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Nemico, amico, amante…
Alice Munro
2003  (Einaudi)
LIBRI E ALTRE STORIE
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01/03/2021
Alice Munro
Nemico, amico, amante…
Alice Munro pone una grandissima cura nella caratterizzazione dei suoi personaggi. Ce li fa sentire vicini e ce li fa conoscere in tutta la loro interezza, sia da un punto di vista emotivo che fisico: pensieri, stati d’animo, emozioni, vissuto, debolezze, paure, complessi…

“Si coricarono senza rivolgersi la parola, si separarono senza parlare il mattino dopo, e nel corso della giornata furono sopraffatti dallo spavento; lei ebbe paura che lui non tornasse a casa, e lui di tornare e di non trovarla. La sorte invece fu generosa. Si incontrarono nel tardo pomeriggio, pallidi di pentimento, tremanti d’amore come chi, scampato per un pelo al terremoto, vaghi senza meta in preda a una confusione palese. Quella non fu l’ultima volta.”

 

Alice Munro è nata in Canada, precisamente a Wingham, Ontario, nel 1931. È una delle scrittrici canadesi contemporanee più importanti. Jonathan Franzen l’ha definita come "la più grande narratrice vivente del Nord America". Nel 2013, l’Accademia di Stoccolma le ha assegnato il premio Nobel per la letteratura, definendola “Maestra del racconto breve”.

E sono proprio racconti brevi, per la precisione nove, quelli che danno vita a “Nemico, amico, amante…”, uno dei quali, “The bear come over the mountain”, ha ispirato la regista canadese Sarah Polley, che ne ha fatto un film intitolato Away from Her, che nel 2008 ha ricevuto due nomination agli Oscar.

Alice Munro scrive in modo pulito ed essenziale; le sue riflessioni, però, sono profonde e intime, e avvicinano inevitabilmente il lettore ai protagonisti che - racconto dopo racconto - si alternano, dando vita a storie molto diverse tra loro, che hanno soprattutto l’amore, come filo conduttore.

L’amore in tutte le sue sfumature e declinazioni, visto come elemento essenziale nella vita di ciascuno di noi, come forza motrice capace di nutrire, unire o separare.

L’amore tra uomo e donna; quello all’interno del nucleo familiare; quello più maturo e concreto o quello impossibile. L’amore che cambia forma. L’amore vissuto, quello immaginato o appena sfiorato… Quello che resiste agli anni che passano, alla malattia, alla morte e quello che è destinato ad appassire, nonostante un tempo sia stato un magnifico fiore. L’amore per sé stessi, per gli altri e quello per la vita.

Al centro di questi nove racconti ci sono le donne. Donne “comuni”, alle prese con la propria quotidianità, tra alti e bassi, routine e imprevisti, più o meno grandi, che le conducono verso l’azione o l’accettazione, ma anche verso un cambiamento che riguarda non solo le abitudini, ma anche e soprattutto il modo di sentire, vivere e affrontare ogni singolo giorno.

Alice Munro pone una grandissima cura nella caratterizzazione dei suoi personaggi. Ce li fa sentire vicini e ce li fa conoscere in tutta la loro interezza, sia da un punto di vista emotivo che fisico: pensieri, stati d’animo, emozioni, vissuto, debolezze, paure, complessi…

C’è molta sensibilità nel suo modo di raccontare, così come c’è molta estetica e grande cura per i singoli dettagli, per la descrizione del contesto e dei luoghi che fanno da cornice alla narrazione, tant’è che le parole fanno presto a trasformarsi in immagini e a condurre il lettore in una dimensione estraniante.

