Queste righe non hanno una struttura organica, se non quella di essere forme di pensieri[1] occasionati da un documentario edito in formato DVD di 68 minuti intitolato Questa non è una esercitazione, realizzato dai Disciplinatha sui Disciplinatha (fra gli intervistati esterni c’è Mercy, una delle due voci degli Ianva).
Ci sarebbe un modo molto semplice per permettere a molte persone di avere il mezzo di formalizzare i propri pensieri (se ne hanno): considerando la capacità di concedere spazio ad altri che i Depeche Mode hanno sempre avuto nel corso dei loro concerti: sommare un numero di artisti italiani sufficiente ad eguagliare, nel loro complesso, le vendite di fonogrammi (bastano questi, senza scomodare i download) dei predetti Depeche Mode.
Ebbene: chiedere poi – ed ottenere – che gli artisti nazionali “addendi” (e parlo di una somma comprendente esponenti come Vasco Rossi, Luciano Ligabue, Jovanotti, eccetera…: tutti “idoli da stadio”) prima dei loro concerti facciano proiettare sugli schermi giganti quel documentario, il documentario dei Disciplinatha.
Questa non è una esercitazione è datato nei titoli di coda “XC Anno” dell’era fascista.
Non è così, in quanto l’era attuale consente a me di scrivere queste righe (non me lo permetterebbe, una dittatura), ma impone anche ed ancora, a me o altro, di scriverle.
È un’era apatica quella attuale: infatti, il documentario dei Disciplinatha non sarà diffuso negli stadi italiani, dove il pubblico si considererà come sempre democratico (anche perché fuma “spinelli” o non malmena qualcuno dei suoi familiari?), trasgressivo (bastano Elio e le Storie Tese) e seriamente impegnato con le vacanze estive (sai che bello mangiare gli spaghetti in Madagascar!).
In 28 anni i mercati cambiano: se Abbiamo pazientato 40 anni ora basta![2] fu stampato nel 1988 in 1.500 esemplari (oggi è un disco raro), nel novembre-dicembre 2012 il cofanetto antologico Tesori della patria (4 CD e i DVD: quel DVD) è stato pubblicato in 500 copie.
Sarebbe curioso (né bello, né interessante, solo curioso) sapere in quanti siamo a possedere copia di entrambi: il primo comprato al Disco d’Oro di Bologna, il secondo via internet, tutti e due all’epoca della loro uscita, nessuna scoperta tardiva.
I Disciplinatha sono forse la compagine artistico-musicale che più riflette certe mie visioni provocatorie, ma non astruse – soprattutto ai tempi del loro primo album, come ad esempio il fatto che gli Arditi non erano in blocco degli ottusi (mentre l’ignoranza dei molti addirittura li confonde semplicemente con i fascisti)[3], e che per dare veramente fastidio con immagini “di sinistra” in Italia dovresti fare delle camicie con le foto dei cadaveri rinvenuti nelle foibe del “simpatico” Tito, dittatore jugoslavo[4].
Mi è anche tornato in mente che, al tramonto dei bei tempi, assistetti professionalmente Giovanni Lindo Ferretti in alcune vicende. Ecco come io ebbi tutta la produzione dei Dischi Del Mulo[5].
I Dischi Del Mulo: dopo Attack Punk Records furono la seconda “etichetta” dei Disciplinatha.
Ma perché allora Giampaolo G., oggi Helena Velena, che pubblicò quell’esordio fonografico, storceva il naso quando nell’agosto 1979, in un appartamento di Portobello Road, Londra, dove egli dimorava con Laura “Caccia Urbana” C., io scandivo “Skin’ead! Skin’ead!” in tono scherzoso, visto che noi mod eravamo quasi “carne” per skin e per punk? Beh, certo allora lui osannava i Crass.
Non ha senso scrivere delle immagini e/o della musica dei Disciplinatha: sarebbe un tentativo mal riuscito.
Tanto se li cercate li trovate.
Infine: il titolo del post che avete letto è tratto da una frase del Disciplinatha Dario Parisini, il sottotitolo è mio.
[1] Non è poco, per anni la sostanza giace informe, come tale essa è inutile anche per la mente di colui/lei che la genera, oltre ad essere insuscettibile di tutela da parte dell’ordinamento giuridico.
[2] Esordio fonografico dei Disciplinatha.
[3] Vedi Impresa di Fiume. Qualcuno dice che gli Arditi dopo la fine della Prima Guerra Mondiale divennero un “beffardo ‘soldato politico’” (cito da pagina 7, nota 5, dell’introduzione all’edizione pubblicata nel 2013 da AGA Editrice (Milano) di Tom ANTONGINI, Gli allegri filibustieri di d’Annunzio.
[4] Ed infatti in Tesori della patria trovate anche un CD di inediti e rarità intitolato Foiba.
[5] E scoprii – grazie a GLF e a CB (chi sa di cosa scrivo sa di chi scrivo) – anche il formaggio reggiano Vacche Rosse.