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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
08/03/2019
The Freewheelin' Briozzo
Non vorrei mai essere un fonico di X Factor
Se fate un lavoro nello svolgimento del quale è impossibile commettere errori siete gli esseri più fortunati del mondo ma, a dirla tutta, non mi viene in mente nessun mestiere che soddisfi questa condizione.

Se prendete iniziative, c’è il rischio di risultare impopolari. Se svolgete operazioni elementari come schiacciare un pulsante e nient’altro per tutto il tempo magari può capitare che vi dimentichiate di farlo.

In una puntata dell’ultima edizione di X Factor, nel regno dello sfarzo e della perfezione televisiva di una delle trasmissioni più seguite del pianeta, un fonico o chi per esso ha messo in mano a Shaggy – sul palco insieme a Sting – un microfono spento o non funzionante, oppure ha lasciato il pulsantino del mute sul mixer audio disattivato, o ha invertito i canali tra il cantante giamaicano e il corista o chissà cos’altro ha combinato. Sta di fatto che la voce di Mr. Boombastic è rimasta ampiamente dietro le quinte del programma e suppongo che, con tutti i soldi che girano tra pubblicità e investimenti sulle future star del pop protagoniste dei live, qualche sedia sarà saltata. O magari anche nel regno dello spettacolo estremo e nelle multinazionali del divertimento senza soluzione di continuità sussiste la pratica della seconda chance, del “tranquillo, poteva capitare a chiunque”, ma la vision di X Factor sembra ben lontana dalla pratica dell’indulgenza: fai una stecca al live e il pubblico o i giudici ti puniscono per sempre. Figurati nel caso in cui sei uno di quelli pagati per garantire che tutto funzioni.

Oggi ero dal parrucchiere e pensavo a una gamma dei lavori che hanno maggiori o minori – se non nulle – conseguenze. Il neurochirurgo ha una responsabilità che non oso nemmeno immaginare. Il lavoro che facevo prima, invece, consentiva margini di correzione piuttosto ampi: scrivevo cose che andavano online e se qualcuno si lamentava correggevo il testo il giorno dopo e la cosa finiva lì. Nulla era definitivo, anche se certi clienti gli svarioni e i refusi li prendevano sul personale. Così mi è caduto l’occhio sulla collega di chi mi stava tagliando i capelli che vedevo dietro di me, grazie allo specchio, intenta a colorare la chioma di una attempata cliente. Ho pensato che quello sì che è un lavoro che sta a metà tra il neurochirurgo e il copywriter, perché se sbagli una tinta o ti scappa una sforbiciata un po’ troppo azzardata c’è poco da ridere. Bisogna aspettare la ricrescita dei capelli del cliente, sempre che il cliente non cambi salone a causa della pessima customer experience.

E chissà che fine farebbe la pettinatrice in questione, se esistono percorsi di redenzione per i coiffeur che sbagliano ma poi si pentono, se per un errore di acconciatura sei licenziato in tronco, se le clienti sono disposte a chiudere un occhio in caso di una distrazione, anche se pagano profumatamente, e chissà se il fonico colpevole di X Factor ha un parrucchiere bravo o forse no, forse è pelato e il problema non sussiste.