Il primo racconto è quello che dà il titolo al libro, “Amico, nemico, amante…”. Johanna, la protagonista, è vittima di uno scherzo ordito da due ragazzine. Scherzo che, a dispetto del cattivo gusto e della crudeltà, si rivelerà provvidenziale, perché la donna, grazie alla sua forza e alla sua determinazione, non solo troverà l’amore, ma vedrà cambiare per sempre il corso della sua vita.
“Non domandare, a noi non è dato sapere che cosa il destino abbia in serbo per me, che cosa per te…”

Il secondo racconto, “Il ponte galleggiante”, narra la storia di Jinny - una donna di 42 anni, sposata con Neal, che ne ha 16 di più – a cui viene diagnosticato un cancro, uno di quelli difficili da sconfiggere. Jinny si sente sospesa, vittima della sua stessa vita. Di quella vita che, improvvisamente, senza chiedere il permesso a nessuno, la pone davanti alla malattia e a un percorso tortuoso e difficile, dall’esito incerto. Così, all’interno della coppia, per forza di cose, i ruoli e le prospettive si ribaltano. Ora è lei - quella più giovane, quella che, nell’ordine naturale delle cose avrebbe dovuto prendersi cura di suo marito e abituarsi all’idea di perderlo – ad aver bisogno di cure e assistenza, perché ora è Neal che probabilmente la vedrà morire.

Jinny, però, nonostante tutto, si ritroverà a vivere un pomeriggio inaspettato, in compagnia di Ricky, un ragazzo molto più giovane di lei, che, per poche ore, le farà quasi dimenticare il calvario che sta vivendo. Si sentirà viva e spensierata come non mai quando, sospesa su un ponte galleggiante, si ritroverà con lo sguardo puntato verso il cielo a guardare le stelle, in compagnia di quel giovane che, nel momento in cui le ha cinto la vita e l’ha baciata sulla bocca, l’ha fatta vibrare, facendola sentire, ancora una volta, una donna desiderabile.

“Quello che provava era una specie di leggerezza indulgente, quasi una voglia di ridere. Un fremito di affettuosa ilarità, che ebbe la meglio su tutto il dolore e il senso di vuoto, per il momento.”

Mobili di famiglia”, il terzo racconto, ha come protagonista Alfrida, vecchia zia della voce narrante, che ce la farà scoprire pian piano, attraverso i suoi ricordi, fino ad arrivare al presente. Di Alfrida sappiamo che era una donna emancipata, indipendente, fuori dal comune, dotata di una personalità insolita, sempre sopra le righe e che scriveva per un giornale molto famoso. Alfrida faceva parte della famiglia, era una presenza costante, di quelle che, tra l’altro, in virtù della loro personalità, si ritrovano spesso a tenere banco. Ma un giorno, all’improvviso, cesserà ogni tipo di rapporto. La voce narrante, a distanza di tempo, ipotizza che il motivo dell’allontanamento possa risiedere nella relazione della zia con un uomo sposato; relazione indecorosa, probabilmente mal vista dalla sua famiglia. Ma in seguito, pagina dopo pagina, si arriverà a scoprire che le motivazioni erano altre e che Alfrida convive da sempre con un grande dolore.

“Non pensai alla storia che avrei scritto su Alfrida – non a quella in particolare – ma al lavoro a cui volevo dedicarmi, più simile a una mano che acciuffi qualcosa nell’aria che alla costruzione di storie.”

Nel quarto racconto, “Conforto”, ritroviamo la malattia, quella di Lewis, il marito di Nina. Una malattia invalidante che lo porta a decidere di suicidarsi. Nina era preparata, sapeva che prima o poi sarebbe accaduto, perché più volte avevano parlato insieme dell’eventualità, ma non immaginava che lui lo avrebbe fatto da solo, senza che lei, compagna di un’intera vita, gli fosse accanto per assisterlo e vegliarlo fino alla fine. Pensava che avrebbero condiviso anche quel momento, così come avevano condiviso tutto, fino a quel momento. Due caratteri forti, spesso in contrasto, con Lewis che non mollava mai un colpo, non solo con Nina, ma con chiunque si ritrovasse a tenere una conversazione, come quella sera, in cui lui e Kitty, la moglie di Ed, stavano discutendo animatamente pur di affermare il proprio punto di vista. Così, Nina e Ed, stanchi di assistere alle solite scene, e probabilmente sfiniti della personalità prorompente dei rispettivi coniugi, si allontanano e si spostano sulla porta della cucina, dove Ed la cinge con un braccio e la bacia.

