“Molti pensano che io non esista, che sia una leggenda metropolitana. Qualcuno mi ha avvistato come un UFO in luoghi improbabili. Qualcuno giura di avermi visto con Jim Morrison vagare la notte al cimitero di Parigi tra le tombe. Qualcuno mi ha visto vestito come Pippo all’entrata di Disneyland per dare il benvenuto a quelli che arrivavano. Qualcuno ha detto che ero diventato povero in canna e non avevo più i soldi per mangiare…”
Prima di addentrarmi nella recensione vera e propria del libro di Mauro Repetto, sento il bisogno di fare una piccola, ma soprattutto necessaria e personalissima premessa.
Il fatto è che mi stranisce alquanto doverlo ammettere, ma Hanno ucciso l’Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883 (qui su Loudd trovate una bellissima recensione scritta da Dario Lopez) è stata la serie che più ho amato nell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle.
Il motivo del mio senso di straniamento è semplice: questi due ragazzi non sono mai stati la mia tazza di tè. Ammetto di conoscere, seppur involontariamente, quasi tutte le loro canzoni a memoria. Ma d’altronde, come potrebbe essere altrimenti? Ai tempi, e parlo degli anni ’90, in radio era un martellamento continuo. Ma ecco, lo confesso, non ho mai comprato un loro disco e né, tantomeno, ho mai desiderato, o vagamente pensato, di andare a vedere un loro concerto. Nessuna forma di snobismo, semplicemente, preferivo altro.
Eppure, non so cosa diavolo sia successo, fatto sta che quella dannata serie, merito anche (o soprattutto?) del genio di Sibilla, mi ha colpita e affondata. Ha solleticato la mia nostalgia e la mia curiosità al punto da portarmi a googlare cose come “Mauro Repetto”, “Max Pezzali”, “Storia degli 883” e a ciucciarmi interviste su interviste (vecchie e attuali). E anche a seguire Repetto su Instagram e a caricarmi alcuni dei loro dischi su Spotify, lo ammetto.
Ho cercato di interrogarmi sul perché di questo effetto ipnotico. Nella mia testa era un ritornello continuo, ora di questa e ora di quella canzone. Ho cercato di capire come mai (“ma chi sarai per fare questo a me…?”) a un certo punto fosse affiorato in me questo desiderio di conoscere meglio chi fossero gli 883. Non riuscendo a trovare spiegazioni razionali, ho dato la colpa alla mia età e a quella “nostalgia canaglia” che, un giorno sì e l’altro pure, mi fa sentire una forte mancanza del passato, di quegli anni ormai andati, che erano quelli della mia gioventù. Anni a modo loro complicati e complessi, certo, eppure, a mio modesto parere, decisamente più semplici rispetto a questo presente in cui la tecnologia ha invaso in modo sconsiderato ogni millimetro delle nostre esistenze.
Mi sono ritrovata scaraventata in un passato che conosco bene e che mi fa battere ancora terribilmente il cuore. Un passato che nella mia mente sento più presente che mai (perdonatemi il gioco di parole) e giuro che se qualcuno, seduta stante, mi offrisse la possibilità di tornare indietro, lo farei senza battere ciglio, perché questo “Hic et nunc” spesso anaffettivo, fatto di schermi luminosi, di rapporti virtuali, di finte apparenze e di contenuti sempre più liquidi, non mi appartiene.
O forse, la mia età e il passato non c’entrano nulla e, più semplicemente, hanno fatto breccia nel mio cuore perché avevano un sogno bello, pulito, come molti della mia generazione, e sono riusciti a coronarlo. La loro tenacia ha vinto su tutto, perché loro, l’uomo ragno non lo hanno mai ucciso. “Gli altri crescevano, si impegnavano a trovare un lavoro, andavano oltre la linea d’ombra che separa l’adolescenza dalla maturità. Noi no.”
Non ho usato la parola “tenacia” a sproposito, perché Mauro e Max hanno fatto la gavetta seria. E stiamo parlando di un periodo in cui i mezzi a disposizione non erano di certo quelli di oggi. Quella degli anni ’90 era un’epoca “analogica”. Un’epoca “semplice”, in cui riuscire a sfondare nel mondo della musica, e dello spettacolo in genere, non era cosa da tutti. Come non era semplice riuscire a pubblicare un libro, mentre oggi, tutti i gatti in bicicletta. Talento, studio, formazione, lavoro, impegno e sacrificio sembrano concetti superati, un po’ da sfigati, ecco.
