Florida, 1968. Paul e Frank, amici di vecchia data, sono a cena. E' una serata uggiosa, di quelle che immalinconiscono gli animi. I due mangiano, bevono, e soprattutto parlano. Frank è un fiume in piena: è stanco, depresso, vuole lasciare il mondo della musica, da cui non trae più le soddisfazioni di una volta.
Paul cerca di consolare l'amico e di ricondurlo a più miti propositi, ma non c'è verso. Quando si salutano, Paul, seriamente preoccupato, torna a New York, dove risiede e lavora abitualmente. Cerca di riprendere la propria vita, ma un pensiero, un sottofondo di disagio, continua a tormentarlo. Nei giorni successivi a quell'incontro, continua a su Frank e la sua angoscia, su quelle parole arrese e su quei mesti propositi d'abbandono.
In particolare, prende incessantemente forma nel suo cervello, quasi fosseo un ipnotico mantra, una frase: "And now, the end is near...". C'è qualcosa di struggente in quelle parole, un presagio di sconfitta, di morte, qualcosa che si adatterebbe benissimo al testo di una malinconica canzone. Già, ma la canzone?
Paul ci pensa e si ricorda che l'estate precedente, durante un breve soggiorno nel sud della Francia, aveva acquisito gratuitamente i diritti di un brano dal titolo "Comme d' Habitude, composto da Jacques Raveaux e portato al successo Claude Francois. La canzone, nella versione francese, era il racconto disperato di un amore finito, di un uomo sconfitto nei propri affetti, per cui la vita, privata della fiamma della passione, si era trasformata in una routine banale e senza senso.
Paul ascolta la canzone una decina di volte. Sembra perfetta. Ma lui sta pensando a Frank, e il testo dev'essere diverso, deve parlare d'altro, non d'amore. E' tardi, ma si mette al lavoro egualmente. Scrive di getto, le parole vanno sulla carte rapidamente, si incastrano alla perfezione l'una con l'altra: "For what is man, what has he got, if not himself, then he has not...". Paul racconta la storia di Franck, la storia di un uomo che, giunto al limitare della vecchiaia, ripensa a ciò che ha fatto, tanto agli errori quanto alle gioie e ai successi, senza tuttavia rinnegare nulla, anzi ribadendo orgogliosamente le proprie scelte.
Alle 5.00 del mattino il testo è completato. Paul prende in mano il telefono e chiama Frank, che alloggia a Las vegas, al Ceasar's Palace, e che in quel momento sta dormendo. Frank si sveglia di soprassalto, e ancora mezzo addormentato, ascolta incredulo la voce dell'amico che gli racconta della canzone, e di come sia perfetta per lui. Ha scelto anche il titolo, che è molto breve, perché composto da due sole parole inserite nel ritornello, che Paul, ne è sicuro, diventeranno un vero e proprio inno per intere generazioni.
Frank ascolta con attenzione, è lusingato ma anche perplesso: lui vuole mollare tutto, è stanco di mettersi in gioco, stanco di quella vita vagabonda, da un palco all'altro, che lo sta logorando. Tuttavia, finisce per accettare la sfida, convinto soprattutto dalle insistenze di sua figlia Nancy, che vede in quel brano non solo una possibilità per il padre di rilanciarsi in grande stile ma anche un probabile boom commerciale.
E ha ragione. Perchè My Way diventerà una delle più famose canzoni della storia, un ever green fra i più coverizzati di sempre, e una vera e propria miniera d'oro per tutti e tre i protagonisti di questo racconto: Claude Francois, Paul Anka e Frank Sinatra.
Tra le cover più famose di My Way sarebbe un gravissimo reato d'omissione non citare la versione dissacrante e destrutturata che ne ha fatta Sid Viciuos, bassista dei Sex Pistols.