“La bacia – non sulla bocca e nemmeno sul viso, ma sulla gola. Nel punto in cui potrebbe pulsare il suo battito accelerato, la gola […] in quel punto tenero e crudo. “

“Ortiche”, il quinto racconto, parla degli amori “impossibili”, di quelli immaginati e mai vissuti, che però, anche a distanza di anni, continuano a solleticare la nostra fantasia. La protagonista conserva gelosamente i suoi ricordi d’infanzia, in particolare quelli che riguardano la sua amicizia con Mike McCallum, il suo primo amore, il figlio del perforatore di pozzi assunto dalla sua famiglia. Lui aveva nove anni, lei otto. Mike arrivava tutte le mattine con suo padre, a bordo di un furgone rosso scuro, sporco di polvere e fango. Per lei, quel momento, era una vera e propria festa, dava un senso alle sue giornate di bambina. Una volta terminato il lavoro, i due ragazzini non si incontreranno mai più, se non tantissimi anni dopo, quando, inaspettatamente, si ritroveranno ad essere entrambi ospiti in casa di amici. Sono adulti ora, lei con un matrimonio fallito alle spalle, lui sposato, con tre figli. Durante il loro incontro si ritroveranno a ripercorrere il passato e a ricordare insieme quel breve periodo condiviso tra giochi e piccole emozioni… Tra di loro c’è ancora sintonia e vicinanza, ma c’è anche un desiderio che affiora pian piano. Colti da un violento temporale, in cerca di un riparo, finiranno con il trovarlo tra i cespugli, su un letto di ortiche, dove, in modo spontaneo e naturale, si scambieranno un lunghissimo bacio. Mike, completamente a suo agio, le farà una confessione devastante e dolorosa.

“Sarebbe la stessa identica cosa, se ci incontrassimo ancora. Oppure no. Un amore non utilizzabile, che sapeva stare al suo posto (qualcuno lo definirebbe non vero, perché non rischierebbe mai di farsi tirare il collo, né di trasformarsi in una battuta volgare, né di consumarsi penosamente). Un amore che non rischia niente, ma che si mantiene vivo come una goccia di miele, una risorsa sotterranea.”

La protagonista di “Post and Beam”, il sesto racconto, è Lorna, una giovane donna, mamma del piccolo Daniel, infelicemente sposata con Brendan, molto più grande di lei e con un carattere decisamente difficile. Cercherà di trovare un po’ di conforto nella sua amicizia segreta con Lionel, ex studente di suo marito. L’equilibrio precario della sua vita, però, subisce un ulteriore contraccolpo quando sua cugina Polly verrà a farle visita. La convivenza tra le due donne e Brendan, si fa particolarmente difficile e come spesso accade, per il quieto vivere, si è costretti a scendere a compromessi, o meglio, per utilizzare la stessa espressione della Munro a “patteggiamenti”.

“Tutto questo accadeva tanto tempo fa. A North Vancouver, quando abitavano nella villa in stile Post and Beam. Quando Lorna aveva ventiquattro anni, ed era ancora nuova ai patteggiamenti.”

In “Quello che si ricorda”, il settimo racconto, troviamo Meriel, una giovane donna felicemente sposata con Pierre. Hanno due bambini e conducono una vita tranquilla. Insieme formano una coppia che potremmo definire “perfetta” e affiatata. A un funerale, però, Meriel incontra Asher. Lei si lascerà corteggiare da questo sconosciuto e senza opporre alcuna resistenza, si abbandonerà alla passione. Faranno l’amore una sola volta. Non possono farne a meno. Ciò che provano, però, è talmente vero e intenso da lasciare segni profondi. È stato solo sesso? Ha senso parlare di amore tra due sconosciuti? Tra due persone che hanno condiviso “pelle a pelle”, solo una manciata di ore? Quel che è certo, però, è che Meriel, nonostante gli anni che passano, continua a custodire gelosamente quel ricordo e a trarne nutrimento.

