Il Neuromante di William Gibson è forse ancora oggi l'opera più celebre, e tra le più importanti, dell'intero filone del cyberpunk. Gibson, insieme a una serie di altri autori suoi contemporanei quali Bruce Sterling e Tom Maddox (giusto per citarne un paio che Gibson ringrazia a fine libro), ispirati da precursori della precedente generazione - autori del calibro di Philip K. Dick, ad esempio - hanno codificato un genere molto riconoscibile.
Il cyberpunk unisce temi legati a quell'insieme di dati in cui è possibile perdersi, creare avatar, mondi immaginari (o diversamente concreti) e trovarvi una seconda realtà che viene spesso indicata come matrice o appunto cyberspazio, a tematiche ambientali e sociali che dipingono spesso un futuro distopico, cupo, dove l'essere umano è iperconnesso, controllato, spersonalizzato e in balia dei grandi agglomerati, economici più che di potere, le grandi multinazionali che fanno il bello e il cattivo tempo. Queste ultime sono le Zaibatsu, come le chiama Gibson nella sua opera, multinazionali padrone di immensi capitali spesso legati a un'unica famiglia, nel caso di Neuromante la famiglia Tessier-Ashpool. In contesti come questo si muovono personaggi del tutto peculiari, proprio come quelli che si imparano a conoscere (ma non abbastanza) durante la lettura di questo Neuromante.
Case è un hacker, uno di quegli operatori chiamati cowboys in grado di solcare le autostrade di dati del cyberspazio, una connessione via hardware e via tra le trame infinite della matrice. Durante una delle sue operazioni Case ha però fatto incazzare la gente sbagliata, ha tentato di fregare un cliente che non ha preso molto bene la cosa, quest'ultimo si è adoperato affinché Case non si connettesse mai più alla rete. Ora Case si aggira abbattuto tra la varia umanità perduta di Chiba, Giappone, la lontananza dalla rete per un hacker è come la morte.
Case è così sulla buona strada per l'autodistruzione: una cura non si trova, molti altri stimoli per tirare avanti non ci sono. Nella fogna di Chiba Case viene però contattato dall'enigmatico Armitage, un uomo dal passato poco chiaro e dagli intenti ancor più oscuri, questi è accompagnato dalla bella samurai della strada Molly, una donna innestata con visori a specchio al posto degli occhi e lame retrattili sotto le unghie.
A Case viene garantita dai due strani personaggi una cura e una nuova possibilità di connettersi alla matrice, in cambio Case, sotto calcolata minaccia, dovrà portare a termine una nebulosa operazione i cui scopi e le cui tappe si sveleranno al giovane hacker solo un pezzo per volta: tra famiglie di potere, intelligenze artificiali, personalità riversate su memoria, illusionisti potenziati e flussi di dati, Case cercherà di trovare il bandolo di un'intricata matassa che potrebbe costargli facilmente la morte cerebrale.
Il libro di Gibson ha un fascino innegabile, la creazione del suo mondo risulta avvolgente fin dall'inizio, le descrizioni dei luoghi, quelli reali, trasmettono un senso di claustrofobia e degrado palpabile, come se la vita di ognuno dei loro abitanti non valesse più nemmeno mezzo soldo bucato.
Il contesto è intrigante, l'immaginario cyberpunk pure, i problemi iniziano quando la storia ingrana (o dovrebbe ingranare) e si comincia a faticare a star dietro alle evoluzioni di trama e all'immaginazione sfrenata dell'autore.
A essere sincero ho faticato davvero molto a orientarmi all'interno di Neuromante, molto spesso non sono chiari gli scopi dei protagonisti, non si capisce bene chi manovri chi e quali azioni i vari personaggi stiano andando a compiere e perché. L'unico di cui con certezza si sa qualcosa è Case che sappiamo adoperarsi per la più valida delle ragioni: salvarsi la pelle.
I vari protagonisti sono descritti più per le loro peculiarità (fisiche, percettive, connettive) che non per un intento di costruzione e stratificazione degli stessi, (non) si impara un poco a conoscerli pagina dopo pagina ma nemmeno più di tanto.
Si arriva a fine lettura con la sensazione chiara di essersi persi dei pezzi per strada, probabilmente a metà via tra un capo e l'altro dello Sprawl, consapevoli di aver letto una pietra miliare per l'evoluzione della fantascienza ma con la sensazione di non esserci realmente entrati dentro a fondo. O forse, semplicemente, is not my cup of tea!