I giovani d’oggi, quando gli racconti che c’è stato un tempo in cui non esistevano internet, i cellulari, l’intelligenza artificiale o decine di piattaforme con contenuti di tutti i tipi e canali TV su cui imperversano in loop i talent show più disparati, ti guardano a bocca aperta. Idem quando gli racconti che per fare le ricerche si andava in biblioteca e che i dischi si compravano e se non te li potevi permettere, infilavi una cassettina nello stereo e stavi sull’attenti con il ditino poggiato sul tasto REC per riuscire a registrare dalla radio le tue canzoni preferite, così da mettere insieme la tua compilation del cuore.
Insomma, ai tempi, tutto costava fatica, anche i sogni costavano cari… Erano i tempi delle “sudate carte”.
Comunque, tralasciando questi discorsi da scontro generazionale, che mi fanno apparire come una vecchia bacucca romantica, la mia curiosità di approfondire ulteriormente quella che era la vera storia degli 883, o meglio, il dietro le quinte della storia del duo, mi ha portata ad acquistare il libro di Mauro Repetto, noto ai più come “il biondino degli 883”, quello che passava tutto il tempo sul palco a ballare e ad agitarsi alle spalle di Max Pezzali, come se fosse stato morso da una tarantola, un ragno, appunto… Immaginando, nella sua testa, di replicare alla perfezione (o quasi) le coreografie di Janet Jackson.
Qualora vi venga voglia di leggerlo, sappiate che non vi ritroverete al cospetto di un libro imprescindibile, di quelli che vi cambieranno la vita, ma sicuramente vi sorprenderà e vi divertirà. Su di me ha avuto un po’ l’effetto di quei manuali di autosostegno tanto amati da una delle mie eroine, la cara, vecchia Bridget Jones.
Il fatto è che Mauro Repetto è un personaggio, e lo dico attribuendo al termine “personaggio” il suo significato più bello.
In questa breve autobiografia si è messo a nudo, e lo ha fatto con grandissimo pudore, quello che al giorno d’oggi manca a molti. Ripercorre la sua storia dall’incontro sui banchi di scuola con Max Pezzali, fino a ora. Raccontando anche il dopo gli 883, chi è diventato e cosa fa oggi. E, lasciatemelo dire, questo ragazzo, a dispetto dell’aria angelica, aveva (e ha) una determinazione da fare invidia.
Sono tanti gli aneddoti contenuti nelle pagine di questo libro, alcuni sono così rocamboleschi, soprattutto la parentesi americana, fatta di incontri incredibili con personaggi famosissimi, da sembrare frutto di mera invenzione. E invece no… È tutto vero.
La verità è che Mauro (concedetemi di chiamarlo così, perché ormai è come se fosse un amico), i suoi demoni li ha sempre guardati negli occhi e affrontati, in tutte le fasi della sua esistenza, anche quando era giovanissimo. Ha saputo leggersi dentro, ascoltarsi e capire quando era il momento di dire basta. Anche quando dire basta ha significato lasciarsi alle spalle fama, soldi e successo, con ben 1,3 milioni di copie di dischi venduti.
Anche i sogni più grandi e importanti hanno una scadenza, l’abilità sta nel riuscire a capirlo, perché il rischio, se no, è quello di farsi fagocitare da un qualcosa che, nonostante i nostri sforzi, non è destinato a noi. O più semplicemente, non ci appartiene più.
Scoprirete che, a differenza delle apparenze, il leader del gruppo era lui. Un sognatore, un visionario, giovane e vecchio allo stesso tempo. Un ragazzo che, in un certo senso, si è sempre lasciato governare dall’amore: l’amore per la vita, per le cose belle, per la musica, per le donne, per l’amicizia.
Un ragazzo ricco di valori, che ha fatto suoi gli insegnamenti dei genitori, compreso quel senso del dovere di cui noi, di quella generazione, siamo affetti. Perché il senso del dovere, inutile prendersi in giro, se non lo sai gestire e tenere a bada, può trasformarsi in una prigione di sensi di colpa.
In questo libro Repetto racconta il suo vissuto con grande sincerità, racconta anche la storia di una grande amicizia, una di quelle con la “A” maiuscola e di un sogno che ha reso grandi e immortali i suoi protagonisti. Perché, parafrasando Mauro, lui e Max non hanno mai lavorato insieme. Non erano due colleghi. Erano semplicemente una persona sola.
Queste pagine gettano uno sguardo romantico sul passato, su quegli anni che, a chi come me li ha vissuti, mancano tantissimo. Riaccendono ricordi e fanno battere il cuore.
Una lettura che mi sento di consigliarvi, perché riscalda, emoziona e ci fa tornare un po’ ragazzi, a quando avevamo gli occhi pieni di stelle e sentivamo di avere l’intera vita nel palmo di una mano, mentre passeggiavamo con il walkman sulle orecchie, indossando la nostra t-shirt preferita.
P.S. Sì, oggi ci andrei molto volentieri a un concerto degli 883.