“Ricordava i suoi occhi grigio nocciola, la vista ravvicinata della sua pelle ruvida, il cerchio di una vecchia cicatrice vicino al naso, l’ampiezza del suo petto liscio mentre si sollevava dal suo corpo. Eppure non avrebbe saputo fornire una descrizione utile del suo aspetto. Era convinta di aver sentito la sua presenza con tanta intensità, sin dal principio, da escludere un’osservazione ordinaria. Il ricordo improvviso perfino dei primi momenti incerti e titubanti aveva ancora il potere di farla ripiegare su se stessa come a proteggere la sorpresa cruda del corpo, lo scompiglio del desiderio. Amore-mio-amore-mio, bisbigliava in tono duro, meccanico, come la formula di un medicamento segreto.”

“Queenie” è il titolo dell’ottavo racconto, ed è anche il nome della sua protagonista, che la Munro descrive magistralmente, in ogni singolo dettaglio. Una donna solare, viva, di quelle che si buttano a capofitto su tutto, assecondandosi, senza preoccuparsi delle conseguenze e che finiscono quasi sempre per ritrovarsi impelagate in relazioni con uomini sbagliati. Infatti, difficile e turbolenta è anche la relazione con suo marito, il Signor Vorguilla. Quando Chrissy, la sorellastra di Queenie, in cerca di lavoro, andrà a trovarla a Toronto, il rapporto tra marito e moglie si complicherà ulteriormente…

“Si era tinta i capelli di nero e li portava gonfi intorno al viso secondo lo stile che in quei giorni aveva sostituito la moda dell’acconciatura ad alveare… Il pesante trucco alla Cleopatra e l’ombretto viola le rimpicciolivano anziché ingrandirle gli occhi, come se si nascondessero apposta. Aveva buchi alle orecchie, trafitti da due ondeggianti cerchi d’oro.”

“The Bear Come Over the Mountain”, nono e ultimo racconto, è il verso iniziale di una filastrocca per bambini. La protagonista è Fiona, una donna di 70 anni, che viene colpita da una grave forma di demenza senile. La sua vita e quella di Grant, suo marito, inevitabilmente cambia. Fiona viene ricoverata in un ospedale psichiatrico dove, da regolamento, per i primi trenta giorni non può ricevere visite da parte dei parenti. Quando Grant torna a trovarla, Fiona non lo riconosce, ma non solo, sembra innamorata di un altro uomo, Aubrey, anche lui paziente nella stessa clinica. Quando Aubrey verrà dimesso, Fiona viene colta da un profondo senso di sconforto e le sue condizioni peggiorano. Delicatissimo il finale in cui Fiona, per pochi istanti, riacquista la sua lucidità e riconosce il suo Grant, compagno di una vita intera, che continua a starle accanto e a prendersi cura di lei, nonostante tutto...

“Sono contenta di vederti, - disse, tirandogli i lobi delle orecchie. Per quanto ne sapevo, potevi essere semplicemente sparito, -disse. - Potevi essere montato in macchina senza un pensiero al mondo e avermi lasciata qui. Abbandonata. Lui appoggiò la faccia ai capelli bianchi di lei, alla cute rosa, alla dolce curva del cranio. – Mai e poi mai, - disse.”

Come dicevo nel mio incipit, in questi nove racconti troviamo donne e amore, ma non solo, c’è anche vita, malattia, morte e un caleidoscopio di stati d’animo e sentimenti. Una lettura a cui bisogna abbandonarsi, per lasciarsi travolgere dall’inevitabile saliscendi emotivo che vi farà versare anche qualche lacrima. Ma credetemi se vi dico che ne vale la pena. Così come vale la pena scoprire la penna attenta, sensibile e delicata di Alice Munro.

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