ribelli e sognatori. Vorrei sapere cosa sarà scritto sulla tua lapide.» (“Viper Field”, Not Dead Yet)
«Alza gli occhi al cielo: un milione di soli sta sorgendo sull'orizzonte infinito dello spazio e del tempo, ma sei per sempre perso nei labirinti. Tutti i tuoi volti sono diventati neri, come se non potessi tornare indietro da un sottile incubo di pensieri e dubbi. Come puoi raggiungere la luce se stai confondendo il tuo cuore con la tua mente? Spaventato dal tempo. Tutto è confuso in balia del vento di tempeste abissali. Colpe profonde che divorano la luce di un'anima che desidera ardentemente liberarsi. Ma tutto è falso se non puoi fidarti di te stesso e di chi ami. Interrompi questo inferno e inizia a marciare controcorrente! E non temere il dolore. Scatena la rabbia. Il tuo destino è luminoso. Adesso cogli l'attimo. Quale momento migliore per guardare fuori e prendere le decisioni che ti sveglieranno. Abbatti quella linea, falla sparire. Amico, il tuo percorso non è così lontano. Fuori da quella stanza puoi camminare, guidato da un semplice battito che non puoi sentire, se non hai fede.» (“No Faith”, Not Dead Yet)
«Andiamo nella tempesta. Il sole è al sicuro. Queste tavole sono state forgiate nel tempo e destinate a questo momento di grazia, per affrontare il fragore dell'acqua. Baciami le mani adesso, così l'abisso non mi prenderà facilmente. Oggi è il giorno in cui le mie armi faranno fuoco. Non sarà la mia caduta. Sono state cento le volte che ho perso, o cento le volte che ho provato a riempire questi giorni con amore e lotta. Non c'è forza che non possa affrontare stasera. Tornerò per te altre cento volte.» (“A Hundred”, The Solemn Leap)
Onesti, diretti, sinceri, pieni di passione e carichi di sentimento. Adrenalina, rabbia, testa e fede. Una miscela esplosiva di hardcore venato di punk e metal in due EP che, insieme, realizzano uno dei più bei dischi hardcore degli ultimi tempi.